INTERVENTO DI ROD DREHER , MILANO 17 SETTEMBRE
«Ho
scritto questo libro pensando ai cristiani di destra americani convinti che il
problema del cristianesimo oggi sia politico, che si debbano vincere le
elezioni per salire al potere e difendere il cristianesimo: volevo spiegare
loro che le cose non stanno così, che il problema è un altro», ha esordito Rod
Dreher. «Il problema è che la famiglia naturale perde posizioni e l’ideologia
gender cresce, e che noi non riusciamo a trasmettere la fede ai nostri figli:
per affrontare questi problemi occorre mettere al primo posto Dio, e non la
politica. Poi mi sono accorto che il mio messaggio poteva suscitare interesse
anche fuori dagli Stati Uniti: infatti L’Opzione Benedetto è stata
tradotta in 10 lingue».
«I giovani
cristiani europei capiscono il messaggio dell’Opzione Benedetto perché
qui in Europa il processo di secolarizzazione è più avanzato che negli Stati
Uniti, ma anche negli Usa procede.
La Chiesa sta attraversando la sua più
grande crisi dai tempi della Riforma protestante e il mondo occidentale la sua
più grande crisi dai tempi della caduta dell’Impero Romano. I tassi di
fertilità sono crollati, i tassi di nuzialità pure: in pochi anni la
percentuale di persone sposate nelle classi di età fra i 25 e i 54 anni è
calata dal 51 al 19 per cento!
L’immigrazione di massa, la crisi del
liberalismo, la pervasività della tecnologia, la ristrutturazione del
capitalismo, la crisi ambientale provocano instabilità.
Cosa dobbiamo fare noi
cristiani?
A Roma, attorno all’anno 500, un giovane voltava le spalle alla
città e si dirigeva verso le montagne. Si chiamava Benedetto da Norcia. Lì
trascorse tre anni della sua vita in una grotta. Poi accettò di fare da guida
ad altri monaci, fondò monasteri, scrisse la sua Regola. Questa non era
destinata ai monaci, ma ai laici.
La regola di san Benedetto è uno dei
documenti più influenti della società occidentale, di fatto l’ha salvata.
Benedetto non voleva salvare la civiltà, voleva poter cercare Dio, essere
fedele a Lui e vivere in comunità dove si potesse insegnare a vivere la vita
cristiana. Ma il risultato è stato anche la salvezza della civiltà».
«Benedetto è un
esempio per noi oggi, come ha sottolineato Benedetto XVI quando ha detto che
l’Occidente sta attraversando una crisi spirituale profonda. La gente è
abituata a considerare l’Italia un paese molto religioso, il 70 per cento degli
italiani si dichiara cattolico, ma solo il 13 per cento va regolarmente in
chiesa; un recente studio di Franco Garelli ha appurato che solo nel 22 per
cento dei casi le famiglie cristiane impegnate riescono a trasmettere ai loro
figli la stessa intensità di impegno religioso. Questo assomiglia molto a un
suicidio spirituale».
ABBAZIA DI SENANQUE, PROVENZA |
«Noi cristiani di
oggi ci troviamo nelle stesse condizioni di Benedetto 15 secoli fa: dobbiamo
decidere se vogliamo Dio o il mondo. Troppo spesso i nostri leader ci dicono:
“Rilassatevi, sorridete, va tutto bene: apritevi al mondo, siate moderni, siate
al passo coi tempi!”.
Ma la realtà è che sta arrivando un diluvio, e dobbiamo
metterci al riparo. Di fronte al diluvio è tempo di un cambiamento radicale.
Dobbiamo essere, come ha scritto Benedetto XVI, una minoranza creativa in un
mondo ostile al cristianesimo, dove viviamo come degli esiliati. I cristiani
sono chiamati a condurre una vita più monastica, se vogliono ritrovare la
dimensione sacra della vita. Dobbiamo recuperare il senso dell’ordine delle
cose non semplicemente seguendo alcune regole, ma ristabilendo il nostro
rapporto con Dio.
E per fare questo è necessario istituire forme di vita
cristiana in comune, nessuno può sopravvivere da solo al diluvio. Per rifiutare
la dittatura del relativismo ed educare alle tradizioni che hanno fatto grande
la nostra civiltà è necessaria una forma di vita comunitaria. Non dobbiamo
lasciarci assimilare dal mondo, anche se siamo chiamati a rendere la nostra
testimonianza nel mondo e non possiamo vivere tutti in monasteri. Papa
Francesco ha ragione quando dice che dobbiamo essere nel mondo, ma per essere
nel mondo assolvendo la nostra vocazione dobbiamo poter dare qualcosa al mondo;
e non possiamo dare ciò che non abbiamo più!».
«Ci
sono già cattolici che stanno vivendo l’Opzione Benedetto, come la
Compagnia dei tipi loschi di San Benedetto del Tronto. Non sono gente rabbiosa
e impaurita, sono persone attive e gioiose, e pienamente controculturali. Mi
diceva il loro leader, Marco Sermarini: “Non abbiamo inventato nulla, abbiamo
riscoperto la tradizione che era chiusa a chiave dentro a una vecchia cassa”.
Loro vivono nella grotta e nel mondo allo stesso tempo, dalla grotta tornano
nel mondo per condividere i loro doni. Perché per salvare il mondo dobbiamo
stare un po’ più tempo lontani dal mondo.
Non si tratta di salvare solo la
Chiesa, ma il mondo tutto intero. Ma non possiamo dare al mondo ciò che non
abbiamo: abbiamo perso le nostre risorse spirituali e dobbiamo ritrovarle per
poterle donare al mondo. Non si tratta di essere nostalgici, ma creativi.
L’obiettivo è la santità, qualsiasi cosa meno di questo sfocerà nell’ateismo.
Alasdair MacIntyre ha scritto che in questa crisi d’epoca “stiamo aspettando:
non Godot, ma un altro san Benedetto, senza dubbio assai diverso”.
Forse quel san Benedetto diverso siete voi, ognuno di voi che è seduto qui ad
ascoltarmi».
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