nov 05, 2024
Domani conosceremo il nome del nuovo
presidente degli Stati Uniti. La politica è diventata fanatica: i fan di Donald
non riescono a immaginare che si possa votare Kamala e le groupie di Harris che
si possa fare altrettanto con Trump.
Se fossi americano voterei Trump senza trasporto trumpiano, ma per le stesse motivazioni elencate oggi da Ayaan Hirsi Ali, che non è certo una suprematista bianca (è una somala scappata da un matrimonio combinato), ma è la donna più coraggiosa e intelligente che scriva sui giornali.
Intanto il New York Times pubblica
l’articolo che spiega perché, comunque vada, Donald Trump ha già vinto.
Jeremy Peters,
reporter del quotidiano newyorchese, firma un articolo intitolato “In Shift
from 2020, Identity Politics Loses Its Grip on the Country”.
I Democratici avrebbero potuto
continuare a vivere nell’inganno, anzi nell’autoinganno, agitando lo spettro
dell’apocalisse democratica. Invece, per
provare a vincere, hanno archiviato il progressismo folle e woke dell’ala sinistra del
Partito che ha ceduto alle modalità ideologiche più eccentriche del nostro
tempo: ideologia transgender, promozione della censura sui social, appello a
non finanziare più la polizia, antisemitismo, razzismo segregazionista,
depenalizzazione di alcuni tipi di furto, apertura delle frontiere agli
immigrati clandestini, divieto di richiedere un documento d'identità per votare
(in un paese in cui è necessario esibire un documento per poter acquistare la
birra).Peters del New York Times osserva che ora Kamala
Harris si vanta persino di proteggere la sua casa con una Glock. Ha confessato di
possedere un’arma.
“La dichiarazione di Harris sul possesso di
una pistola è il passo più drammaticamente simbolico che sta facendo verso il
modo in cui le persone vivono piuttosto che verso come dovrebbero vivere”
scrive Lee Siegel.
Lo stesso vale per il Green New
Deal.Da
sostenitrice delle follie verdi, Kamala è passata a sostenere le
trivellazioni petrolifere in America. Si rivolge a quell’America che vuole
ancora “fare” delle cose. Durante la campagna elettorale, Harris ha anche
“ricordato agli elettori gli spacciatori di droga che ha messo in prigione”
quando era procuratore in California. Niente più richieste di definanziamento
della polizia e di decriminalizzazione degli attraversamenti della frontiera.A
differenza di quando si è presentata alla CNN declamando i
suoi pronomi “she, her and hers”,
oggi Harris “cambia argomento quando le viene chiesto” e glissa se farebbe
pagare ai contribuenti il conto per le operazioni di cambio di sesso per migranti e detenuti.
Uno degli slogan più efficaci di Trump è stato “Kamala Harris is for they/them; Trump is for you”.
Il giornalista del Times osserva
che le grandi aziende, notoriamente riserve di denaro per i Democratici, escono
dalle politiche di “diversità, equità e inclusione” (DEI), complice anche
la fine ingloriosa del
Black Lives Matter fra ruberie e regalie.
Harris al confine col Messico |
Le elezioni non si vincono su Marte, un
mondo senza frontiere, ma sulla terra, dove i confini segnano le civiltà.
Harris non ha grandi istinti politici,
eppure anche lei ha capito che nessun americano sano di mente vuole vivere in
un paese senza frontiere, dove si dislocano tutte le industrie in Cina, dove
Greta Thunberg decide la politica energetica, dove al criminale con un’arma si
risponde con un emoji, dove si toglie la libertà di parola al popolo se non
segue i diktat dei media, dove il colore della pelle cancella il merito, dove
puoi scegliere fra nove tipi di pronomi come si fa con i gusti di un gelato,
dove le grandi università si trasformano in centri sociali a favore dei
terroristi islamici, dove all’Onu si affida la guida degli affari
internazionali e dove si alza bandiera bianca ai nemici dell’Occidente.
Non mi fido di Kamala Schlein, ma al di
là di come finisca è stato pur sempre uno strano spettacolo vederli tornare
sulla terra per inseguire i cattivi sul loro terreno.
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TRATTO DALLA NEWSLETTER DI GIULIO MEOTTI IN ABBONAMENTO
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