domenica 29 luglio 2012

L'IDEOLOGIA DEL GENDER FARA' PIU' DANNI DEL MARXISMO

L’ideologia del “gender” «farà sicuramente più danni del marxismo».

 Lo ha messo nero su bianco monsignor Tony Anatrella, psicanalista di fama internazionale, specialista in psichiatria sociale, docente alle libere Facoltà di filosofia e psicologia di Parigi e al Collège des Bernardins, oltre che consultore del Pontificio consiglio per la famiglia e del Pontificio consiglio per la salute. Il suo ultimo libro, La teoria del “gender” e l’origine dell’omosessualità, appena pubblicato da San Paolo, Anatrella lo ha scritto proprio per mettere in guardia dalle conseguenze – esistenziali e sociali – della teoria che nega la differenza sessuale fra l’uomo e la donna.
Monsignore, cosa può accadere a uomini che crescono incerti delle differenze che vedono
Ora non si vedono ancora le conseguenze della negazione della differenza sessuale, ma tra una ventina d’anni sarà chiaro: se si va avanti così assisteremo a crisi identitarie gravi, al diffondersi di problemi mentali. La realtà sarà confusa con l’immaginazione e niente verrà più percepito come stabile. Un’incertezza cronica è poi la madre di comportamenti violenti. Il bambino cresce sano e sicuro quando interiorizza la differenza sessuale. Ma è un conflitto accettarla. Se la mentalità lo spinge a non accettare la differenza è più facile che, come accade all’omosessuale, questo cresca depresso, insicuro e incapace di accettare la diversità. I gravi danni psicologici provocati dai divorzi che oggi constatiamo non sono nulla rispetto a quelli che può causare l’ideologia del gender sulle generazioni future.
Lei parla di una crescente diffusione di comportamenti omosessuali. È dovuta solo all’accettazione di questo modello come normale o anche alla prevalenza di una mentalità narcisistica?
Diciamo che la mentalità narcisistica, che rifiuta l’alterità come elemento necessario al compimento dell’uomo, favorisce l’omosessualità. Aumentano i comportamenti omosessuali perché la società, anziché favorire l’accettazione umana del proprio sesso prima e di quello opposto poi, favorisce la regressione alla fase infantile della sessualità in cui non si riconosce l’alterità come positiva. Ma se il bambino non è aiutato a uscire da se stesso e a superare le fasi infantili, come quella anale ad esempio, può incorrere in problemi molto seri: oltre a quello dell’omosessualità ci sono l’alcol, la droga, la bulimia e molti altri.

L’omosessualità dunque non ha un’origine fisiologica, neurologica o genetica?
Ormai tutti gli studi concordano nell’affermare che è un disturbo della psiche, come già sosteneva Sigmund Freud. L’uomo e la donna sviluppano la propria psicologia interiorizzando il proprio corpo sessuato durante l’infanzia e l’adolescenza. Quando questo non accade, i soggetti non accettano il proprio corpo reale rappresentandone uno che non corrisponde alla loro realtà personale: il corpo immaginato è diverso dal corpo reale.
L’omosessuale, si legge nel suo libro, è possessivo, nel rapporto con l’altro cerca di riempire una mancanza ed è incapace di donarsi. Come può allora la Chiesa chiedergli di vivere nella castità?
La Chiesa afferma che le pratiche sessuali tra persone dello stesso sesso sono atti intrinsecamente disordinati perché l’omosessuale non riesce ad arginare la frustrazione che vive unendosi a chi è uguale a lui. Tanto che, pur vivendo queste relazioni, resta insoddisfatto. Perciò la Chiesa propone alle persone veramente omosessuali (altre possono invece intraprendere un percorso terapeutico che le porti all’eterosessualità) di astenersi dal praticare e di cercare di guardarsi dentro per fondare le loro relazioni su un altro amore che può colmare la ferita, quello di Cristo nella Chiesa. È un cammino difficile, ma è l’unico che permette di vivere in questa condizione serenamente. Ci sono cristiani che hanno questa tendenza e la assumono senza cercare di esprimerla o di praticarla. Alcuni possono avere esperienze, dispiacersene e avere voglia di cambiare, trovando nella fede in Cristo la risorsa per fare il proprio cammino di felicità: all’interno dell’amore della Chiesa ogni uomo può trovare il proprio posto.

Che rapporto c’è tra le lobby Lgbt e la popolazione che dicono di rappresentare? Questi gruppi di pressione rappresentano davvero tutti gli omosessuali?
Le lobby omosessuali fanno molto rumore. Lo si vede chiaramente quando organizzano manifestazioni come i Gay Pride, aperti anche agli eterosessuali per fare numero. Resta il fatto che gli omosessuali rappresentano una percentuale molto bassa della popolazione totale. In Francia un’inchiesta ha dimostrato che nel 2008 solo l’1,1 per cento degli uomini e lo 0,3 per cento delle donne hanno avuto contatti sessuali con persone dello stesso sesso, il che non vuol dire necessariamente che questi siano tutti realmente omosessuali. Parliamo quindi di un’esigua minoranza, con un grande potere nel settore politico e mediatico, che vuole imporre il proprio stile di vita alla maggioranza della popolazione ignara di quello che sta accadendo davvero: i media hanno un potere d’influenza psicologica tale da far passare per cattivo chi solo domanda di capire. Abituano ad accettare come normale anche quello che da sempre l’uomo percepisce come evidentemente problematico. Sono bandite dal dibattito perfino le domande circa l’origine dell’omosessualità.
Insomma un problema che tocca poche persone viene trasformato in una questione epocale. Come è possibile che una lobby che rappresenta una parte minima della popolazione abbia tanto potere?
Per comprendere questo fenomeno bisogna inserirlo in un quadro storico che si evolve a partire dagli anni Cinquanta, quando iniziò a svilupparsi l’ideologia della liberazione sessuale che voleva ridurre la sessualità al suo aspetto infantile e ludico. In seguito, all’inizio degli anni Settanta, si cominciò ad affermare che il piacere sessuale era un diritto primario della persona, quindi anche del bambino. Di qui la diffusione della pederastia e la legittimazione dell’omosessualità. Oggi siamo al punto in cui l’omosessualità viene considerata un’identità grazie al lavoro incessante degli attivisti gay all’interno di tutte le istituzioni più importanti. Come l’Onu e l’Unione Europea, che ora hanno ridefinito l’omosessualità. All’inizio degli anni Settanta gli attivisti gay per imporsi sono arrivati a usare la violenza verbale e fisica: le associazioni omosessuali intervenivano in tutti i congressi medici con metodi anche brutali, strappando il microfono a chi osava sollevare dubbi. E attraverso l’occupazione di posti strategici si sono infiltrati anche nel consiglio di amministrazione dell’Associazione degli psichiatri americani. Così hanno potuto imporre la cancellazione dell’omosessualità dal manuale delle malattie, una risoluzione raggiunta per alzata di mano dopo che a tutti i membri erano state inviate lettere personali: non era mai successo che si prendesse una decisione scientifica per alzata di mano. Da allora è diventato quasi impossibile per i medici affrontare l’omosessualità anche da un punto di vista scientifico. E dopo l’Organizzazione mondiale della sanità, le legislazioni statali hanno cominciato a negare l’esistenza della diversità sessuale, prima accettando l’omosessualità come normale, poi permettendo i matrimoni fra persone dello stesso sesso e infine aprendo all’adozione.

Lei sostiene che gli omosessuali vivono una sofferenza. Se è così, perché nessuno si ribella e chiede di essere aiutato?
Chi ammette il disagio e capisce che non è dovuto dalla società su cui proietta le proprie manie di persecuzione e da cui cerca una conferma che non ha trovato nel genitore, spesso cerca di farsi aiutare. Ma gli attivisti evidentemente o non se ne rendono conto o non vogliono uscirne: dicono di non soffrire, anche se c’è sempre un problema depressivo, di isolamento e di instabilità nei rapporti che si riversa all’esterno con rabbia. Perciò chi si fa aiutare ha spesso paura di dire le cose come stanno: siamo alla follia per cui se un eterosessuale diventa omosessuale gli si fanno congratulazioni, nel caso contrario c’è il disprezzo.

Come giudica la ritrattazione di Robert Spitzer, lo psichiatra più influente dello scorso secolo, che recentemente si è scusato con gli omosessuali per aver constatato l’efficacia della terapia riparativa del dottor Nicolosi?
Ci sono forme di omosessualità che non possono cambiare, altre che possono evolvere e incamminarsi verso l’eterosessualità. Ma se bisogna sempre evitare le terapie repressive, si può anche aiutare a superare la fase infantile della sessualità per correggere l’orientamento di chi intimamente lo desidera e sia quindi disposto a collaborare. Chi afferma questo, però, è perseguitato, compreso Spitzer.

Ha mai ricevuto minacce?
Mi capita di continuo, come a tutti quelli che sostengono quanto argomento io. Per ora non mi hanno ancora denunciato, sebbene in Francia una legge contro l’omofobia ci sia già: un deputato che si è permesso di dire che la famiglia ha un valore superiore a tutte le altre unioni è stato condannato in primo e secondo appello. La Cassazione si è pronunciata per la libertà di pensiero, ma mi domando: quanto durerà questa tregua? C’è una polizia delle idee che si sta sviluppando. E quando un’ideologia ha bisogno del potere della polizia e dei giudici per imporsi, significa che stiamo andando verso uno Stato totalitario. Il problema è che i cittadini non si stanno davvero accorgendo della gravità della situazione, anche perché i problemi che riguardano l’omosessualità sono sconosciuti e trattati come tabù.
Quale può essere la via per contrastare questa ideologia e fermarne la deriva totalitaria?
Bisogna dire la verità. La Chiesa è rimasta l’unica istituzione a difendere la salute dell’uomo. Ma occorre un maggiore impegno per educare la gente: molti sono complici e giustificano questa ideologia per ignoranza. Spesso anche i preti parlano senza conoscere il vissuto reale degli omosessuali. Bisogna leggere la Bibbia e poi san Paolo che descrive le conseguenze orribili di una società che valorizza l’omosessualità. Sopratutto bisogna coltivare il rapporto con Dio. Infatti, il narcisismo in cui ci troviamo è frutto del rifiuto di Dio. E quindi dell’alterità che sola ci può compiere. Non a caso, in questo mondo che ha dimenticato l’alterità e non conosce il Suo amore, l’uomo non sa più chi è e non ha più un volto, se non quello uniforme della massa che lo plasma. Da qui l’importanza della nuova evangelizzazione di cui parla il Papa, che passa dall’annuncio dell’amore di Cristo all’uomo, sperimentabile nella Chiesa e nella famiglia. E l’importanza dell’educazione a uscire da se stessi per compiersi. Non a caso il Papa continua a parlare della famiglia naturale nonostante gli attacchi. E l’allora cardinal Ratzinger, con cui ho lavorato per anni come membro della Congregazione per l’educazione cattolica, chiese di produrre un documento molto importante in merito all’educazione e all’omosessualità e alla necessaria collaborazione fra uomo e donna. È poi fondamentale l’azione pastorale in sostegno delle famiglie e un impegno maggiore dei cattolici nella difesa delle istanze familiari ed educative anche in politica.

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