Patria multietnica, nessuna barriera o muro per i migranti, nazionalismi anacronistici sono alcuni dei messaggi lanciati dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, al Meeting di Rimini. Un discorso pace e bene, amore e amicizia, che tutti in cuor proprio vorrebbero tradurre in realtà, ma alla fine resta un libro dei sogni.
Le opposizioni stanno usando le parole del presidente come una clava contro il governo. Anche se fosse una tirata d'orecchi, sarebbe più costruttivo fare scaturire un dibattito costruttivo, che si elevi dal guazzabuglio politico quotidiano. Nel nostro piccolo ci permettiamo di proporre alcune considerazioni ancorate alla realtà e agli umori di una bella fetta di italiani, chiedendoci se mai riusciremo ad applicare concretamente il libro dei sogni.
Bella la
patria multietnica, ma solo se riusciamo a vincere la sfida dell'integrazione. Altrimenti si
rischia di finire non solo nell'odio, ma di sprofondare nella rabbia che
scaturisce a singhiozzo dalle banlieue francesi.
Il faro è la
Costituzione, ma non possiamo piegarla al va bene tutto in nome del
rispetto dell'altro e del diverso, che magari disprezza il nostro mondo, la
cultura e le tradizioni.
Il presidente non ha mai citato, nemmeno alla lontana, il generale Vannacci, ma alcuni passaggi del discorso a Rimini sulle etnie, l'odio, i nazionalismi suonano come critiche dirette al suo libro «Il mondo al contrario». Giusto stigmatizzare frasi e pensieri esagerati, pesanti o provocatori, soprattutto se formalmente sei al «comando delle Forze armate». Però, dall'alto del Colle, bisognerebbe chiedersi perché il libro di Vannacci ha surclassato, in copie vendute, quello di Michela Murgia. E soprattutto comprendere che, al di là del linguaggio, fa suonare il campanello d'allarme di temi politicamente scorretti, che sono fortemente sentiti dall'opinione pubblica.
Mattarella fa
sempre bene a pungolare la Ue, ma per affrontare l'immigrazione non basta
cancellare «muri e barriere». Il presidente ha nel suo studio il
disegno di una delle tante vittime innocenti della folle traversata del
Mediterraneo. Straziante, ma vorremmo inviare al Quirinale anche una
altrettanto toccante foto - pubblicata dal Giornale - dei bambini afghani che,
con un cartello in mano, chiedono aiuto all'Italia. I figli dei collaboratori
dei nostri soldati in Afghanistan, che sono già stati accettati come profughi
di guerra, ma languono in Iran (2.900 con i familiari), anche da un anno, in
attesa che il nostro Paese mantenga la promessa dell'evacuazione. Chi più di
loro avrebbe diritto agli «ingressi regolari», giustamente citati nel discorso?
Invece a causa dell'arrivo di un'ondata di irregolari (107.530 fino a ieri) non
accogliamo gli amici afghani.
Tutte realtà di un mondo alla rovescia, che andrebbero affrontate e risolte in maniera corretta e umana, ma pragmatica e, per farlo, bisogna scendere con i piedi per terra. Purtroppo non basta la bellezza del libro dei sogni
IL GIORNALE 26 agosto 2023
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