LA SINISTRA RESTA IN VITA SOLO PER NON FAR GOVERNARE LE DESTRE
Quello francese è un caso eclatante della tattica sistematica di escogitare qualsiasi marchingegno pur di tenere le destre fuori dalle "stanze dei bottoni". Ma non è l'unico. In Europa socialisti e liberali “blindano” la vecchia “maggioranza Ursula” ignorando il verdetto delle urne.
EUGENIO CAPOZZI *
Il secondo turno delle
recenti elezioni legislative francesi ha offerto lo spettacolo più emblematico
del ritorno, nelle sinistre, dello schema
"frontista": la
temeraria sommatoria delle forze più disparate e contraddittorie motivata dalla
proclamata priorità di impedire la vittoria di schieramenti di destra
demonizzati come "fascisti", antidemocratici, pericolosi.Emanuel Macron e Charles Michel
Il partito Ensemble del
presidente Emmanuel Macron e le sinistre del NFP (a loro volta accozzaglia dei gruppi
più diversi, dai socialisti riformisti agli ecologisti più fanatici, a
comunisti e gauchisti dalle tendenze filoislamiche e talvolta antisemite) hanno
stipulato sistematici accordi di desistenza nei collegi per impedire la
vittoria dei candidati del Rassemblement National di Marine Le
Pen e Jordan Bardella - partito che aveva conseguito nettamente la maggioranza relativa
- sfruttando i trabocchetti offerti da un sistema elettorale già molto infido
come il maggioritario a doppio turno ad accesso con la soglia limitata del 10%
dei voti. Il tutto senza
uno straccio di minimo comune denominatore politico o di accordo programmatico,
in uno spirito puramente distruttivo ed ostruzionista, appellandosi soltanto
alla paura degli elettori.
Lo scopo di non far
governare la destra,
come è noto, è stato raggiunto, ma ad un prezzo spropositato, che in una
democrazia correttamente funzionante non dovrebbe essere mai contemplato: il più totale caos politico,
una frammentazione incomponibile, una sostanziale ingovernabilità, e per giunta
l'amplissima agibilità politica offerta a una minoranza estremista di sinistra
molto più "antisistema" (anti-occidentale, anti-mercato,
filo-dittatoriale) di quanto sia la destra che i macroniani hanno additato come
spauracchio. Un prezzo che il presidente ha scelto scientemente,
cinicamente di far pagare al suo paese, contando proprio sulla divisione e
sull'instabilità post-elettorale per conseguire lo scopo di restare arbitro del
potere, usando con spregiudicatezza ogni artificio che la sua carica gli
consentirà. Tattica già evidente dalle sue prime mosse successive alla seconda
tornata, come il rifiuto di far dimettere il premier Jacques Attali per
decantare la situazione, sfruttare le divisioni tra le forze politiche e
tentare di imporre di nuovo un capo del governo a lui gradito.
Quello francese è un
caso particolarmente eclatante della tattica sistematica di escogitare qualsiasi marchingegno
pur di tenere le destre fuori dalle "stanze dei bottoni". Ma non è
certo l'unico.
Giorgia Meloni, Presidente ECR |
excludendum verso qualsiasi gruppo politico facente capo ai conservatori di Ecr o a Identità e democrazia (oggi in via di trasformazione e ampliamento in Patrioti per l'Europa), trattati come degli appestati da isolare a prescindere. Nonostante il fatto evidente che molti esponenti di quelle destre – da Giorga Meloni e Matteo Salvini al Pis polacco, a Geert Wilders, allo stesso tanto demonizzato Orbán – siano da anni tra le classi di governo nei loro paesi, e, che piacciano o meno, non risulta ci sia stata nessuna apocalisse né a livello nazionale né delle istituzioni dell'Unione.
Negli Stati Uniti, da
quando Donald Trump è comparso sulla scena politica praticamente l'unica argomentazione del Partito
democratico e degli opinion leader progressisti è stata quella di additare il
fulvo tycoon newyorkese come un mostro, accusandolo di ogni nefandezza
possibile e facendo della
contrapposizione a lui l'unico tratto comune tra le varie anime di una sinistra
assolutamente eterogenea e divisa su tutto, dalla politica estera a quella
ambientale a quella economica.
E quando – dopo che i
Dem pensavano di essersene liberati con l'elezione di Biden e con la raffica di inchieste
giudiziarie su di lui – Trump ha riconquistato la sua centralità politica, il
consenso e la nomination repubblicana, e ha cominciato a profilarsi con sempre maggiore evidenza
la possibilità concreta che nelle prossime elezioni egli sconfigga un
presidente uscente sempre più in affanno politico e psicofisico, allora
improvvisamente media e classe politica progressista si sono “accorti” delle
condizioni di salute a dir poco precarie di Biden. E una parte di
quell'establishment è uscita allo scoperto, progettando manovre per sostituirlo
in corsa e “incoronare” un nuovo candidato: magari imposto dall'alto senza
tener conto dell'opinione degli elettori delle primarie né delle procedure, pur
di tentare un ultimo colpo di mano per sbarrare la strada al ritorno di Trump
alla Casa Bianca.
Il Fronte popolare italiano per fermare i barbari Genova Luglio 2024 |
Questa attitudine
puramente negativa e ostruzionistica alla dialettica politica sottopone oggi molte democrazie
europee e occidentali a uno stress continuo che logora i loro elementi di
stabilità e di effettiva garanzia, indebolisce le istituzioni e crea una
contrapposizione costantemente “avvelenata”. Inserendosi pienamente in quella tendenza a trasformare la
democrazia in governo perennemente “emergenziale” e “tecnico” - fondato sulla paura,
il moralismo e il ricatto morale - che si è manifestata più volte nel
recente passato: dall'allarme pandemico a quello dell'ambientalismo
apocalittico, fino alla costante mobilitazione bellicista contro spauracchi
esterni utilizzati, molto prosaicamente, come sostituti del consenso per classi
politiche del tutto screditate.
* Eugenio Capozzi è
professore ordinario di storia contemporanea presso l'Università degli Studi
Suor orsola Benincasa di Napoli. E' condirettore della rivista
"Ventunesimo Secolo" e redattore della rivista "Ricerche di
Storia politica". Fa parte del consiglio scientifico della casa editrice
Studium.
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