Trump ha riaperto il confronto con la Russia per uno stop alla guerra in Ucraina. Qualcuno preferisce ancora l’approccio europeo
A
poco più di un mese dal giuramento di Donald Trump a presidente degli Stati
Uniti non è ancora il momento di fare dei bilanci del suo mandato. Certamente,
tuttavia, le prime azioni
intraprese possono essere descritte con una sola parola: disruptive.
Il cambiamento di rotta, la fuoriuscita da schemi precedentemente costituiti,
la ricerca di nuove idee, modalità, strumenti, persone è la caratteristica che
sembra uniformare l’inizio di questa presidenza.
È nuovo il modo con cui si sta
affrontando la situazione
israelo-palestinese, con un inviato speciale di Trump che è riuscito ad
imporre una tregua, che ancora regge, ancor prima dell’inizio ufficiale della
presidenza e con un ruolo più attivo nella soluzione della questione
palestinese dato ad attori locali (Egitto, Arabia Saudita, Giordania) rispetto
a quelli occidentali.
È nuovo il modo con cui sta affrontando il problema dell’immigrazione e della droga, costringendo il Messico (ma non solo) con la minaccia di dazi che ne metterebbero in ginocchio l’economia a bloccare le decine di migliaia di persone che tutti i giorni attraversavano il confine indisturbate, accompagnate dai clan di trafficanti che agiscono con il beneplacito delle autorità corrotte.
Disruptive è indubbiamente il modo con
cui si sta approcciando alla pubblica amministrazione, con la costituzione di
un dipartimento, DOGE (Department of Government Efficiency), con funzione
consultiva circa il taglio degli sprechi e l’efficientamento dei processi. Il
DOGE sta analizzando gli sprechi di molte pubbliche amministrazioni, spingendo
per un rientro dei dipendenti pubblici in presenza negli uffici e bloccando
nuove assunzioni di personale non necessario.
È indubbiamente nuovo rispetto
alle politiche Biden-Harris il modo con cui si sta approcciando a certe
tematiche etiche, bloccando l’accesso delle persone di sesso biologico maschile agli sport
femminili (e minacciando gli Stati che si oppongono con l’esclusione dai
finanziamenti federali), togliendo sussidi federali alle cliniche abortiste,
tagliando finanziamenti alle politiche di Diversity, Equity and Inclusion (DEI)
che spesso nascondono approcci estremamente ideologici e sono governate da
associazioni ed attivisti di sinistra.
Nuovo, ma in qualche modo non discontinuo con la precedente presidenza, è l’approccio alle politiche commerciali globali, teso a riequilibrare la bilancia commerciale americana (appesantita dal dollaro molto forte) imponendo dazi alle merci all’ingresso e sostenendo con incentivi le aziende americane che riportano la produzione precedentemente esternalizzata su suolo USA.
Disruptive è infine l’approccio alla guerra russo-ucraina. Dopo anni di conflitto in cui
si era rinunciato a cercare possibili mediazioni (gli ultimi colloqui di pace
sono stati conclusi oltre un anno fa con un nulla di fatto) l’amministrazione
Trump è tornata a sedersi al tavolo con l’amministrazione russa. Aprire un
tentativo di mediazione non significa certamente, che “Trump ha portato
gli Stati Uniti dalla parte della Russia”. Significa prendere atto che nella
storia le guerre si risolvono in due modi, o la resa di uno dei contendenti o
un trattato di pace.
Considerato
che la resa russa è poco probabile e quella ucraina poco auspicabile, sembra
evidente che la ricerca di un accordo in cui entrambe le parti facciano un
passo indietro dalle proprie posizioni per arrivare alla fine di un conflitto
che ha generato oltre 200mila morti (stime) e oltre 500mila feriti (stime) sia
ormai necessaria. E, forse, Trump ritiene che se da un lato la Russia ha
bisogno di una via di uscita onorevole da un conflitto nel quale è impantanata
da oltre tre anni, dall’altro è necessario convincere Zelensky a fare un passo
indietro rispetto alle proprie richieste, usando la minaccia di togliere il
supporto americano, senza il quale l’esercito ucraino non avrebbe alcuna
possibilità di resistenza.
Solo la storia ci dirà se l’approccio di Trump è corretto o meno, certamente però ha più possibilità di successo di quelle dimostrate dall’approccio europeo, che negli ultimi anni ha sì sostenuto l’Ucraina impendendone il default, ma non ha alcuna idea su come si possa arrivare al termine del conflitto.
Disruptive è infine l’approccio con l’Europa, entità
che, semplicemente, Trump non riconosce, preferendo approcciarsi ai singoli
Stati con relazioni bilaterali. Nel discorso tenuto a Monaco, il vicepresidente J.D. Vance ha esplicitato
quanto gli analisti notano da quasi vent’anni: l’area europea non è più
prioritaria per gli USA. Gli Stati
Uniti non hanno più interesse a spendere miliardi di dollari per garantire la
sicurezza e la pace europea, ed è ormai arrivato il momento, dopo 35 anni dal
crollo del muro di Berlino, che l’Europa si difenda da sé, sia dalle minacce
che arrivano dall’esterno sia dalle minacce interne. Sarà in grado di farlo?
Pubblicato
26 Febbraio 2025
ILSUSSIDIARIO.NET
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