giovedì 29 maggio 2025

TRUMP VS HARVARD

 

Trump vs Harvard

Il Presidente con i suoi modi esagerati e inaccettabili (per noi europei) riuscirà a riformare l’università ostaggio dell’ideologia woke?


La questione della guerra Trump-Harvard è deflagrata anche sui media italiani, con grande clamore. Inutile dire che, per chi conosca il sistema universitario italiano e americano, nonché la situazione sociale effettiva, le notizie sono esagerate da tutti i lati. Non è vero che alla Harvard University gli ebrei siano perseguitati in stile nazista, come racconta l’amministrazione Trump, così come non è vero che l’amministrazione non abbia né ragioni né diritti rispetto all’università privata ed elitaria di Harvard. I fatti sono nel mezzo. Sì, dall’ottobre 2023 c’è stata una manifestazione continua, da parte di alcuni studenti, a favore di Hamas. Il non averli perseguiti è costato alla rettrice di Harvard il posto anche se al governo c’erano i dem.

Il governo Trump, con i soliti toni apocalittici, ha chiesto in molti modi alle università, e in particolare ad Harvard, di proteggere gli studenti ebrei da bullismo e maltrattamenti (quasi sempre verbali). Harvard si rifiuta e il presidente taglia il contributo governativo di 9 miliardi di dollari a fondo perduto, una parte considerevole ma relativa del bilancio da più di 50 miliardi di Harvard. Tra le richieste c’era anche quella di dare i nomi degli studenti stranieri per verificare se ci sono studenti in rapporto con organizzazioni terroristiche. Harvard, che è privata e non statale, rifiuta legittimamente. Il governo in risposta minaccia di non rinnovare la certificazione federale, propria prerogativa, per l’ospitalità di studenti stranieri.

È una storia grave per tutti gli aspetti ma che rientra da entrambi i lati nella legittima dialettica tra università private e governo. Ciò che non è legittimo sarà visto dai tribunali, ma l’impressione è che tutto si risolverà a giugno e luglio, quando le università americane sono in vacanza e i riflettori puntati altrove.

Il baco di Harvard

Al di là delle esagerazioni dei media italiani, però, ci sono due risultati che vale la pena considerare.

Il primo è di ordine culturale. Dimettendosi dal comitato per la difesa degli ebrei che ha appena prodotto 300 pagine di report (qualcosa è in effetti successo), il ricercatore David Wolpe di Harvard ha dichiarato che si tratta di un comitato inutile perché l’antisemitismo è solo una parte di un’ideologia complessiva pervasiva soprattutto del corpo docente. In effetti, è lo strano marxismo-liberal che trionfa nei campus americani a livello di docenti.


Harvard è nelle ultime posizioni nell’indice di libertà di espressione nei campus. Il punto è che la maggior parte dei suoi professori è convinta che il mondo si divida in modo manicheo in buoni e cattivi e che questi ultimi siano colpevoli di modellare il mondo in modo ingiusto a prescindere da ciò che dicono e fanno. La colpa è in quel che sono – occidentali e dunque colonialisti, suprematisti, cisgenderisti ecc.– che inevitabilmente forgia tutto il resto. Come in ogni ideologia, il nemico è oggettivo. È il solito problema logico delle ideologie: da quel che si è, non da quel che si fa, discende tutto necessariamente, tutto giusto o tutto sbagliato, così che nessuno è mai responsabile per e con la propria libertà, atto per atto, sopruso per sopruso.

Il “grillismo” di Trump

Il secondo punto è di ordine politico. Può essere – si dice – che ci fossero delle esagerazioni on campus, ma i toni e i modi dell’amministrazione Trump sono inaccettabili. Non c’è dubbio, soprattutto visti da qui. Tuttavia, il portato politico della situazione è che Trump è stato votato proprio perché ha toni e modi spiacevoli. La gente americana è evidentemente convinta, come per qualche anno sono stati convinti gli italiani su Beppe Grillo, che the swamp, la palude del circolo di potere delle élite, non si possa cambiare se non rompendo il bon ton. Tutti gli avversari di Trump alle primarie, incluso Marco Rubio che è ora ministro degli Esteri, si sono presentati dicendo che la maggior parte delle idee di Trump su pace/immigrazione/woke/lavoro erano giuste ma erano dette male, da una persona lunatica e irrispettosa delle istituzioni. Hanno miseramente perso. Gli americani non hanno votato Donald Trump nonostante i modi, ma per i modi.

Servirà? Riuscirà a cambiare il sistema, anche quello universitario? O lo romperà mettendo a rischio anche la democrazia? Siamo a una ripresa o al collasso dell’era americana? La verità è che non lo sappiamo ancora. Fra qualche mese, però, tutto sarà chiaro perché, a differenza del precedente mandato, la questione binaria di guerra/pace andrà presto alla conta dei risultati in tutti i campi, anche in quello universitario.

 

 

 da un articolo di Giovanni Maddalena  “Il Sussidiarionet”

29 Maggio 2025

 

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