mercoledì 10 maggio 2017

BUONSENSO COME REATO

CHE DIRE, si sta un po’ esagerando.

Se uno osserva, e lo fa pacatamente, che l’integrazione tra culture diverse non è automatica, che oltre un certo limite l’accoglienza è impossibile e che comunque gli immigrati battono gli italiani 6 a 1 nelle statistiche criminali viene tacciato di xenofobia.
O, peggio, di razzismo.

Se uno osserva, e lo fa pacatamente, che quest’Europa è priva di legittimità democratica e che senza un’anima politica è destinata a morire o a conclamarsi in oligarchia si becca del «populista».
Se uno osserva, e lo fa pacatamente, che è giusto riconoscere pari diritti alle coppie omosessuali ma che un bambino ha più chance di crescere psicologicamente equilibrato se ha un padre e una madre piuttosto che due padri o due madri viene escluso dal consesso civile con l’accusa di omofobia.

E rischia anche di essere sospeso dall’albo professionale come accade allo psicoterapeuta milanese Giancarlo Ricci. Il buonsenso come reato, reato di opinione.

Doveroso, allora, interrogarsi sulle condizioni di salute dello Stato di diritto, sull’eclissi del pensiero liberale, sul trionfo del politicamente corretto.
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OVVERO, quell’esasperazione dei buoni sentimenti attraverso cui i progressisti hanno sublimato la crisi di identità dovuta alla perdita del legame politico con le masse popolari più disagiate.
«Populista è l’aggettivo usato dalla sinistra per designare il popolo quando questo comincia a sfuggirle», sentenziò nel lontano ‘96 un francese particolarmente arguto.
Un’ubriacatura collettiva che allontana ulteriormente le élite dal popolo, i media dal senso comune e, nel caso del dottor Ricci, denunciato da un manipolo di colleghi ‘benpensanti’, certi professionisti dalle evidenze della scienza che dovrebbero padroneggiare.
Ecco, si sta un po’ esagerando. E semmai l’Ordine degli psicologi dovesse sanzionare il povero Ricci si sarà davvero passato il limite.

Andrea Cangini
Tratto da “il resto del Carlino”


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