Apologia
del Rosario
di Leonardo Lugaresi
Parliamo troppo. Tutti parlano in continuazione (io, per
esempio, in questo momento sto parlando). Talvolta ci lamentiamo che le persone
non si parlano, che non c'è dialogo ... ma è solo perché stanno parlando
altrove, sulla rete di solito, non perché stiano veramente zitte.
Nella chiesa non va meglio che nel mondo: non vi si è mai
parlato tanto come adesso, e se c'è una parola che può definire, nell'insieme,
le nostre attuali liturgie direi che è: “verbose”. Gli spazi di silenzio, durante
le messe, si misurano in secondi e spesso si esce frastornati, più che
edificati, da quella mezzora di parole continue. Spesso parole umane che
soffocano quella di Dio.
Donatello, la Vergine e il Bambino, Louvre Parigi |
Purtroppo
non basta tenere la bocca chiusa per fare silenzio.
Se ci provi, ti si riempie subito la testa di parole: fuori taci, ma dentro c'è
chiasso.
Il
metodo più semplice, alla portata di tutti, anche di noi poveretti, per mettere
un po' d'ordine in casa è dire il rosario. Maria è la grande silenziosa, e nel
suo silenzio pieno di pensiero fiorisce la Parola divina, si fa carne in quel
grembo di silenzio accogliente.
Ripetere cinquanta volte le parole rivolte a Maria, dire
cinquanta volte Gesù dal suo punto di vista (“frutto benedetto del ventre
tuo”), nominare cinquanta volte l'ora della nostra morte (se c'è un pensiero
che ha il potere di farci stare zitti è quello!) è una disciplina benedetta. È
come il cavo della ferrata che permette di salire sulla montagna anche a chi
non è un'alpinista provetto.
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