LEGGE SULL'OMOFOBIA
Bene ha fatto ieri la Camera dei deputati a dire "no", sottolineandone la incostituzionalità, a una "legge speciale" a tutela delle persone omosessuali.
In Italia, infatti, abbiamo leggi a sufficienza per combattere violenze e discriminazioni. Basta solo decidersi ad applicarle – con rigore, continuità e in perfetta aderenza ai valori di riferimento di Costituzione e ordinamento – per affermare che la nostra civiltà è basata sul rifiuto di ogni forma di intolleranza e sulla piena tutela della dignità e della sfera personale di ciascuno tanto quanto sul giusto rispetto della libertà di pensiero e di opinione.
Sin dall’inizio della vicenda parlamentare delle norme sulla «omofobia» era del resto apparso chiaro a chi fosse riuscito a sottrarsi alla sirene di una propaganda avvolgente e a ragionare a mente fredda che l’obiettivo – lungo la traccia di operazioni già riuscite altrove – era diversamente ambizioso: non solo e non tanto introdurre una speciale forma di protezione per una categoria di persone specialmente a rischio, quanto piuttosto affermare politicamente e normativamente una "super-normalità" delle persone omosessuali attraverso la formalizzazione di una esemplare eccezione. Un tentativo sbagliato due volte, perché avventato sul piano giuridico e controproducente sul piano dell’impatto sociale.
Meglio, molto meglio, allora, restare affidati alla chiarezza dei princìpi cardine e delle regole che ne discendono. Purché si torni anche a considerare con la dovuta urgenza che, per far valere princìpi e regole, serve qualcosa che forse sembra banale, ma banale purtroppo non è più: tanta buona educazione. Che non è solo galateo, ma appunto un’educazione buona, cioè vera e umanamente profonda. Tesa a formare uomini e donne di autentica e civile moralità, che sentono e riconoscono come del tutto sbagliati e, dunque, da riprovare e ritenere giustamente sanzionabili brutalità e aggressivi esibizionismi, invettive e insulti, volgarità e prevaricazioni. Questo, e questo solo, serve a questo nostro Paese: leggi uguali per tutti.
di Marco Tarquinio
Tratto da Avvenire del 27 luglio 2011
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