sabato 9 luglio 2011

Quella voglia pazza di DDR


“ l’uomo che durante il giorno ha costruito qualcosa al calar della notte ritorna a casa per essere benedetto dal dono del silenzio e del riposo. Ma siamo circondati da serpenti e da cani. Per cui qualcuno deve stare all’opera e altri tenere le lance”.   T. S. Eliot




di M. Diaferia  13/06/2011


Non molto tempo fa, RAI3, in orario antelucano, trasmise degli interessanti documentari girati ai tempi della Repubblica Democratica Tedesca.

Si trattava in realtà di un “Grande Fratello” ante litteram: il Partito ti mandava a casa un operatore con la cinepresa che avrebbe seguito tuo figlio dalla prima elementare fino all’età adulta. Scopo, ovviamente, era quello di mostrare lo sviluppo armonico della persona prodotto dall’ideologia comunista. Mai avrebbero immaginato, invece, cineoperatore e soggetto ripreso che un dì la DDR si sarebbe squagliata in pochi mesi e che il film avrebbe avuto un finale a sorpresa: una Germania riunificata e capitalistica.

Un fattore accomunante i protagonisti (sia uomini che donne) fu l’assoluto disorientamento psicologico davanti alla caduta del Muro di Berlino. Stiamo parlando di soggetti assolutamente convinti della bontà del Comunismo, pienamente coinvolti dalle “liturgie” del Partito (vacanze aziendali, feste paesane, ricorrenze patriottiche, iniziative per la gioventù, raduni sportivi, culto della personalità, ecc.), fieri della forza del loro Paese, sicuri del degrado morale dell’Occidente. Quel crollo improvviso che portò la fine di un regime e delle sicurezze che dava (casa, lavoro, scuola, certezza di essere dalla parte del bene), la libertà vera improvvisamente piovuta addosso a persone abituate ad affidarsi a decisioni prese dall’alto, scosse la loro psiche. L’atteggiamento iniziale fu di sconforto, specie per l’insicurezza del lavoro (le aziende tedesco-orientali di solito asservite all’URSS, erano ormai senza il cliente principale e assolutamente vetuste per impostazione e macchinari) e la perdita di un sistema di vita che in qualche modo ti faceva sentire parte di una comunità di “compagni” protesi verso “il sol dell’avvenire”. All’inizio molti rimpiansero i tempi dei VoPos.

Certo, noi uomini siamo strani: parliamo spesso di libertà, lottiamo per essa, ma tutto sommato ci fa paura, perché ci costringe ad uscire dal guscio, a progettare, a ideare, a riflettere, a decidere. Tutto ciò è faticoso, ma soprattutto pericoloso. Perché prevede la possibilità che prevalga il migliore, il più intelligente, o peggio, il più furbo; che si possano subire sconfitte, che ci si senta insoddisfatti e precari nella vita.

Berlusconi ha pensato nel 1994 di trasformare gli Italiani in liberali di tipo anglosassone, immaginando un Paese simile alle sue aziende, dove chi è bravo, capace e volonteroso ha successo e sta veramente bene. Una metà circa degli Italiani gli ha creduto e l’ha seguito, dandogli la possibilità di governare l’Italia per gran parte degli ultimi 17 anni e alcune città importanti, come Milano.

Poi è arrivata la crisi economica che ha proiettato ai primi posti per tasso di crescita, guarda caso, paesi governati tutti da regimi più o meno illiberali, dove lo Stato la fa da padre se non da padrone. L’ottimismo è finito sotto i tacchi di una disillusione sempre più accentuata e non poteva che succedere una sorta di “rivoluzione”.

La vittoria del “vendolismo” a Milano, nella persona dell’Avv. Giuliano Pisapia, ampiamente aggettivato con tutti i termini buonistici tipici di tutti i regimi di sinistra (mi viene in mente per esempio la Corea del Nord) può essere l’inizio di un processo, salvo un miracoloso risveglio cattolico o un improbabile rinnovamento del centrodestra, che affiderà l’Italia intera alle prossime elezioni nelle mani dei neocomunisti.

Diverse le colpe della squadra berlusconiana: la mancanza di lungimiranza politica, la perdita di pezzi della maggioranza, l’ingenuità di pensare di avere l’Italia dalla propria parte “a prescindere”, illusi che esistesse veramente un “popolo delle libertà”, senza avere come alleati scrittori, registi, attori, giornalisti, talk-show televisivi, docenti e presidi nelle scuole e nelle università, rappresentanti dei genitori e degli studenti nei Consigli di Circolo o di Istituto; senza sezioni di partito nei quartieri, senza iniziative veramente popolari, senza parrocchie e istituti religiosi. Il “caso Ruby” è stato poi devastante per l’immagine del Premier e di tutta la maggioranza. Ad un Bersani che sembra l’immagine del pacioso emiliano tutto pancetta e lambrusco, ad un Vendola che infiamma le piazze come un Savonarola, il centrodestra ha risposto con articoli dal linguaggio minatorio e aggressivo e politici schierati a difesa di un mondo di milionari che alla sera non hanno altro da fare che godersela in modo sfrenato, con un giro di regalie del valore di diverse mensilità di un operaio. Quel poco più del 50% di Italiani che sperava in uno stato più leggero e solidale e che si fidava di Berlusconi, si è ritrovato disilluso due volte: pochissime riforme a proprio favore e in più un ostentato sbracamento da ricconi sfaccendati in piena crisi economica. In questa situazione sono tornati in auge proprio quei comunisti che le ultime elezioni avevano espulso dal Parlamento.

Da anni sostengo che il Comunismo è più di una dottrina economico-politica, è una sorta di religione, una scimmiottatura del Cristianesimo, privato di Cristo e di Dio Padre. E non so se è un puro caso che abbia adottato ultimamente quel colore arancione, che ricorda molto il Buddismo, un’altra “para-religione”, nella quale non esiste il trascendente e scommette tutto sull’uomo e la sua auto-salvezza interiore.
A controprova della subdola pericolosità della dottrina comunista, c’è il caso di Fatima, unico esempio di un intervento del Cielo per allertarci del pericolo di un’ideologia politica e non dimenticherei che ci fu un tempo (qualche decennio fa) in cui un Pontefice, il Servo di Dio Pio XII, arrivò a scomunicarne i seguaci. Specie dopo il Concilio, che si dimenticò di condannare il Comunismo, quanti cristiani sono stati da esso trascinati, anche involontariamente, fuori dall’ambito ecclesiale? Solo Dio sa quali semi cattivi ha sparso questa ideologia nei seminari, nelle congregazioni religiose, nelle parrocchie, perfino in certi episcopi!

Il lato diabolico del Comunismo moderno (ovvero quello post 1989) sta nell’immettere, specie nei giovani, l’idea che la carità cristiana sia monca, insufficiente, limitata da regole stabilite da ecclesiastici presentati abilmente al popolo come una congrega farisaica guidata da un monarca assoluto che sta in Vaticano, salvo naturalmente quei pochi che schiacciano l’occhio alla sinistra. La vera bontà oggi è permettere la piena autodeterminazione dell’individuo in tutti gli aspetti della vita personale. I soli limiti leciti sono determinati dal Codice Penale e dalla Costituzione, assurta non per nulla a nuovo “Vangelo laico” (la migliore del mondo, si dice, tanto per non riformarla mai). Di conseguenza, alla gente si fa credere che i soli punti di riferimento, il nuovo “clero”, siano i Napolitano, i Travaglio, i Vendola, le Bonino, i Di Pietro, i Flores d’Arcais, i D’Avanzo, i Santoro, i Lerner, i Saviano, gli Odifreddi, i Benigni, i Celentano, apostoli di un nuovo credo dove diventa bene il poter abortire, divorziare, utilizzare ogni genere di contraccezione, fin da adolescenti, assumere droghe “leggere”, creare una famiglia con uno del tuo stesso sesso (anzi, genere), interrompere la vita propria e altrui quando si ritiene giusto. Tutte cose che, secondo la mentalità pannelliana, ormai confluita in quella neo-comunista, sono segni di “vero amore”. Alla maniera dei Testimoni di Geova, i missionari “arancioni” non lesinano impegno per portare a tutti la “buona novella”. Sono tanti, hanno i volti dei big del cinema e della TV, ma anche quelli del vicino di casa o di banco, della maestra di tuo figlio, del preside o, imbarazzante a dirsi, del tuo parroco o del giovane prete d’oratorio. Ti convincono a ridurre a sfera privata la tua fede (anche nella DDR era così) per rispetto di chi non crede e per non disturbare “il manovratore”, ma in pubblico devi essere come gli altri, mischiarti nei cortei multicolore, per far capire a tutti che “sei dei nostri”, che sei parte del popolo dei giusti, che sta portando un “vento nuovo” (espressione molto pentecostale) sul mondo, per donare a tutti l’agognata felicità in un paradiso tutto terreste.
A questa nuova religione immanente non potranno mancare i “santi”, che saranno essenzialmente i membri della magistratura, alcuni morti martiri, chi lotta contro le mafie (e qui, bontà loro, troviamo anche qualche prete), i difensori dei diritti inalienabili e i “padri della Patria”, sui quali è vietato tentare di fare luce con ricerche storiche oneste, come abbiamo potuto constatare amaramente in occasione dei 150 anni dello Stato italiano.
Quello che ho visto di persona in questi ultimi due anni nella scuola statale, specie dopo l’introduzione della legge ideata dalla dott. ssa Gelmini (non c’era di meglio sul mercato?), è stato stupefacente. Migliaia di nonni e genitori ex-sessanta-settantottini hanno tirato fuori l’ascia di guerra, prendendo d’assalto le scuole, con la connivenza palese di docenti e presidi, mentre i figli, a cominciare dai bambini, ricevevano un indottrinamento martellante a mo’ dei Jungen Pioniere della DDR. Ecco allora piccoli col nome di Pisapia scritto sulle braccia, magliette e fazzoletti arancioni, spillette con simboli di partito, “merende politiche” all’aperto per le elementari e le medie, propaganda a senso unico, appelli da firmare, occupazioni e giornate autogestite, nelle scuole superiori.

Un discorso a parte merita l’atteggiamento della Chiesa ambrosiana. Personalmente trovo riduttivo e semplicistico il pensare che ai due ultimi arcivescovi di Milano si possa appiccicare l’etichetta, come piace a certa stampa, di “progressisti” o di “sinistra”. Il problema è se mai il contrario: per evitare spaccature e scandalosi contrasti, si sono fatti portavoce della maggioranza del proprio popolo, rovinando, dal mio punto di vista, l’immagine della Chiesa, che dovrebbe sempre essere super partes e stare alla larga del politically correct. Hanno semplicemente preferito mettere in crisi di coscienza il cattolico che vota Lega o Berlusconi, piuttosto che il giovane educatore d’oratorio che frequenta il centro sociale e a scuola combatte le stesse battaglie dei compagni di sinistra; hanno preferito inventare “blablatoi” per i non credenti, piuttosto che convertirli; hanno scelto di aver contro i Sallusti o i Feltri, piuttosto che gli Scalfari o i Mieli; hanno ignorato il parroco che si filma in canonica mentre arringa i fedeli, insultando solo una parte politica e i fratelli ciellini o quello che nel sito parrocchiale si schiera dalla parte del sig. Englaro e contro il Papa; hanno deciso di impegnarsi perché tutte le altre religioni abbiano luoghi di culto, mentre il Seminario è mezzo vuoto; meglio Enzo Bianchi che Joseph Ratzinger, meglio l’ultimo Giovanni Paolo II sofferente, che il combattivo e dinamico “polacco” anticomunista e antimodernista degli anni ’80; meglio Don Ciotti che Don Giussani; meglio Famiglia Cristiana che Radio Maria; meglio l’affabile intervistatore Fabio Fazio, che il rude Ferrara. Grazie a loro, Milano è diventata, a detta dei più, la Diocesi del sorriso, delle pacche sulle spalle, dell’accoglienza caritativa a 360° e del dialogo sempre e comunque (invito però a leggere il discorso fatto ultimamente dal Papa alla Charitas).

La verità è che una larga parte dei credenti milanesi, laici o consacrati, dopo il 1968, ha sempre mostrato simpatia verso i partiti di sinistra, dal PCI fino al SEL, nel silenzio (interpretato come approvazione) dei suoi pastori.
Purtroppo a Milano si è verificato quel fenomeno paradossale che lo scrittore Messori ha più volte argutamente sottolineato: molti ecclesiastici hanno scoperto il Marxismo, innamorandosene e rivalutandolo, quando ormai era moribondo in tutto il mondo. Ancora oggi parroci ultrasessantenni non si vergognano di rivelare durante incontri pubblici con le famiglie che quando erano giovani sacerdoti votavano per i rossi. Milano vive così dagli anni ’70 una tremenda fattura interna: da una parte Comunione e Liberazione, dall’altra l’Azione Cattolica, le ACLI, la FUCI, l’AGESCI (gli scout, dalle cui fila vengono personaggi come Pisapia e Agnoletto), i cui responsabili spesso si sono presentati candidati nelle liste di sinistra. Per esempio, la candidata più votata della Lista Civica di Pisapia è una giovane docente, responsabile scout di una parrocchia di periferia.

Ci fu un tempo poi, in cui un seminarista di CL veniva allontanato dal Seminario solo perché simpatizzante di Don Giussani e doveva studiare altrove, in altre diocesi, se non in Svizzera. Una cosa del genere capitò al giovane Angelo Scola, oggi Patriarca di Venezia e candidato principale a prendere il posto del Card. Tettamanzi.

Ciò detto, si può capire come poi la maggioranza della realtà ecclesiale sia confluita festosa in piazza del Duomo insieme agli arancioni, dopo quasi vent’anni di trincea, cominciata ai tempi della vittoria del leghista Formentini sulla Rete di Dalla Chiesa, piena zeppa anche allora di responsabili cattolici. E anche questa volta l’Arcivescovo non ha mancato di esprimere simpatia per la sua gente in piazza.

Quella piazza festeggiava la liberazione, ma in realtà è vittima di un’illusione: non è la libertà, quella che vuole (solo la conoscenza della Verità ci farà liberi, dice il Signore), ma tutto il contrario. Sono pecore in cerca di pastori che diano loro sicurezze su cosa sia bene fare o non fare. Vanno per comodità dal miglior offerente, qualcuno che regali quel tanto necessario per vivere in pace e che non chieda troppo alle loro pigre coscienze. Cercano il bene, vogliono veramente “aria pura”, ma la chiedono alle persone sbagliate, come già hanno fatto molti “compagni” europei nel XX secolo.

Mi auguro per loro e per coloro che non si fanno abbindolare da quelle sirene, che sia un’infatuazione passeggera e che non si ritorni a compiere gli errori del passato.

Dall’altra parte, sollecito me e tutta la Chiesa: invece di parlare sempre con fare depresso di post-cristianesimo e di accontentarci di essere “piccolo gregge”, vogliamo fare di più per recuperare le centinaia di migliaia di pecore che negli ultimi decenni abbiamo lasciato (o fatto) fuggire dal recinto in Italia e in Europa?
C’è qualcuno ancora convinto che solo Cristo è il Messia, il Maestro, la porta da cui passare per la salvezza della propria vita e di quella del mondo intero?
C’è qualcuno ancora che sia certo che c’è una sola Verità, una sola Via e questa è Gesù e che solo per Lui vale la pena spendersi?

E tra questi credenti, c’è qualcuno che voglia buttarsi in politica, non entrando negli attuali partiti, impresentabili e infidi per i cattolici “non adulti”, ma fondando un movimento unitario nuovo, semplicemente fedele al Vangelo e al Magistero, come auspicato inutilmente (temo utopicamente) dall’attuale Pontefice?

Se non vogliamo che la nostra Italia, sulla scia di quanto è avvenuto a Milano, diventi una DDR “de’ noantri”, tiriamoci su le maniche. Un po’ più in alto di quelle di Bersani.

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• Lun 13 Giu
tratto da
http://www.il-cortile.it/

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