mercoledì 27 luglio 2011

L'AULA DEL DISONORE


Il vento dell’antipolitica soffia ormai impetuoso e solo il tempo potrà far comprendere la portata della pagina  che si è consumata in Parlamento la scorsa settimana con l’arresto di Papa.

Gli interventi di Maurizio Paniz (deputato) e Gaetano Quagliarello (senatore)

Camera dei Deputati

Discussione di una domanda di autorizzazione a eseguire la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del deputato Papa.

Intervento dell’On. Maurizio Paniz (PdL)

Signor Presidente, colleghi, i processi non si fanno con le verità giornalistiche, spesso parziali e interessate, ma con le carte processuali, anche con quelle 14.932 che, più di uno, in Giunta per le autorizzazioni, ha ritenuto di poter prescindere dal leggere. I processi certamente si fanno nelle aule dei tribunali, alle quali Alfonso Papa non si sottrarrà, ma il processo all'esistenza del fumus persecutionis verso un parlamentare - verso di lui - si fa in questa Aula, oggi: non c'è riesame e non c'è grado di appello. La storia giudicherà quest'epoca politica, la morale di ciascuno giudicherà l'etica del comportamento dell'onorevole Papa; ma sulla sua libertà personale ora decidiamo noi. Rimanere indifferenti ad indici precisi di un evidente fumus persecutionis è impossibile. Alfonso Papa, deputato, magistrato, incensurato, non gravato da alcun carico pendente ha chiesto invano, per ben cinque volte, al pubblico ministero di essere sentito, disponibile a fornirgli la prova provata, ossia la prova documentale dell'inesistenza dei reati, poi contestatigli.
Alfonso Papa è stato a lungo direttamente intercettato. Alfonso Papa è stato a lungo pedinato e spesso fotografato, financo sulla porta di questo palazzo Montecitorio. Alfonso Papa è stato informato della misura cautelare richiesta, ad evidenza finalizzata ad una spettacolarizzazione dell'inchiesta, dalle note di agenzia, prima di averlo appreso ufficialmente. Si contesta la - si fa per dire - gravissima accusa della diffusione di notizie attinenti a tre procedimenti penali e si assiste contemporaneamente, nella totale indifferenza, alla divulgazione di ben 15 mila atti processuali coperti dal segreto investigativo Indaga Napoli, ma non c'è un solo fatto di rilevanza penale contestato ad Alfonso Papa che sia accaduto in quella competenza territoriale (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Questo Parlamento non può rimanere indifferente al rilievo che Alfonso Papa è stato fedele collaboratore di un capo dell'ufficio della procura di Napoli, Agostino Cordova, contro il quale si è scatenata una battaglia capeggiata proprio da uno dei due pubblici ministeri che ora lo accusano, o al ricordo che l'altro, con il quale Alfonso Papa aveva un notorio rapporto conflittuale, quando erano colleghi della stessa procura (financo nella stessa stanza) - rapporto conflittuale che avrebbe dovuto suggerire un'astensione, più che un affiancamento all'originario inquirente - sia proprio quel dottor Woodcock, che ha chiesto le manette per il nostro collega Salvatore Margiotta (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico), smentito dopo la nostra decisione, prima dalla revoca della misura cautelare ad opera del tribunale del riesame e poi dalla piena assoluzione. Si tratta dello stesso pubblico ministero che l'Italia ricorda protagonista mediatico dell'arresto spettacolare, per gravi e infamanti reati, del principe Vittorio Emanuele, poi felicemente prosciolto in istruttoria da un diverso ufficio giudiziario Anche in questi casi, come in quello dell'onorevole Papa, c'era un giudice ad aver vagliato l'impianto accusatorio, ma non è bastato ad evitare i danni. Accettando la richiesta d'arresto ci si fa travolgere dall'onda mediatica e giustizialista del «Dagli all'untore!» di manzoniana memoria e si subisce il fascino della subdola diffusione di ricostruzioni parziali e interessate o di intercettazioni illegittimamente carpite.

Soprattutto si calpesta un pilastro della nostra Costituzione: la presunzione di innocenza, ma la presunzione di innocenza non si invoca a piacere.
A chi voterà per l'arresto basta dare in pasto alla piazza, che la reclama, una vittima sacrificale (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Ma la libertà non si baratta con il consenso elettorale o con la propria sopravvivenza politica (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Se i pubblici ministeri campani chiedono di ammanettare Alfonso Papa non è perché la legge è uguale per tutti, ma perché i parlamentari ai loro occhi sono meno uguali degli altri.
La riscossa civica e morale del Parlamento passa anche attraverso il vero rispetto delle regole, anche quelle sgradite alla piazza, anche quelle sgradite a chi si sente più moralizzatore che magistrato. Gli inquirenti non sono in questa vicenda una garanzia, lo dico con dispiacere per il rispetto che va portato alla delicata funzione giurisdizionale, ma va portato altrettanto rispetto per la libertà e per questa nostra funzione parlamentare.
Il carcere preventivo è la forma di pressione psicologica più forte, seconda solo alla tortura, con la quale condivide l'aspetto cruciale e il più terribile: essere completamente alla mercé degli altri, dipendere integralmente da loro, cessare di esistere.
Non so e non voglio sapere se Alfonso Papa è davvero colpevole o innocente; sul piano penale - unico che qui ha rilievo - lo dirà un giudice alla fine di un percorso accertativo. So però con assoluta certezza che privarlo ora della libertà è un vero e proprio eccesso, è colpire senza se e senza ma questo nostro ruolo parlamentare così bistrattato e così fragile, così a rischio come scrissero i padri costituenti, ma così importante per la nostra nazione, ruolo che possiamo anche scordare per interessi di partito, ma mai dimenticare quando siamo soli con la nostra coscienza, soli con il nostro voto.
Votando no all'arresto non difendiamo un privilegio, ma solo il rispetto di un diritto sacrosanto, quello della libertà da un'aggressione ingiusta. Ognuno poi farà la propria valutazione sull'etica del comportamento, ma è ben altra cosa. Separiamo giustizia da moralismo e da etica e ricordiamoci che fare lobby non è un reato, né per chi raccomanda un emendamento né per chi gioisce per avere finalmente una banca (Commenti dei deputati dei gruppo Partito Democratico). Non inseguiamo il gossip perdendo di vista i reati e ricordiamoci che un Paese civile non fa i processi in edicola o nei mezzi di informazione, neppure per un parlamentare.
Il voto dei deputati del Popolo della Libertà, fedeli alla democrazia della trasparenza, sarà per il no, non abbiamo paura di dichiararlo, orgogliosi della tradizione della storia di quel popolo italiano che considera la libertà un bene supremo (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Popolo e Territorio - Congratulazioni).


Senato della Repubblica

Relazione informativa del senatore Li Gotti, delegato dalla Giunta delle elezione e delle immunità parlamentari, ai sensi dell'articolo 135, comma 10, del Regolamento del Senato sulla domanda di autorizzazione all'esecuzione della misura della custodia agli arresti domiciliari decisa dal tribunale del riesame nei confronti del senatore Alberto Tedesco.

intervento del Sen. Gaetano Quagliariello

Signor Presidente, onorevoli senatori, vorrei sgombrare subito il campo da un equivoco. Qualunque sarà la determinazione che verrà assunta oggi in quest'Aula sulla richiesta di custodia cautelare nei confronti del senatore Tedesco, anche nel caso in cui, come noi auspichiamo, tale richiesta sarà respinta, non stiamo affermando che nella sanità pugliese in questi anni non sia successo niente. Non stiamo cancellando con un colpo di spugna una storia di clientele e clientelismi, di nomine, appalti e inopportune commistioni che sul piano politico ci sentiamo di dover stigmatizzare, come ha fatto poco fa il collega Amoruso.
Dirò di più, signor Presidente: se oggi il PdL può permettersi di difendere il Parlamento e dire «no» all'arresto del senatore Tedesco senza timore che questo passi per un'assoluzione politica, è perché il centrodestra non ha aspettato che intervenisse la magistratura per denunciare pubblicamente una gestione della sanità opaca, come fabbrica di voti e serbatoio di affari, da parte del centrosinistra, dell'ex assessore Tedesco e dello stesso presidente Vendola. Il collega Saccomanno potrebbe testimoniare le lunghe sedute del Consiglio regionale della Puglia, nella passata legislatura, spese a far presente al presidente Vendola quanto difficilmente conciliabili fossero gli interessi della famiglia Tedesco in campo sanitario con il ruolo di assessore nello stesso settore.
Cosa accadeva nel sistema della sanità pugliese lo sapeva, dunque, anche il presidente Vendola, che a suo tempo si presentò in Consiglio regionale a difendere il suo assessore, salvo poi vestire i panni del moralizzatore alle prime avvisaglie di un interessamento dell'autorità giudiziaria, come se questo bastasse a cancellare le responsabilità politiche. E in tempi assai lontani, prima ancora che la sinistra conquistasse il Governo della Regione Puglia, la stessa procura di Bari, quella della precedente gestione per intenderci, sapeva in che modo l'allora consigliere Alberto Tedesco cercasse di favorire affari che gli stavano a cuore. Ma mentre concentrava straordinarie attenzioni su Raffaele Fitto - il senatore Li Gotti che ha letto i documenti lo sa meglio di me - quella procura assolveva Tedesco e anzi non lo indagava proprio. A rilevarlo, colleghi, non siamo noi, ma gli stessi magistrati. Basta leggere, ad esempio, il provvedimento del tribunale del riesame sul caso del quale ci stiamo occupando.
Ma non è questo il centro del problema. Noi stiamo per votare la richiesta di arresto preventivo di un parlamentare. Sull'uso della custodia cautelare nel nostro Paese auspichiamo prima o poi un dibattito ad hoc. In questa sede vale, però, la pena ricordare che nella nostra procedura penale le misure cautelari servono a impedire la fuga, l'inquinamento delle prove, la reiterazione del reato, ed è prassi che il Parlamento valuti anche questi aspetti e non solo l'eventualità di un fumus. Le misure cautelari hanno dunque un senso se sono immediate e in qualche modo "a sorpresa". Se l'indagato sa con largo anticipo della richiesta di arresto pendente nei suoi confronti, com'è inevitabile che sia nel caso di un parlamentare a causa delle procedure previste, avrebbe tutto il tempo di scappare, inquinare le prove o reiterare il reato. La vicenda di Toni Negri in tal senso è eloquente. Né quest'Aula può accedere alla tesi per cui Alberto Tedesco, pur avendo cessato ogni carica nella Regione Puglia, potrebbe reiterare il reato in quanto senatore, quasi che la qualifica di parlamentare fosse in qualche modo criminogena. Presidente Finocchiaro, non si difendono così il nostro onore e le nostre istituzioni!

L'idea dell'arresto preventivo di un parlamentare, insomma, ci convince poco già sul piano della logica. Ma al di là di questa c'è una ragione più profonda che investe il fondamento stesso delle nostre istituzioni. Senatore Tedesco, mi rivolgo a lei con la dura lealtà che si deve a un avversario politico in un momento come questo. Lei aveva chiesto nei suoi interventi pubblici e in Giunta che il Senato riconoscesse l'esistenza di un fumus nei suoi confronti o, in alternativa, autorizzasse il suo arresto, e ancora oggi chiede al Senato di farla arrestare. Noi che ragioniamo dal punto di vista delle istituzioni la pensiamo esattamente al contrario. Quest'Aula non la può assolvere perché non è un tribunale. A giudicarla penalmente ci penseranno i magistrati.

 E a nostro avviso, lei non è un perseguitato. Ma noi possiamo difendere le sue prerogative, perché difendendo le sue prerogative difendiamo il Parlamento, le istituzioni e lo Stato. E lo facciamo da avversari, esprimendo il giudizio politico più pesante sul suo operato. Perché noi sappiamo distinguere.

Senatore Tedesco, se invece lei ritiene di voler andare incontro alla giustizia - mi dispiace, senatrice Finocchiaro, Totò non c'entra niente - di consegnarsi agli arresti domiciliari, allora c'è una strada per farlo, ed è quella di dimettersi. (Applausi dai Gruppi PdL e CN-Io Sud). Lei può dimettersi e farsi arrestare, ma non può pretendere da noi l'abbattimento di quell'ultimo residuo contrappeso nel rapporto tra giustizia e istituzioni rappresentative della sovranità popolare. (Applausi dai Gruppi PdL, CN-Io Sud e della senatrice Sbarbati. Commenti dai Gruppi PD e IdV).

Si dimetta, senatore Tedesco, e consenta a chi era in lista dopo di lei di prendere il suo posto e garantire il plenum dell'Aula, così come lei si è trovato "casualmente" a sostituire il senatore De Castro dopo le ultime elezioni europee.

Senatrice Finocchiaro, lei lo sa bene, perché viene dalla sua terra. C'è chi, prima del senatore Tedesco, da questi stessi scranni è andato incontro alla galera, ma non ha preteso che la sua scelta personale gravasse sulle istituzioni. Lei può fare altrettanto, senatore Tedesco, e invece non lo fa.  Oggi abbiamo letto un'intervista nella quale lei sostiene che le sue dimissioni sarebbero un vulnus nei confronti del Senato. No, senatore Tedesco, ancora una volta è vero il contrario: il vero vulnus nei confronti del Parlamento sarebbe dire sì alla richiesta di arresto.
Colleghi della sinistra, sappiamo bene che fuori da queste mura già si preparano nuovi roghi, nuove pire - ha fatto riferimento anche ad esse, senatore Tedesco -, ma se ci troviamo qui dentro siamo tenuti anche al coraggio di decidere non sulla base della convenienza politica di un momento, ma di princìpi che valgono per gli amici e per gli avversari, per chi è innocente e anche per chi sarà, forse, riconosciuto colpevole.

L'antipolitica non si può sfamare, collega Finocchiaro, dandole in pasto le istituzioni o consegnando alla magistratura la facoltà di intaccare l'integrità del plenum delle Camere, e dunque determinare l'esistenza o meno delle maggioranze e la sopravvivenza dei Governi. Ai tempi del Governo Prodi, con un solo voto di scarto in Senato, ci sarebbe voluto davvero poco perché ciò accadesse.
Ai nostri avversari diciamo dunque: fermatevi, pensateci bene. Non consentite che a trionfare sia l'antiparlamentarismo travestito da politicamente corretto, altrimenti da qui a breve la politica, la politica di tutti, e le istituzioni, quelle di tutti, ne potrebbero restare travolte. Gli eventi del 1992 1994 avrebbero dovuto insegnare qualcosa anche a voi.
I partiti hanno a disposizione molti strumenti per sanzionare politicamente comportamenti che si ritengono scorretti. Esistono le sospensioni, le espulsioni, la possibilità di migliorare la qualità della classe dirigente e della rappresentanza. Ma questa responsabilità, che è politica, non la si può scaricare sulle spalle delle istituzioni. E se proprio non ce l'avete il coraggio di fondare il vostro parlamentarismo su principi solidi, ancorché qualche volta impopolari; se proprio non ce la fate a resistere al richiamo dell'antipolitica ed a sopportare il suo giudizio sommario, vorrà dire che ci faremo carico noi di difendere le istituzioni. E lo faremo! (Applausi dai Gruppi PdL e CN-Io Sud. Commenti dai Gruppi PD e IdV). Lo faremo anche in nome di una parte della vostra tradizione. Andate a leggere le pagine di Umberto Terracini o di Fausto Gullo. Senatore Tedesco, le consiglio una citazione di Pietro Nenni, ancora attualissima: non c'è nessun puro che prima o poi non venga epurato da qualcuno più puro di lui. (Applausi dai Gruppi PdL e CN-Io Sud).

Senatore Tedesco, lei ha chiesto a quest'Aula di essere assolto o di essere arrestato. Io chiedo al Gruppo del PdL e a tutta l'Assemblea, a voto segreto, perché non riconoscere uno spazio alla coscienza quando è in gioco la libertà personale significherebbe essere a un passo dalle pratiche dei regimi totalitari (Applausi dai Gruppi PdL e CN-Io Sud. Commenti dai Gruppi PD e IdV) - altro che parlamentari - di non assolverla, ma di non acconsentire a un arresto che sarebbe ingiusto per lei, grave per le istituzioni parlamentari, offensivo per ciò che tutti noi rappresentiamo, perché annullerebbe il giudizio politico facendolo coincidere con il giudizio penale, per giunta con rito abbreviato. (Vivi applausi dai Gruppi PdL, CN-Io Sud e dei senatori Divina, Boldi e Maraventano. Molte congratulazioni).

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