mercoledì 27 luglio 2011

G8 2001 DIECI ANNI PASSATI INVANO



Dieci anni passati invano.

Dieci anni fa i media accarezzavano in chiave antiberlusconiana il movimento no global finendo col convincere tanti giovani confusi che fosse cosa buona e giusta partire per Genova in occasione del G8.

Un letterato di gran fiuto come Alberto Arbasino presentì il disastro, scrisse una delle sue brevi poesie civili e la spedì ai giornali ai quali collaborava, Repubblica e Corriere della sera, per averne un duplice rifiuto. A respingere la pubblicazione, è giusto ricordarlo in tempo di commemorazioni, furono rispettivamente Ezio Mauro e Ferruccio De Bortoli (ricordatevelo quando li sentirete evocare, come spesso fanno, minacce governative alla libertà di espressione). La profetica poesia si intitolava, incredibile ma vero, "Un morto a Genova" e descriveva con precisione impressionante ("C'è un morto per terra/come in guerra") quanto sarebbe accaduto di lì a poco, ma evidentemente per quei prestigiosi giornaloni i gi-ottini erano dei bravi ragazzi che avrebbero messo fiori nelle pistole dei poliziotti, alba di un mondo migliore che sarebbe sorto non appena il perfido Berlusconi, colpito da tanto spettacolo, si fosse spontaneamente dimesso.

Sappiamo com'è andata a finire. Bene, dieci anni dopo siamo punto e a capo.

Anche stavolta un povero cristiano legge i quotidiani e ne ricava che il mondo si divide fra buoni e cattivi e che i buoni sono sempre quelli che vogliono abbattere un governo democraticamente eletto mentre i cattivi sono sempre quegli altri, i democraticamente eletti. Oggi pomeriggio a Genova ci sarà il corteo del decennale che vorrebbe rappresentare la beatificazione definitiva di Carlo Giuliani, l'Uomo dell’Estintore (mi rifiuto di chiamarlo ragazzo, come con molto compiacimento si continua a fare, per il semplice motivo che aveva ventitré anni compiuti, l'età in cui si può guidare una Ferrari da 335 chilometri all'ora, si può contrarre un mutuo per qualsiasi cifra, si può fare il sindaco del proprio Comune: insomma l'età in cui si è uomini, certamente giovani ma uomini).

Come andrà a finire? Non sono Arbasino, sono felice di non possedere doti divinatorie, ma certo i giornali non sembrano avere imparato nulla e come allora soffiano obliquamente sul fuoco. Certo non dicono che bisogna spaccare la faccia ai carabinieri come stava allegramente facendo un sodale del Giuliani in piazza Alimonda (vi ricordate? Quello che aveva sfondato con una lunga asse il vetro del fuoristrada in trappola). Però danno grande spazio ai variamente farneticanti Giuliani (padre) e Giuliano (Pisapia), mai arginati da adeguato contraddittorio, e a chiunque da internet o da video straparli di "stato di polizia", ad esempio il giornalista britannico Mark Covell ripreso dal Fatto come fosse un Cristo in croce.

Quando il sindaco di Milano afferma contro ogni logica che Giuliani (figlio) minacciava il prossimo con un estintore perché desiderava "un mondo più democratico" io comincio a preoccuparmi: siccome per me un estintore è solo un oggetto utile a spegnere le fiamme, rischio la nomea di antidemocratico e una democratica estintorata sui denti.

Le parole sono pietre e l'espressione "stato di polizia" suscita non il diritto bensì il dovere di ribellarsi, e con qualsiasi mezzo: perfino Tommaso d’Aquino, un Santo, un Dottore della Chiesa, nel caso di regime illegale autorizzava il tirannicidio. Pertanto dire "stato di polizia" significa avvicinarsi a dire che uccidere Berlusconi è giusto, rendiamoci conto.

In un clima così pesante il Corriere non ci risparmia una propaganda editoriale tutta giulianista: promuove il libro gi-ottesco di Roberto Ferrucci e quello quasi altrettanto schierato del proprio Marco Imarisio, per il quale sono sufficienti titolo e sottotitolo "La ferita. Il sogno infranto dei no global italiani". Chissà cosa pensa il carabiniere Mario Placanica di questi sognatori che prima lo hanno aggredito a sprangate poi gli hanno rovinato la vita a forza di processi. Ma forse la televisione pubblica, essendo pagata da tutti i cittadini compresi i tutori dell’ordine, offre una ricostruzione più equilibrata? Buonanotte. In Rai lo specialista dei fatti genovesi è Carlo Lucarelli, un altro che parla di "proteste pacifiche" (chissà se erano violente) e "morte di un ragazzo" (e dagli col ragazzo).

Parole sbagliate, parole pericolose che certo ispireranno i partecipanti al corteo: non vorrei essere in divisa, oggi, a Genova.

di Camillo Langone
Tratto da Libero del 23 luglio 2011

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