L’Università di Austin ha pubblicato lo studio più completo
mai realizzato sui bambini cresciuti dagli omosessuali: «Hanno molte più
difficoltà degli altri».
La ricerca è stata condotta da Mark Regnerus, professore di
sociologia presso l’Università di Austin. E ha due caratteristiche nuove: è la
prima condotta su un campione molto numeroso e, in secondo luogo, è stato redatto
da un istituto laico e da un professore che non avrebbe mai pensato di arrivare
a tali conclusioni. Anzi. Regnerus si era sempre espresso a favore dei «gay e
delle lesbiche che non penso assolutamente siano cattivi genitori». I
ricercatori, analizzando 15 mila casi e intervistando 3 mila persone, tutti
compresi tra i 18 e i 39 anni, hanno messo in crisi il consenso scientifico
precedente, basato su dati assai più carenti.
Dal nuovo studio risulta che quanti sono cresciuti in
famiglie omosessuali sono dalle 25 alle 40 volte più svantaggiati dei loro
coetanei cresciuti in famiglie normali. I primi, infatti, sono risultati tre
volte più soggetti alla disoccupazione (solo il 26 per cento dei ragazzi
cresciuti all’interno delle coppie omosessuali ha un lavoro fisso contro il 60
per cento della media); quattro volte più soggetti a ricevere assistenza
pubblica (il 69 per cento dei ragazzi cresciuti da genitori omosessuali sono
stati supportati dai servizi sociali, mentre i loro coetanei sono supportati
nel 17 per cento dei casi); e sono molto più inclini ad essere arrestati, a
dichiararsi colpevoli di atti criminali, a drogarsi, a pensare al suicidio.
La cosiddetta teoria della “non differenza”, che va per la
maggiore negli Stati Uniti, si basa invece su una mancanza di dati. Pur in
mancanza di studi approfonditi, tuttavia nel 2005 l’Associazione degli
psicologi e psichiatri americana si era espressa con una formula volutamente
ambigua («Non esiste un singolo studio che dimostri che i figli dei gay e delle
lesbiche siano più svantaggiati di quelli degli eterosessuali») e tale
proposizione era diventata la “base scientifica” su cui appoggiare le leggi più
aperte in materia. Con un paradosso: mentre le ricerche che segnalavano le
storture di un’educazione che elimina la differenza sessuale erano tacciate di
inattendibilità a causa dell’esiguità del campione, quelle favorevoli, a parità
di campione, divenivano in breve le basi su cui legiferare. Per fare un
esempio: i legislatori dell’Iowa utilizzarono uno studio che comprendeva
solo cinque casi.
La ricerca texana, quindi, a causa dei suoi numeri importanti, mina tali certezze. Non solo: è da considerasi scientificamente valida perché condotta solo su persone ormai “indipendenti”, che cioè non vivono più nelle case di chi li ha cresciuti.
La ricerca texana, quindi, a causa dei suoi numeri importanti, mina tali certezze. Non solo: è da considerasi scientificamente valida perché condotta solo su persone ormai “indipendenti”, che cioè non vivono più nelle case di chi li ha cresciuti.
Il professore Regnerus ha dovuto subire le critiche di molti
esponenti del mondo omosessuale. Il ricercatore ha così risposto: «Molti di
loro sono così perché, cresciuti in famiglie omosessuali, hanno sperimentato
abbandoni, divisioni, ed è impossibile dire se la causa delle differenze sia
l’omosessualità o solo l’instabilità dei legami. Quel che è certo, infatti, è
solo che i bambini sono molto più inclini a crescere bene quando vivono con i
loro genitori naturali. Il matrimonio tra loro fornisce un legame biologico che
dà una grande influenza benefica ai bambini». Regnerus si è detto convinto che
«i nuclei familiari biologici e stabili, anche se considerati erroneamente come
una specie in via di estinzione, rimangono gli ambienti più sicuri per la buona
crescita dei figli». Perciò se «mi fosse richiesto di pensare a un modello
ideale dovrei per forza avvicinarmi a quello di una famiglia tradizionale».
Sebbene Regnerus abbia specificato di «non voler
assolutamente dare colpe agli omosessuali» né di voler «dire che il problema
stia nel loro comportamento sessuale», il suo studio ha generato un uragano. I
blogger e le associazioni Gay l’hanno accusato di essere “bigotto” e
“retrogrado”. La sua ricerca, costata più di 800 mila dollari e pubblicata su
una rivista scientifica rinomata (Social science research), è stata definita
“spazzatura”. Il professore ha sottolineato che il suo approccio «è quello di
qualunque scienziato professionista: qualunque statistico ed elaboratore di
dati li assemblerebbe così, arrivando alle stesse mie conclusioni». Infine,
Regnerus è arrivato a scusarsi di aver solo voluto «colmare un vuoto
scientifico per un approccio più serio». Spiace, ha dichiarato, perché «non
avevamo davvero nessun obiettivo precostituito».