Che insegnamenti ci arrivano dai 90 anni
di J. Ratzinger.
di Angelo Scola
tratto da Il Foglio
16 Aprile 2017
“Essendo un uomo di formazione teorica e non pratica, sapevo anche che non
basta amare la teologia per essere un buon sacerdote, ma vi è la necessità di
essere disponibile sempre verso i giovani, gli anziani, gli ammalati, i poveri;
la necessità di essere semplice con i semplici. La teologia è bella, ma anche
la semplicità della parola e della vita cristiana è necessaria. E così mi
domandavo: sarò in grado di vivere tutto questo e di non essere unilaterale,
solo un teologo ecc.? Ma il Signore mi ha aiutato e, soprattutto, la compagnia
degli amici, di buoni sacerdoti e di maestri, mi ha aiutato”.
Donatello, San Marco; Firenze Orsanmichele |
Con questa disarmante semplicità, Benedetto XVI fece sua la perplessità
che, in modo più o meno esplicito circolava tra molti dopo la sua elezione a
successore di Pietro. Furono parole pronunciate durante un dialogo a cuore
aperto con i giovani di Roma, la sua diocesi, in occasione della XXI Giornata
mondiale della gioventù, il 6 aprile 2006. Benedetto XVI volle condividere con
loro il suo personale percorso di fede.
Un percorso di feconda umiltà, frutto di grazia e libertà, di certezza e timore
realistico, di slancio e di fiducioso abbandono. Un percorso che il giorno
della sua rinuncia al ministero petrino è stato evidente al mondo in tutta la
sua grandezza.
Lungo gli anni del suo pontificato ne abbiamo potuto riconoscere le pietre
miliari.
Anzitutto la grazia che è lo stesso Signore Gesù. Il primato di Cristo, cioè, dell’Amore incarnato di Dio nella vita del
cristiano, ci è stato richiamato con grande forza dall’enciclica Deus caritas est. Cardine del suo insegnamento è il
formidabile passaggio dell’incipit: “All’inizio dell’essere cristiano non c’è
una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con
una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione
decisiva”.
Da qui venne poi, con grande naturalezza, lo sviluppo proposto nel famoso
intervento al Convegno della Chiesa italiana a Verona (2006): “Io, ma non più io: è
questa la formula dell’esistenza cristiana fondata nel Battesimo, la formula
della risurrezione dentro al tempo, la formula della ‘novità’ cristiana
chiamata a trasformare il mondo”. Una novità, frutto del dono dello
Spirito, del tutto gratuita, per nulla da noi prodotta o meritata.
Un dato – in senso forte – cui far spazio e da accogliere.
La Vergine Maria rappresenta la figura compiuta della personalità e della
esistenza di Benedetto XVI, che da giovane, con occhi spalancati e cuore lieto,
saliva all’amato santuario di Altötting. Nell’Annunciazione, l’Immacolata
pronuncia quel fiat che dispiegherà con forza
nello stabat del Calvario e che nel mistero
dell’Assunzione troverà pieno compimento. Nella esperienza umana di Maria
brilla il significato compiuto della formula cooperare assentendo contenuta
nel Canone quarto del Decreto sulla giustificazione del Concilio di Trento. E’
questo l’orizzonte proprio del popolo cattolico, genuinamente espresso
nell’esperienza ecclesiale del popolo bavarese. Nell’appartenenza pienamente
consapevole a questa porzione significativa del popolo di Dio, si è formata la
vocazione e la missione del futuro Papa Benedetto.
Ma il percorso compiuto da Benedetto XVI ci offre una seconda indicazione, particolarmente preziosa perché illumina la
modalità attraverso cui la grazia sacramentale diventa incontro persuasivo e
affascinante per l’umana libertà. “Soprattutto, la compagnia degli amici, di
buoni sacerdoti e di maestri, mi ha aiutato”. La vita della comunità cristiana, infatti, è garanzia del cammino.
Una compagnia che esprime il volto della Chiesa e riempie i “grandi ambiti
nei quali si articola l’esperienza umana” (Discorso di Verona), come documenta
l’enciclica Caritas in veritate.
“La redenzione ci è offerta nel senso
che ci è stata donata la speranza, una speranza affidabile, in virtù della
quale noi possiamo affrontare il nostro presente” (Spe salvi 1). Queste parole illuminano
la risposta che la vita di Papa Benedetto continua a offrire a una domanda oggi
più urgente che mai.
Hans Urs von Balthasar, suo grande amico, la formulava così: chi è la
Chiesa? Il percorso cristiano e pastorale di Benedetto XVI, infatti, ripropone
limpidamente l’esperienza della prima comunità apostolica. Pietro, Giovanni,
Matteo, Paolo, Stefano, le donne… sono i primi anelli di una catena
ininterrotta di testimoni, storicamente ben documentata, che arriva fino a noi.
In essa si esprime la natura sacramentale della Traditio della Chiesa.
La grazia che è Gesù Cristo, vissuta
nella compagnia della Chiesa: mi sembra questo il dono che la vita di Benedetto
XVI continua a testimoniare alla nostra libertà.
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