L'allarme di un gesuita egiziano
tratto da Settimo Cielo di Sandro Magister
Tra dieci giorni, venerdì 28 aprile, papa Francesco atterrerà in un Egitto ancora scosso dai massacri della
domenica delle Palme, compiuti da musulmani in due chiese cristiane gremite di
fedeli.
Ma il mantra delle autorità vaticane, a cominciare dal papa, continua ad
essere che "l'islam è religione di pace". Vietatissimo parlare di
"guerra di religione" o di "terrorismo islamico".
Alla vigilia del viaggio di Francesco al Cairo, ecco però che essa è
ricomparsa di nuovo, ben argomentata, questa volta su "L'Osservatore Romano" ad opera di un
gesuita.
Padre Henri Boulad |
Il nome di costui è Henri Boulad. Ha
86 anni ed è nato ad Alessandria d'Egitto da una famiglia siriana di rito
melchita scampata ai massacri anticristiani del 1860. Vive al Cairo e quella
che segue è parte dell'intervista che ha dato al quotidiano della Santa Sede
datato 13 aprile, Giovedì Santo.
*
D. – Padre Boulad, lei è stato rettore del Collegio dei gesuiti al Cairo
dove hanno studiato tanti musulmani e cristiani, un esempio concreto di
convivenza. Eppure oggi il mondo sembra essere sotto attacco dallo stesso
islam.
R. – Ma di quale islam parliamo?
È questo il punto. Nel Corano ci sono i
versetti meccani e quelli di Medina. In
quelli scritti alla Mecca, Maometto fa un discorso molto aperto che parla di
amore, i giudei e cristiani sono nostri amici, non c’è obbligo nella religione
e Dio è più vicino a noi. La prima parte della vita di Maometto trasmette
dunque un messaggio spirituale, di riconciliazione e di apertura.
Ma quando Maometto lascia La Mecca per
fondare Medina, c’è un cambiamento. Da capo spirituale diventa un capo di
Stato, militare e politico. Oggi i tre quarti del Corano sono versetti di
Medina e sono un appello alla guerra, alla violenza e alla lotta contro i
cristiani.
I musulmani nei secoli IX e X hanno preso atto di questa contraddizione e
si sono messi insieme per tentare di risolverla, il risultato è stato che hanno
preso una decisione ormai famosa di "abrogante" e
"abrogato": i versetti di Medina abrogano quelli della Mecca. Non
solo. Il sufismo viene rifiutato e intere biblioteche vennero bruciate in
Egitto e in Africa del Nord.
Bisognerebbe allora riprendere i versetti originali che sono la fonte e che
sono appunto i versetti della Mecca, ma questi sono stati abrogati e ciò rende
la religione musulmana una religione della spada.
D. – Molti osservatori e analisti
parlano però di un islam moderato.
R. – L’islam moderato è un’eresia,
ma dobbiamo distinguere tra la gente e l’ideologia, la maggior parte dei
musulmani sono molto aperti, gentili e moderati. Ma l’ideologia presentata
nei manuali scolastici è radicale. Ogni venerdì i bambini sentono la predica
della moschea che è una continua incitazione: chi lascia la religione musulmana
deve essere punito con la morte, non bisogna salutare una donna o un infedele,
e per fortuna questo non è praticato, ma i fratelli musulmani e i salafiti
vogliono invece questa dottrina, i musulmani moderati non hanno voce e il
potere è nelle mani di chi pretende di interpretare l’ortodossia e la verità.
Ad avere oggi il potere non sono i musulmani che hanno preso dall’islam
quello che è compatibile con la modernità e con la vita comune con altra gente,
ma i musulmani radicali, quelli che applicano un’interpretazione letterale, e a
volte anche strumentale, del Corano e che rifiutano qualsiasi dialogo.
D. – Ma in questo modo negano
l’opera di tutti i grandi pensatori musulmani come Avicenna o Al-Ghazali.
R. – Sì, e questo è il punto sensibile. La riforma che c’è stata nella
storia dell’islam è stata rifiutata. Per esempio il califfo abbaside El Maamoun
nato a Bagdad nel 786 e morto a Tarso nel 833, seguace dei mutaziliti, i
razionalisti dell’islam, ha tentato una riforma, ma chi si ricorda oggi di lui?
È prevalso l’islam chiuso e rigoroso di Muhammad ibn Abd al-Wahhab. L’ultima
riforma è stata quella tentata dallo sheikh Mahmoud Taha in Sudan, che però a
Khartum è stato impiccato nella piazza della città perché aveva detto che i
versetti della Mecca dovevano abrogare quelli di Medina.
È un problema interno all’islam, che non offre risposte alle domande della
vita moderna e si trova di fronte alla necessità di riformare se stesso.
L’islam avrebbe bisogno di un Vaticano II.
D. – Oggi quali sono le sfide che
l’Egitto ha di fronte?
R. – Un fenomeno di cui si parla poco è l’ateismo. In Egitto ci sono oltre
due milioni di atei. Lo sono diventati perché non sopportano più la religione
come incitazione alla violenza o alle esecuzioni capitali. In questo non c’è
nulla di divino. Non vogliono più il fanatismo, la liturgia come ripetizione
meccanica di gesti e preghiere. E lasciare la religione è qualcosa del tutto
nuovo in Egitto e nel mondo arabo
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