Marc Chagall, Giobbe |
Il meeting di Cl in corso a Rimini, la Festa dell’Unità di
Bologna che comincia oggi e quella nazionale di Ravenna che parte domani si aprono invece lontano dai riflettori
principali in un clima di mestizia da un lato e di riflessione dall’altro.
Per la prima volta in questi luoghi simbolo della politica italiana non ci
metteranno piede i vertici del governo giallo-verde e questa asimmetria provoca
un certo disorientamento tra i protagonisti di tante stagioni. A Bologna poi la
Festa dell’Unità trasloca dopo 44 anni dal Parco Nord e si farà al chiuso nei
locali della Fiera con l’aria condizionata, un’altra suggestione sinistra per
la comunità dem. Il Pd guidato da Maurizio Martina sembra un pugile stordito e
alla Festa di Ravenna è riuscito nell’impresa di invitare il leader dei Cinque
Stelle, Luigi Di Maio facendosi dire di no e si dovrà accontentare della visita
istituzionale del presidente della Camera Roberto Fico. Gli organizzatori del Meeting non sembrano nemmeno troppo preoccupati
dello scarso successo mediatico della rassegna, anzi pensano che sia meglio
così. E anche dalle parti del Pd non ci si fa grandi illusioni sui numeri
delle Feste.
Con un presente da
incubo e un futuro incerto Pd e Cl si rifugiano nel passato: i dem a
Bologna hanno dedicato una sala della Festa ad Aldo Moro al leader della Dc,
nel quarantesimo anniversario della morte, rimarcandone lo stile da statista a
differenza, a giudizio dei dirigenti Pd, di Matteo Salvini alle prese con i
selfie in spiaggia. Comunione e
Liberazione ha invitato ai dibattiti profili come quello di Rocco Buttiglione e
di Luciano Violante, personalità di livello ma certo non con un grande avvenire
politico.
La nuova marginalità di quelli che sono stati i
rappresentanti di due grandi blocchi sociali del Paese, la sinistra e il mondo
cattolico, potrebbe però portare anche qualche beneficio. Sembrano un po’ come
quegli anziani che lasciano la sala da pranzo principale troppo affollata e
rumorosa e si rifugiano in libreria dopo aver mangiato. Il silenzio e la riflessione potrebbero anche aiutare a capire meglio
che cosa è successo davvero nelle urne lo scorso 4 marzo.
Come queste vecchie
chiese politiche possono uscire dalla marginalità? È la domanda delle domande
perché insieme a Forza Italia questi mondi sono percepiti come il vecchio e non
è facile contrastare questa lettura.
Nemmeno nel Pd d’ Emilia ci sono pensieri chiari. C’è l’idea
di dare vita ad un partito federale della vicepresidente della Regione,
Elisabetta Gualmini ma la proposta non convince tutti, c’è chi spera nei
comitati civici proposti da Matteo Renzi ma anche in questo caso sembra mancare
l’energia di un tempo. La sfida su come ripartire e con chi ripartire è di
quelle immani perché manca tutto e non si sa nemmeno chi deve ripartire: il Pd?
Il centrosinistra? Un fronte Repubblicano alternativo ai sovranisti? In attesa
di capire da dove ripartire e con chi, tanto vale provare a chiedersi allora da
cosa bisogna ripartire. E anche qui la sfida è difficile, i giallo-verdi hanno monopolizzato le risposte a due parole chiave:
immigrazione e protezione sociale.
Alla prima ha risposto Matteo Salvini alla sua maniera, alla
seconda i Cinque Stelle con una fortissima (per ora solo a parole) richiesta di
ritorno allo Stato. Dall’Emilia arrivano in questi giorni due risposte
alternative a quelle parole chiave, seppure solo sussurrate. Sull’immigrazione dalla Festa dell’Unità di
Bologna arriva la parola «integrazione», mai così fuori moda e contro vento:
la sala dibattiti centrale è stata dedicata alle vittime del Mediterraneo e ai
banchetti si raccoglieranno le firme per la legge sullo Ius Soli.
Dal meeting di Cl a
Rimini invece arriva la parola «sussidiarietà», il vero marchio di fabbrica del
Movimento. Al meeting hanno invitato i parlamentari del gruppo
interparlamentare sulla sussidiarietà (Pd, Forza Italia e centristi), mosche
bianche nel dibattito attuale. Sarà anche vero come dice Giorgio Vittadini
che verrà il tempo dei passisti e che in questo momento non ha senso seguire
gli scatti veloci degli scalatori (Lega e M5S) ma per come vanno le cose a Cl e Pd serve piuttosto tornare a Giobbe,
personaggio biblico al centro dell’edizione 2018 del meeting.
L’enigma di Giobbe
(«C’è qualcuno che ascolta il mio grido?») sembra anche l’enigma dei vecchi
partiti che a loro volta non hanno saputo ascoltare il grido che arrivava dal
Paese.
La buona notizia è che
Giobbe continuò ad avere fiducia e pazienza anche nei momenti peggiori. Si
potrebbe ripartire da lì.
Olivio Romanini
Corriere della sera Bologna 23/8
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