Papa Bergoglio al rientro dall'Irlanda ha detto molte cose importanti, una in
particolare tocca la cronaca, l'attualità, proietta la figura della Chiesa nel
gioco politico per la sua decisione e azione sui migranti della Diciotti
accolti dalla Cei.
Cosa ha detto Bergoglio? Prendiamo Repubblica, totem
dell'Italia illuminata, delle porte aperte:
Domanda di un giornalista: “In tanti vedono un ricatto
all’Europa sulla pelle di questa gente?”
Risposta: “Accogliere è un principio
morale vecchio come la Bibbia. Ma non si può accogliere alla “belle etoile”, ma in modo ragionevole,
con prudenza. Ho capito questa cosa con l’attentato in Belgio. L’hanno fatto i
figli di immigrati che erano stati ghettizzati. Un popolo che può ricevere ma
non può integrare è meglio che non riceva”
Le parole di Bergoglio sono chiare, fresche, limpide. Sul tema
dell'immigrazione non sono un punto di arrivo, ma di partenza. Suonano come un
richiamo, uno stormo di campane per quelli che “non esistono le frontiere”, gli
utopisti che non si pongono il problema del dopo, cioè del destino
dei reietti nel paese in cui arrivano e della loro integrazione - più spesso,
purtroppo, disintegrazione - nella società in cui si ritrovano
proiettati.
C'è il cuore, c'è l'integrazione e c'è la prudenza. Una
politica migratoria deve essere capace di tenere insieme queste cose, dare loro
uno svolgimento armonioso. Tutto questo in Italia non c'è. Non c'era ieri e non
c'è oggi. Ma la soluzione - se prendiamo le parole del Papa come un'indicazione
preziosa - non è quella sostenuta da chi vuole aprire le frontiere
a tutti. Non si può fare per le ragioni esposte da Bergoglio: "Un popolo che può ricevere ma non può
integrare è meglio che non accolga". L'Italia non può ricevere perché
non può integrare. O meglio, può ricevere poco perché non ancora capace di
integrare al meglio lo straniero che deve costruire da zero il proprio futuro.
Non pare sia una fake-news.
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