Joseph Zverina (1913-1990) sacerdote moravo, fu internato
durante la seconda guerra mondiale in un campo di concentramento tedesco, e nel
1952 fu condannato a 22 anni di lavori
forzati in un campo prigionia comunista. Liberato dopo 15 anni, divenne una delle personalità più autorevoli della
rinascita religiosa e civile in Cecoslovacchia, collaboratore del cardinal
Tomasek.
Nel 1970 scrisse "la Lettera ai Cristiani D’occidente", che dalla Cecoslovacchia arrivò in maniera rocambolesca in Italia, a don Giussani,
che la fece pubblicare e diffondere. Fu proprio la sua dura esperienza che lo
spinse ad indirizzare quella lettera ai cristiani dell’Occidente poiché, ai
suoi occhi, stavano smarrendo la loro identità cristiana. A suo parere i
cristiani di Occidente apparivano affogare nella vita agiata e nel lusso del
consumismo, annacquando quanto di più caro avevano ricevuto: la fede in Cristo.
In una parola si stavano omologando. Questa lettera è ancor più
importante per noi oggi perché viviamo in un clima accentuatamente esposto al
politically correct, dentro e fuori la Chiesa.
Come scriveva Zverina: “Forse significa che vi siete lentamente
perduti in essa? Purtroppo sembra che facciate proprio così. È ormai difficile
che vi ritroviamo e vi distinguiamo in questo vostro strano mondo”.
Don Francesco Ricci e Joseph Zverina
LETTERA AI CRISTIANI D'OCCIDENTE
JOSEF ZVERÌNA
«Fratelli, voi
avete la presunzione di portare utilità al Regno di Dio assumendo quanto più
possibile il saeculum, la sua vita, le sue parole, i suoi slogans,
il suo modo di pensare.
Ma riflettete, vi prego, cosa significa accettare questa parola. Forse significa che vi siete lentamente perduti in essa? Purtroppo sembra che facciate proprio così.
È ormai difficile che vi ritroviamo e vi distinguiamo in questo vostro strano mondo. Probabilmente vi riconosciamo ancora perché in questo processo andate per le lunghe, per il fatto che vi assimilate al mondo, adagio o in fretta, ma sempre in ritardo. Vi ringraziamo di molto, anzi quasi di tutto, ma in qualcosa dobbiamo differenziarci da voi. Abbiamo molti motivi per ammirarvi, per questo possiamo e dobbiamo indirizzarvi questo ammonimento.
"E non vogliate conformarvi a questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, affinché possiate distinguere qual è la volontà di Dio, ciò che è bene, ciò che gli è gradito, ciò che è perfetto" (Rm 12,2).
Non conformatevi! Mè syschematízesthe! Come è ben mostrata in questa parola la radice verbale e perenne: schema. Per dirla in breve, è vacuo ogni schema, ogni modello esteriore.
Dobbiamo volere di più, l'apostolo ci impone: "cambiare il proprio modo di pensare in una forma nuova!" - metamorfoûsthe tê anakainósi toû noùs. Come è espressiva e plastica la lingua greca di Paolo! Di contro a schêma o morphé - forma permanente - sta metamorphé - cambiamento della creatura. Non si cambia secondo un qualsiasi modello che è comunque sempre fuori moda, ma è una piena novità con tutta la sua ricchezza (anakainósis). Non cambia il vocabolario ma il significato (noûs).
Quindi non contestazione, desacralizzazione, secolarizzazione, perché questo è sempre poco di fronte alla anakaínosis cristiana. Riflettete su queste parole e vi abbandonerà la vostra ingenua ammirazione per la rivoluzione, il maoismo, la violenza (di cui comunque non siete capaci).
Il vostro entusiasmo critico e profetico ha già dato buoni frutti e noi, in questo, non vi possiamo indiscriminatamente condannare. Solo ci accorgiamo, e ve lo diciamo sinceramente, che teniamo in maggior stima il calmo e discriminante interrogativo di Paolo: "Esaminate voi stessi per vedere se siete nella fede, fate la prova di voi medesimi. O non conoscete forse neppure che è in voi Gesù Cristo?" (2 Cor 13,5).
Non possiamo imitare il mondo proprio perché dobbiamo giudicarlo, non con
orgoglio e superiorità, ma con amore, così come il
Padre ha amato il mondo (Gv3,16) e per questo su di esso ha pronunciato
il suo giudizio.
Non phroneîn - pensare -, e in conclusione hyperphroneîn -
arzigogolare -, ma sophroneîn - pensare con saggezza
(Cfr. Rm 12,3). Essere saggi così che possiamo discernere
quali sono i segni della volontà e del tempo di Dio. Non ciò che è parola
d'ordine del momento, ma ciò che è buono, onesto, perfetto.
Scriviamo come
gente non saggia a voi saggi, come deboli a voi forti, come miseri a voi ancor
più miseri! E questo è stolto perché certamente fra di voi vi sono uomini e
donne eccellenti. Ma proprio perché vi è qualcuno occorre scrivere stoltamente,
come ha insegnato l'apostolo Paolo quando ha ripreso le parole di Cristo, che
il Padre ha nascosto la saggezza a coloro che molto sanno di questo (Lc 10,21)»
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