Eugenio Scalfari era il pontefice del mainstream cui tutti hanno finito per allinearsi, compreso il mondo cattolico: prima, nonostante Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, poi con la collaborazione di Francesco. Il Papa pensava di dialogare con un laico, senza accorgersi che era quest’ultimo a mettergli in bocca la sua dottrina.
di STEFANO FONTANA
Eugenio
Scalfari, morto due giorni fa, non è stato solo un giornalista. È stato molto
di più. È stato un Papa. Il suo giornale – La Repubblica – è
diventato un nuovo vangelo da lui ispirato, guidato, e della cui dottrina era
l’interprete ufficiale e il garante. Repubblica è stata
la Summa del radicalismo borghese irreligioso della
postmodernità italiana. Sin da subito si è imposto come quotidiano militante,
religioso nel suo laicismo dogmatico, più avanti del Manifesto o
de L’Unità, perché completamente post-ideologico. Scalfari e Repubblica hanno
confermato e sviluppato le istanze del modernismo nichilista della modernità
italiana, hanno seminato l’età dei “nuovi diritti”, hanno esercitato un potere
ideologico di interdizione, di scomunica, di estradizione nei confronti degli
intellettuali non allineati all’autoritarismo del nuovo.
Scalfari era il Papa della chiesa dell’anti-Chiesa, rigida nei suoi
assunti, per niente tollerante con i dissenzienti, inquisitoria, attiva nel
proscrivere quanti non si allineavano. Repubblica era il nuovo vangelo letto dai preti e dalle
suore postconciliari, cui erano abbonati i seminari di tutta Italia, poi
copiato da Avvenire che, alla fine, divenne anch’esso un
piccolo Repubblica. Oggi, tutti i giornali italiani, tolto
qualche reprobo opportunamente vituperato dal sistema di potere mediatico,
sono Repubblica. Repubblica aveva conquistato alla
propria ideologia anche il Corriere, ma Il Giornale che
da quella consapevolezza nacque, alla fine tornò ad essere anch’esso una specie
di Repubblica.
Pannella, Bonino, i radicali, i verdi, la sinistra cattolica, il Partito
Democratico trasformatosi dal vecchio PCI, Renzi, i Cinque Stelle, tutti coloro
che ora vogliono occupare il “centro”, il presidente Mattarella… null’altro
esprimono se non l’ideologia di Repubblica e
di Scalari: laicismo, soggettivismo radicale, nuovi diritti, cultura borghese
allo stato puro, proceduralismo istituzionale.
Scalfari ha dettato l’orizzonte di comprensione dell’Italia di oggi,
l’Italia del divorzio e dell’aborto, della legge Cirinnà e del ddl Zan,
l’Italia anti-famiglia e anti-vita, l’Italia prona ai poteri forti
internazionali, l’Italia che vuole + Europa e - Italia, l’Italia che reclama le
“transizioni” presentandole come la salvezza. Scalfari era un Papa, era capo di una religione e
annunciava la salvezza. Il mondo cattolico ne è stato catturato. Repubblica entrò
nelle parrocchie. Ricordo quando Giovanni Reale chiamò Scalfari a parlare alla
Cattolica di Milano per dire che noi uomini siamo come delle formichine
sperdute nell’universo, senza senso, senza capo, senza un fine.
Il cattolico
che non leggesse Repubblica era considerato fuori tempo e fuori
dal proprio tempo. Nessun quotidiano pensò mai, come Repubblica, di
essere una nuova Bibbia. Nessun giornalista pensò mai, come Scalfari, di essere
un nuovo evangelista.
Con Giovanni Paolo II e Benedetto
XVI Repubblica e Scalfari fecero man bassa tra i cattolici, ma
era chiaro che ciò avveniva nonostante quei Pontefici.
Comunione e Liberazione non leggeva Repubblica, la Comunità di
Sant’Egidio, l’Azione cattolica e gli Scout leggevano Repubblica.
Con Francesco è come se tutti i
cattolici leggano ora solo Repubblica.
Tutti sono ormai allineati al nuovo credo. Oggi sono i cattolici a chiedere
divorzio e aborto, sono i vescovi cattolici a volere la legge Cirinnà e il
suicidio assistito. Nel Nuovo Testamento di Repubblica si incontrano le fedi di Cappato e di Avvenire.
Appena eletto Papa, Francesco cominciò ad incontrare Eugenio Scalfari.
Francesco doveva essere il Papa, e Scalfari il laico. Invece Francesco era il
laico e Scalfari il Papa. La religione di Scalfari era definita, a tutto
tondo, con dogmi ben precisi, intollerante e capace di inquisizione, voleva
convertire e fare proseliti anche Oltretevere, voleva far valere la propria
superiorità argomentativa, provocare, dissacrare. Nei colloqui con Francesco, Scalfari interpretava lo stesso Francesco,
che non rettificava, gli metteva in bocca le proprie parole, che l’altro
pronunciava, gli faceva contraddire le verità di fede cattolica, e l’altro
ubbidiva.
Scalfari era
il Papa che insegnava, esplicando il proprio magistero di Papa, senza paura e
privo di un minimo senso ecumenico. Per lui – ateo, nichilista e disperato – la
verità era una sola.
Francesco
giocava di rimando, non precisava quando l’altro, il Papa, gli faceva dire cose
non da Papa, era interessato al dialogo anche se era a senso unico, si compiaceva
di scandalizzare con le parole suggeritagli da Eugenio. Voleva essere laico,
pensava di avere davanti a sé un laico, ma aveva un Papa, il Papa della nuova
religione della irreligione.
La storia di Francesco e di Eugenio Scalfari è la storia di una Chiesa che fa
di tutto per essere laica e non più una religione e che non si accorge che il
laicismo è la nuova religione e che non è per niente laico. Mentre il Papa
gioca a non fare più il Papa, altri Papi ne occupano il ruolo.
Mentre la
Chiesa cattolica tollera e dialoga, le nuove chiese del laicismo postmoderno
pontificano.
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