Don Giussani, un giorno di tanti anni fa, mi fissò e mi disse d’improvviso: «Come ama lui… non c’è nessuno». Ecco la presentazione del libro "Luigi Amicone, l'anarcoresurrezionalista"
Il testo pubblicato di seguito è la
postfazione di Annalena Valenti, moglie di Luigi Amicone, alla raccolta di scritti
scelti del fondatore di Tempi edita
da Itaca, in libreria dal 15 luglio. Sabato 16 luglio il libro – Luigi Amicone, l’anarcoresurrezionalista (176
pagine, 15 euro) –è stato presentato a Caorle (Ve) in piazza Vescovado alle
21.30 da Giuliano Ferrara (autore della prefazione), Gian Micalessin e Davide
Prosperi all’evento “Chiamare le cose con il loro nome”, prima edizione del
premio Luigi Amicone per il giornalismo e la comunicazione.LUIGI AMICONE
* * *
«Non
sei più corpo: non sei più travaglio:
solo sei luce: trasparente luce
d’ottobre, al cui tepor nulla matura
perché già tutto maturò: chiarezza
che della terra fa cosa di cielo».
Ada Negri
Quando mi chiedono come sto, non so cosa rispondere.
Quando mi chiedono cosa avresti detto e scritto di Putin, della guerra, della
Nato, di Biden, non so cosa rispondere. Perché sì, sappiamo tutti cosa pensavi
e scrivevi, ma come immaginare l’imprevedibilità del tuo pensiero qui ed ora,
se non della tua presenza? Ma quando mi chiedono cosa lasci nel mondo, cosa c’è
ora di te, so cosa rispondere. E solo di questo voglio parlare. Di ciò che c’è,
perché non conta l’aver amato, ma l’amare, scrive il tuo amico Pasolini (e non
oso pensare alla grandezza ora tra voi).
E così ho già introdotto l’unica parola di cui voglio
parlare per far capire a chi leggerà questo libro da dove nasca tutto quello
che hai fatto, scritto e generato. La sola parola non pronunciata ma sottesa,
l’ordito nella trama di telegrammi, articoli, lettere personali intravista da
tutti, proprio tutti quelli che hanno scritto e detto di te dopo la tua morte.
La parola che non si osa dire, forse perché svuotata del suo significato,
eppure inseguita da tutti, ripetuta oggi all’infinito senza che l’infinito
traspaia mai, la più potente che esista, forza creatrice, la più vera a
descriverti e che solo il nostro grande amico Giussani osava pronunciare
sempre, per sempre e in tutta la sua potenza trasformatrice, con la lettera
maiuscola perché dipendente da Altro: Amore.
Senza introdurre questa parola non si può comprendere
del tutto Luigi, né l’anarcoresurrezionalista, come lo chiamate a Tempi,
e neppure tutto quel che ha scritto e che trovate in piccolissima parte in
questo libro, né lo sguardo di simpatia all’uomo, chiunque fosse, e neanche da
dove nascesse l’ipotesi sempre positiva con cui Luigi accostava la realtà
tutta.
Mi disse Giussani, un giorno di tanti anni fa, mentre immagino, anche se non ricordo precisamente, mi stessi lamentando di qualcuno dei problemi in cui Luigi mi lasciava, ecco Giussani mi fissò, tanto da essere costretta a fissarlo negli occhi a mia volta, io che non lo facevo mai, e mi disse d’improvviso: «Come ama lui… non c’è nessuno», proprio così disse.
L’Amore di Luigi per la realtà in quanto “dato”,
“mistero”, “dono”, “miracolo”, che coincideva con quello che aveva scritto e
trovato in Hannah Arendt, quando ce la fece conoscere. L’Amore per il gran mare
dell’essere lo ha stupito e interessato a tutto ciò che esisteva ed era
esistito. Nessuna continuità spazio-temporale. Neppure il rapporto con la morte
gli faceva paura, andare dagli amici malati era accompagnarsi al destino.
Totale, ragionevole e affettivo, sempre coniugato al presente era il
coinvolgimento nel rapporto con Wałęsa, Havel, e Bruno e il giornalaio sotto
casa e Testori, e anche Pasolini, Leopardi e il vicino dei Cinque stelle e poi
le donne, Flannery, Marina, Chiara, Hannah, Angelica, Anna, e la Storia
dei Longobardi di Paolo Diacono, letto appena privato di metà polmone,
e L’Annuncio a Maria, e tutto Giussani, sempre letto, animato dalla
stessa passione fosse stato gettarsi nella bolgia televisiva o in quella
condominiale (e tutto questo è minuscola goccia nel grande mare dell’essere in
cui Luigi si tuffava), e il mitico muro di Trinità d’Agultu e poi Dante, Kafka,
i diari e Grossman, la Madonna Sistina e Eliot (solo il
Signore tolkieniano e fantastico non siamo mai riusciti a fargli digerire io e
il suo amico), e la politica, Berlusconi, Pannella, non c’è persona o cosa che
sia entrata nel suo campo visivo e che non sia stata investita da Luigi
“Tempesta di vita”.
L’Amore in Luigi è stato generatore di vita, visione
positiva e certa dell’esistenza, e lo continua ad essere, e non solo perché
insieme abbiamo fatto sei figli, che alla fine è la cosa più grande lasciata al
mondo, intendo l’amore generatore come rapporto, che parrebbe impossibile, con
l’altro, amore incondizionato, unica strada percorribile all’amore vero, solo
motivo per cui si può riconoscere l’altro per quello che è. Concentrato in
quello sguardo che penetra e da cui ti senti incredibilmente attratto, amato,
tanto da volere, magari per un secondo, essere anche tu così. Di questo mi
hanno parlato tante persone, di quello sguardo e affetto amoroso e positivo da
cui si sono sentiti abbracciati, sostenuti, spinti, spronati, sfidati anche
all’ultimo duello, e non crediate che da lì dov’è non continui. I nostri figli
e nipoti, i suoi studenti, i giovani giornalisti lanciati nel mondo, gli amici
di sempre, gli amici “comunisti” e gli amici speciali “fine pena mai”, i
colleghi giornalisti e quelli del Consiglio comunale, tutti travolti da
quell’amore che assomiglia più a qualcosa che ti investe come un mistero che a
un’azione che fai tu.
Quando mi incontrate, allora, parlatemi di voi e della
Tempesta di vita, e con questa espressione coniata da Giussani, non intendendo
solo il fatto che ho registrato come puro avvenimento il giorno 18 dicembre
2021, ore 11.34, quando, durante il matrimonio di nostra figlia, mentre il
prete aveva da poco detto che comunque «Luigi è qui presente», e l’emozionata
lettrice recitava la prima lettura, Cantico dei cantici 8, lì
dove si dice «perché forte come la morte è l’amore», a Milano si è registrato
un terremoto. Non voglio assolutamente scioccare il sentimentalismo di chi
pensa che esista solo ciò che si vede, traendo qualche riflessione mistica.
L’ho registrato, da vera razionalista mammaoca che vive nel Regno delle fate,
come puro fatto capitato, insieme a qualche altro, di cui neppure dico, a meno
che non me lo chiediate quando mi incontrate.
Perché l’Amore continua ad agire, se non ci fosse più
niente? Perché la tristezza, e piangere e ridere insieme, e l’angoscia che si
annida nel cuore della felicità? Perché? Perché bramiamo il per sempre? E il
tempo, cos’è il tempo, e l’uomo, perché te ne curi? L’amore è così forte che
assume in sé anche la morte, dicevi, perché l’impossibile c’è. Da che venne
Cristo la tigre.
Incredibile, assurdo, profetico osa dire qualcuno, che
ne avessimo appena parlato, così come, sempre il 17 ottobre, abbiamo letto
insieme la poesia che dovevo pubblicare, «chiarezza che della terra fa cosa di
cielo», parlando della grandezza di Ada Negri che sempre rilancia oltre le
parole: la chiarezza limpida e sicura di quel ponte tracciato tra terra e
cielo, tra le cose della terra e il loro senso. La trasparente luce che ora
vedi. Per sempre.
A voi
ancora non nati, e che pur vedo dedico questi canti.
Quando voi li leggerete, io, che ero visibile, sarò diventato
invisibile,
e voi saldi, visibili, realizzando questi poemi, cercandomi,
immaginerete quanto sareste felici, se io potessi stare fra voi e
diventar vostro compagno;
Sia come se fossi tra voi. (Né siate troppo sicuri che io con voi non
sia già ora).
Walt Whitman
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