domenica 29 novembre 2015

PER RIALZARCI DOBBIAMO STARE IN GINOCCHIO A PREGARE.


LA LEZIONE DEL CARDINALE SARAH

Novembre 25, 2015 Benedetta Frigerio

W. Metcalf , lungo la costa del Suffolk
«Dio o niente è solo un libro per proteggere l’uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio. Dio o niente è solo un libro scritto per aiutare l’uomo a tornare a Dio. Dio o niente è un libro scritto per fermare le guerre. Dio o niente è stato scritto pregando». Martedì sera 24 novembre il cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, invitato a parlare nella chiesa di Santa Maria in Vallicella di Roma, ha affrontato il tema della crisi economica, antropologica, ecclesiale e del terrorismo islamico, presentando il suo volume pubblicato nel luglio 2015 e già tradotto in 12 lingue.

LE CHIESE COME TOMBE. Dopo aver pregato sulla tomba di San Filippo Neri a cui ha affidato il suo scritto, Sarah ha preso la parola, ribadendo con forza che l’unica via di uscita dalle innumerevoli crisi è quella di dimenticare le logiche e il consenso umano per rivolgersi a Dio. Il cardinale è partito descrivendo la crisi di fede all’interno della stessa Chiesa cattolica, in cui sembra non esserci più «strada morale e dottrinale certa». Il male dei mali, da cui tutti gli altri discendono, è «l’eclissi di Dio», per cui «l’uomo di oggi senza distinzione di cultura e continente si orienta solo al possesso dei beni materiali». Ecco perché siamo agli albori di una “terza guerra mondiale”, cominciata con «la scusa di esportare la democrazia occidentale, creando caos soprattutto in Medio Oriente».
Ma quel che favorisce maggiormente il fondamentalismo islamico e le guerre è il fatto che «in Occidente Dio è morto e siamo noi ad averlo ucciso, noi siamo i suoi assassini. Le nostre chiese sono le tombe di Dio che molti fedeli non frequentano più per evitare di sentire la putrefazione di Dio. E così l’uomo non sa più da che parte va». Dio sarebbe stato sostituito da molteplici dei, «la tecnologia, il piacere senza limiti, la libertà», tutte cose che «rispetto a Dio sono nulla». Ma i cristiani hanno smesso di cercarlo e così, «senza lode, preghiera e adorazione, ci sono solo guerre, delusioni e smarrimento, odio, litigi e lacerazioni».

IL RAPPORTO CON L’ISLAM. Secondo il cardinale a radicalizzare la lotta fra islam e cristianesimo è la mancanza di fede, dove il tradimento dei valori cristiani «esaspera sicuramente i musulmani». Ricordando gli omicidi di Saddam Hussein, Bin Laden, Gheddafi, i cui cadaveri sono stati gettati nel mare o nel deserto e profanati, ha sottolineato che questi atti «non hanno nulla a che vedere con il cristianesimo». Dall’altra parte, «in Sudan il valore di un cristiano è pari a quello di un legno da bruciare, perché l’islam ci considera infedeli».
Per il cardinale, dal punto di vista «teologico e della fede, non è possibile dialogare, perché i musulmani non credono in Gesù Eucarestia e nella Trinità». Ma «un dialogo umano è possibile», partendo dall’umanità comune, «da ciò che ci unisce come i valori della famiglia e della vita». Anche se ora il dialogo è «minacciato dalle tensioni».
Qual è allora la via? La stessa che secondo Sarah risolverebbe tutti gli altri problemi elencati: «La preghiera, perché solo migliorando il mio rapporto con Dio, lui migliora quello fra gli uomini, senza questo avremo sempre guerre, odio e lacerazioni. Dobbiamo dare tempo a Dio».

SINODO E FAMIGLIA. Sarah ha affrontato anche tematiche di cui si è largamente discusso durante l’ultimo sinodo della famiglia. «La Chiesa – ha spiegato – si trova in una situazione sconcertante. Alcuni prelati, soprattutto nelle nazioni ricche, sono disposti benedire e accogliere queste unioni che chiamano matrimonio». Ma questo non ha nulla a che vedere con la misericordia di Cristo, dato che «la fede è un’obbedienza a una persona che viene verso di me, esprimendo il suo amore e la sua volontà di salvarmi, ma soprattutto a chiedermi di vivere la sua vita. Perché io sono fatto per vivere con Dio e diventare come Lui». Senza lo sguardo di Dio si cade nella tentazione di modellare le cose secondo un punto di vista umano, «di modellare la famiglia», come hanno fatto «gli stessi padri sinodali, per cui nella relazione finale del sinodo restano delle ambiguità». Sarah ha fatto notare la citazione parziale della Familiaris Consortio stravolta nel suo suo senso, dove l’unica «speranza è che il Santo Padre, che questa estate ha fatto catechesi sulla famiglia perfetta, dica una parola chiara», in linea con «il magistero precedente».

FEDE E CORAGGIO. Alla domanda su come combattere quella definita come «un’apostasia silenziosa» della Chiesa, Sarah ha ricordato che «l’uomo diventa grande solo quando si inginocchia a pregare» e che la preghiera dà anche il coraggio necessario oggi: «Pietro aveva un comportamento ambiguo con i pagani e Paolo lo rimprovera (…). Non preoccuparti di piacere agli uomini, perché ciascuno di noi deve rispondere a Dio. Dobbiamo avere il coraggio della fede e della verità, perché tanti sono morti per questo (…) Dovete avere il coraggio di seguire Cristo e di portare la croce ogni giorno. Il vangelo è una realtà esigente e difficile» ma solo «questa salva gli uomini».
Incoraggiando i laici e religiosi, Sarah ha concluso: «Dobbiamo manifestare la nostra fede con coraggio anche a costo della vita (…) “abbiamo bisogno di testimoni”, dicono tutti. Ma i testimoni hanno bisogno di morire».




HOME IS WHERE ONE STARTS FROM


Scogliera di St. Albany's head
Casa è il punto da cui si parte.
Man mano che invecchiamo
il mondo diventa piú estraneo, la trama piú complicata
di morti e di vivi. Non il momento intenso
isolato, senza prima né poi,
ma tutta una vita che brucia in ogni momento
e non la vita intera di un uomo soltanto
ma la vita di vecchie pietre che non si possono decifrare.
C’è un tempo per la sera con la luce delle stelle
 un tempo per la sera al paralume
(la sera con l’album delle fotografie).
L’amore è piú vicino a sé stesso
quando il qui e l’ora non importano piú.
I vecchi dovrebbero essere esploratori,
il qui e l’ora non importano
noi dobbiamo muovere ancora, e ancora
verso un’altra intensità
per un’unione piú completa, una comunione piú profonda
 attraverso il buio freddo e la vuota desolazione,
il grido dell’onda, il grido del vento, la vastità d’acqua
della procellaria e del delfino.
Nella mia fine è il mio principio.

T.S.ELIOT
EAST COKER/V tempo

nel giorno del mio ritorno a casa

sabato 14 novembre 2015

L'UMANITA' PERDUTA

ATTACCO ALLA FRANCIA: MA LA RABBIA NON BASTA 

Hanno colpito il teatro Bataclan facendo 100 morti, hanno colpito uno stadio, hanno colpito dei ristoranti, hanno colpito la vita, la nostra vita. Hanno seminato dolore, morte, orrore. Hanno ucciso padri, madri, figli e amici. E ognuno di loro aveva una sola colpa: quella di esistere e di vivere nel nostro mondo, il mondo che la nostra civiltà e i nostri padri hanno costruito. E ce l'hanno fatta. Ce l'hanno fatta perché ora piangiamo, ce l'hanno fatta perché adesso abbiamo paura, ce l'hanno fatta perché ci hanno lasciato sgomenti e attoniti. Hanno fermato il nostro venerdì sera, hanno fermato i sorrisi, le battute, quella voglia di incontrarsi e di farsi compagnia che ci rende tutti così simili, così fratelli.


Stanotte i terroristi hanno ammazzato mio fratello, hanno ammazzato mia sorella, quell'estraneo che non ha volto, ma che ha i miei stessi occhi, le mie stesse mani, il mio stesso cuore. E quei terroristi non sono alieni o esseri di un'altra specie. Sono uomini ridotti a bestie dalla loro ideologia, dal loro fondamentalismo, dalla loro furia purificatrice.

Uomini schiavi del loro odio hanno ferito la nostra libertà. E a noi che cosa resta? In questa ecatombe di massa, olocausto dell'Europa del secondo dopoguerra, resta rabbia, resta terrore, resta sgomento. Forse questo ci basterà per qualche giorno, forse questo chiuderà le porte delle nostre frontiere, forse ci porterà davvero verso una nuova e terribile guerra, ma questo - passate le lacrime, passato il risentimento, passato l'orrore - non ci basterà.
Perché la rabbia, il terrore e lo sgomento ci conducono nel nulla, nella violenza, nel loro stesso odio. E di odio non si vive, con il nulla non si sta in piedi. Magari si reagisce, magari si decide. Ma non si vive.

Perché sotto il Cielo d'Europa, questa notte, il nostro cuore brama di difendere la libertà, ma brama soprattutto - e ancor di più - una cosa semplice ma in questo momento rara, perduta. In mezzo a quei cadaveri, che raccontano qualcosa di forse più terribile dello stesso nazismo, quello che andiamo cercando è solo uno sguardo d'amore. Quell'amore che - paradossalmente - i mostri di Parigi non hanno mai saputo abbracciare. Così impegnati nella loro vendetta, così decisi a portare a termine la loro guerra. Una guerra che, dopo questa notte di sangue, ci trova tutti più soli, ci trova tutti più con le spalle al muro, spietatamente sfidati a chiederci - senza appello - quale civiltà, quale Europa, siamo davvero intenzionati a consegnare ai nostri stessi figli.


La libertà non si conquista una volta per tutte. In ogni generazione c'è bisogno di un Io che la riconquisti. E all'alba di questo nuovo giorno che si accende davanti a noi sembra essere questa la cosa più importante, la cosa più urgente, la cosa più vera. L'unica cosa veramente umana dopo tutti i nostri pianti, dopo tutto questo nostro lacerante e indicibile dolore.

FEDERICO PICHETTO
da ilsussidiarionet 14 novembre

giovedì 12 novembre 2015

QUALE PARTITO? MEGLIO RICOSTRUIRE LA SOCIETÀ


di Robi Ronza
10-11-2015


E noi adesso dove ci andiamo a collocare? Intendendo con questo “noi” tutti noi che crediamo vi siano più stelle in cielo che nella nostra filosofia; e che desideriamo per il nostro Paese uno sviluppo nella libertà in ciascuno possa guadagnarsi il pane senza dannarsi l’anima e cercando infine di lasciare dietro di sé un mondo migliore di quello in cui era nato. Dopo il comizio di Salvini, Berlusconi e Meloni in Piazza Maggiore a Bologna gremita domenica scorsa di leghisti, dopo l’esordio in teatro a Roma sabato scorso della nuova Sinistra Italiana, una cosa vecchia che più vecchia non si può, e mentre Renzi continua a dare il peggio di sé, la domanda si impone.

Sullo statalismo e sul centralismo che caratterizza il progetto politico di Renzi, sulla sua prospettiva liberticida e perciò fallimentare, non torno specificamente qui perché già più volte ne abbiamo parlato. Con la sua riforma costituzionale Renzi mira a riportare il Paese all’Italia dei tempi di Giolitti, in realtà ben lontana da quella di oggi, e con l’aggravante che lui non è Giolitti. Il progetto politico di Renzi è perciò un albero avvelenato, che ben presto avvelenerà anche quei buoni frutti che eventualmente dovesse dare (ma che finora non si vedono). Con tutto questo nell’area di sinistra il Pd di Renzi è il meglio del peggio, ma ciò non può essere motivo di consolazione.

Ciò detto da quale altra parte ci si può mai volgere? Il terzetto al centro del comizio di domenica a Bologna faceva venire i brividi. Lasciamo stare Giorgia Meloni, equivalente politico dell’abbacchio e del vino di Frascati: un personaggio anche simpatico, ma non spendibile fuori Roma. Restano Berlusconi e Salvini: il primo è il passato, che comunque è passato, mentre il secondo è la minaccia di un ben triste futuro. Può darsi che in seguito la vita o i suoi consiglieri possano insegnargli qualcosa, ma per il momento Salvini è brama di potere allo stato puro. Un uomo presuntuosamente sicuro di sé, come può esserlo soltanto chi ha studiato poco o niente; poco o niente non solo sui libri ma nemmeno alla scuola della vita, quella che rendeva i contadini di un tempo in sostanza più colti della maggior parte dei laureati di oggi.

Restano quelli del Movimento 5 Stelle con cui alla ribalta della vita pubblica italiana è tornato il male antichissimo del farisaismo con la sua tipica pretesa di costruire la propria innocenza puntando l’indice accusatore sul resto del mondo.  Con un progetto politico che attinge a quanto c’è di più buio nell’eredità giacobina.

Potremmo anche domandarci come mai, in così poco tempo, da così imponente che era la presenza cristiana nella vita pubblica del nostro Paese sia divenuta oggi così insignificante. Forse però non è nemmeno il caso di soffermarsi tanto a considerare come mai si sia arrivati a questo punto. Diventa più importante domandarsi che cosa si può fare per ripartire. In questo quadro la presenza nelle istituzioni, o più realisticamente la sopravvivenza in esse di quelli che già ci sono, ha il suo peso non foss’altro che per… legittima difesa, ma non ha un ruolo principale.

Siamo arrivati a una situazione che per vari aspetti assomiglia a quella in cui la gente di fede era in Italia nel ‘900, all’inizio del secolo scorso. Come allora occorre ripartire dalla società, occorre impegnarsi a dare in sede civile quelle risposte a noi stessi e agli altri che la politica non dà più. Perciò è decisivo mobilitarsi, come purtroppo sin qui mai in Italia ci si è mobilitati, per conquistare la libertà d’educazione sviluppando frattanto tutto ciò che occorre perché essa non si trasformi in un’occasione persa. 
Nel futuro prevedibile non si può sperare dalla politica niente di nuovo e niente di importante. Sarà ragionevole alle elezioni che verranno andare a votare e votare qualcosa e qualcuno che sia il meglio possibile nelle circostanze date, ma senza lasciarsi risucchiare in un campo che oggi non è strategico. L’alternativa va costruita altrove.





mercoledì 11 novembre 2015

CRISTIANI BRAVA GENTE


 
Osserva Tertulliano (Apologeticum 3,1-2) che molti odiano tanto il nome cristiano che, anche quando parlano bene di qualcuno di noi, ci aggiungono la disapprovazione del nome: «Brava persona Gaio Seio, peccato soltanto che sia cristiano (Bonus vir Gaius Seius, tantum quod Christianus)», oppure: «Io mi meraviglio che Lucio Tizio, uomo saggio, improvvisamente sia diventato cristiano (Ego miror, Lucium Titium, sapientem virum, repente factum Christianum)». Così facendo, nota argutamente, essi «lodano ciò che conoscono e biasimano ciò che ignorano» oppure «disapprovano ciò che conoscono a causa di ciò che ignorano».

Cos'è che manca, perché la testimonianza di una "buona umanità" in noi cristiani sia percepita per quello che è veramente, cioè una dimostrazione della grazia divina che opera in noi?
Manca il nesso tra quella virtù che si vede, e che pure viene stimata, e la verità su cui si fonda, che invece non si vede. «Nessuno considera se Gaio è bravo e Lucio è saggio proprio perché è cristiano, oppure se è cristiano proprio perché è saggio e bravo (Nemo retractat, ne ideo bonus Gaius et prudens Lucius, quia Christianus, aut ideo Christianus, quia prudens et bonus)».
La testimonianza della virtù (o, come preferiamo dire, di un'umanità nuova) da sola non basta. Occorre che indichi, anzi che esiga questo nesso. Come avviene nel martirio. È questo, forse, il punto critico, oggi come allora.
DAL BLOG DI leonardo lugaresi
.https://leonardolugaresi.wordpress.com/2015/11/11/cristiani-brava-gente/

domenica 8 novembre 2015

MA CHE COS’È UNA FAMIGLIA?”



Dialogo con Fabrice Hadjadj, il filosofo francese autore di 
“Ma che cos’è una famiglia?” (edizioni Ares).


Fabrice Hadjadj, che ne pensa del Sinodo sulla famiglia appena concluso e della eco che hanno avuto alcuni degli argomenti dibattuti nel suo corso?

Il Sinodo ha invitato al discernimento, a discernere la situazione nuova in cui si trova l’essere umano e a recuperare l’insegnamento della Humanae Vitae, la profetica enciclica di Paolo VI dove si legge che «l’uomo ha compiuto progressi stupendi nel dominio e nell’organizzazione razionale delle forze della natura, così che si sforza di estendere questo dominio al suo stesso essere globale; al corpo, alla vita psichica, alla vita sociale, e perfino alle leggi che regolano la trasmissione della vita». Il dominio tecnologico ha portato con sé degli interrogativi che mai l’umanità si era dovuta porre. Ciò che per gli antichi era semplicemente necessità, per noi è diventato o sta diventando scelta. Volete invecchiare o restare giovani? Volete morire o vivere per sempre? Volete dei figli per la via sessuale, con tutti i rischi connessi per la loro salute e la casualità del loro patrimonio genetico, o volete avere figli sani e forti, selezionati in laboratorio? Volete restare nel vostro corpo di carne o volete moltiplicare i vostri alter ego virtuali? I filosofi e la Chiesa non hanno mai dovuto legittimare il fatto che si muore o il fatto che si nasce da un uomo e da una donna: erano evidenze. Oggi chi cerca di legittimare la sofferenza, la vecchiaia, la morte è giudicato crudele. E siccome la Chiesa continua a fare questo, è considerata il luogo della crudeltà e non della compassione. La compassione sta dalla parte della tecnologia: un bambino geneticamente selezionato attraverso le biotecnologie sarà più sano e potrà meglio integrarsi nella società; un bambino che nasce benché portatore di handicap come esige la Chiesa soffrirà. Noi cristiani siamo i più crudeli di tutti, perché vogliamo che la gente continui a soffrire e a morire.

Messa così, non si vede nessuna via di scampo…
Non siamo alla ricerca di soluzioni. Se cerchiamo la ricetta per la buona famiglia cristiana, abbiamo già sbagliato: ci siamo fatti assorbire anche noi dal paradigma tecno-economico. Proviamo a partire da quello che papa Francesco dice nella Laudato si’, dalla sua critica radicale del paradigma tecno-economico: lui dice che solo se cambiamo modo di vivere possiamo resistere. E per esempio al paragrafo numero 120 scrive: «Non è neppure compatibile la difesa della natura con la giustificazione dell’aborto. Non appare praticabile un cammino educativo per l’accoglienza degli esseri deboli che ci circondano, che a volte sono molesti o importuni, quando non si dà protezione a un embrione umano benché il suo arrivo sia causa di disagi e difficoltà: “Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono” (Caritas in veritate, n. 28)». 

L’AMERICA PROGRESSISTA E LE GROTTESCHE FOLLIE LGBT

LA GUERRA CULTURALE SI VINCE NEI BAGNI DI HOUSTON

New York. La guerra culturale si combatte innanzitutto nei cessi pubblici, e in quelli di Houston martedì ha vinto il fronte conservatore. Una ordinanza antidiscriminazione a tinte arcobaleno che permetteva, fra le altre cose, ai transgender di scegliere il bagno che meglio li rappresentava (in attesa della diffusione globale della toilette neutra) è arrivata all’esame degli elettori sotto forma di quesito referendario, e loro l’hanno seppellita sotto una maggioranza da oltre il 62 per cento.

L’Houston Equal Rights Ordinance (Hero), approvata a maggio dal consiglio cittadino, prevedeva multe da cinquemila dollari per chiunque discriminasse un altro individuo in vario modo in base a sesso, razza, etnia, nazionalità, età, religione, disabilità, stato di gravidanza, informazioni genetiche, stato famigliare, coniugale o militare. Non era la semplice introduzione di qualche aggravante per omofobia o simili, ma un Vangelo della lotta contro la discriminazione, un disegno di legge paradisiaco per le minoranze minacciate e per gli adoratori dell’uguaglianza di fronte alla legge, supremo principio dal quale si può dedurre qualunque cosa. 

La norma era talmente vaga che un mese dopo l’approvazione, la Corte suprema del Texas ha detto che la legge andava rivista oppure sottoposta al giudizio del popolo, e così è nato il referendum sul “bathroom bill”, difeso come un sol uomo dal sindaco di Houston, dall’establishment democratico, da Hollywood, e pure dalla Casa Bianca, che ha preso parte con un comunicato in cui si premette che il governo non prende parte in queste decisioni: “Il presidente e il vice presidente sono forti sostenitori di iniziative a livello statale e locale per proteggere gli americani dalla discriminazione sulla base di chi sono e chi amano”.

I sostenitori di Hero hanno speso 3 milioni di dollari per la campagna, il triplo degli avversari, i quali però hanno trionfato a mani basse. Questi arcigni conservatori texani, si dirà. Ma questi arcigni conservatori texani hanno eletto sindaco di Houston per tre volte una signora lesbica di nome Annise Parker, sposata e con tre figli, che all’ultima tornata ha dato 30 punti percentuali di distacco al rivale repubblicano. Difficile sostenere che la quarta città degli Stati Uniti è la sentina dell’omofobia. Piuttosto, come dice il vicegovernatore Dan Patrick, antagonista vittorioso della legge, un conto è non discriminare, un altro punire con aggravanti chi semplicemente non aderisce al dettato della maggioranza: “Sappiamo nel nostro cuore e nella nostra pancia di americani che questo non è giusto”. 
Circa duecento città americane hanno approvato leggi simili a Hero, ma proprio per la spinta del sindaco, che ha un passato da attivista lgbt, quella di Houston voleva affermarsi come benchmark della battaglia progressista di oggi e di domani. Gli elettori non hanno gradito. Così come gli elettori dell’Ohio non hanno gradito il tentativo di legalizzazione della marijuana per scopo ricreativo. Quelli del Kentucky hanno eletto il secondo governatore repubblicano in quarant’anni, uno che somiglia più a Trump che a Rubio. Il piano inclinato verso il progressismo è davvero così inclinato?

di Mattia Ferraresi | 05 Novembre 2015 ILFOGLIO


di Mattia Ferraresi | 05 Novembre 2015 ore 06:27


RENE’ GIRARD E LA RAGIONEVOLEZZA DELLA FEDE


IL DESIDERIO "MIMETICO" E IL CAPRO ESPIATORIO
LA VERITA' BIBLICA COMBATTE LE MENZOGNE DELLA MITOLOGIA


Sulla morte di René Girard, avvenuta mercoledì scorso 4 novembre, non bisogna sorvolare. É la morte di un grande. Ed è la morte di un apologeta del cristianesimo. Se per apologia si intende il “dare ragione” della fede, che significa mostrarne la ragionevolezza. Mi ha sempre colpito, in questo senso, la concordanza di fondo tra il pensiero di Girard e quello di Joseph Ratzinger, pur nella diversità delle applicazioni e degli ambiti. Per tutta la vita Girard fece l’antropologo. Anche se nelle sue opere egli dimostra di essere molto di più. E nell’antropologia egli studiò il mito e i miti. 

Il mito in quanto spiegazione astorica dei principi dell’esistenza e i miti espressi dalle più svariate culture e civiltà. Joseph Ratzinger ha sempre combattuto la riduzione della religione cristiana a mito. Ha mostrato anzi come essa si fosse subito scostata dalla religioni del mito di cui pullulava allora l’attuale Medio Oriente, preferendo invece collegarsi con la filosofia greca, vale a dire con la ragione, oltre che con la tradizione profetica. É qui che Ratzinger afferma che l’incontro con la filosofia greca è stato provvidenziale per la fede cristiana. Altro che de- ellenizzazione. Anche René Girard, durante un lavoro durato 91 anni di vita, ha detto la stessa cosa: l’incompatibilità della religione cristiana, vecchio e nuovo Testamento, con il mito. La sua diversità dalle religioni che pensavano che il mondo fosse governato da forze oscure e misteriose, irrazionali, bizzarre, iraconde, imprevedibili. E che davanti alla loro inaffidabilità all’uomo non rimanesse altro che
esorcizzare le proprie paure con il mito. 

La religione cristiana è invece la religione del Logos e non ha quindi bisogno di miti falsamente rassicuranti. C’è bisogno del mito quando il mondo è fatto a caso, per difendere l’uomo dalla imprevedibilità delle forze arcane, non quando a governare il mondo è la Ragione stessa.
Studiando il mito, Girard si accorse che tutti i miti rispondono a uno stesso schema: il ciclo mimetico. All’origine sta il desiderio di essere come l’altro, non di avere le sue cose, ma di essere come lui. Se si mettono due bambini in una stanza piena di giocattoli, appena uno di loro ne afferra uno, l’altro vorrà anche lui quel gioco lì e nessun altro. Anche i Dieci comandamenti temono il desiderio: non desiderare … perché mette gli uni contro gli altri e lacera le società. Il desiderio mimetico produce la lotta di tutti contro tutti. É per questo che ad un certo punto la furia mimetica si concentra contro uno solo – il capro espiatorio – e la società si ricompatta ritrovando la pace. Anche Erode e Pilato, dopo la condanna di Gesù, divennero amici, come narrano i Vangeli. L’assassinio collettivo produce un effetto catartico e quindi la pacificazione è vista come un intervento divino e di solito il capro espiatorio stesso viene poi divinizzato.

Questo il ciclo mimetico in tutte le culture. Ed anche nella cultura ebraica e cristiana, anche nei Vangeli. Ciò ne attesta la piena umanità. Ma con una sostanziale differenza: mentre in tutti gli altri miti la violenza nei confronti del capro espiatorio è considerata legittima, nella tradizione cristiana è vista come una ingiustizia e un sopruso. Nell’Edipo Re oppure nel Mito di Apollonio di Tania, la violenza che giunge, come nel secondo caso, anche  alla lapidazione del presunto colpevole della disgrazia della città, viene vista come cosa normale e necessaria per pacificare la comunità. Ma nel racconto biblico di Giuseppe e i suoi fratelli o nelle vicende accadute a Gesù di Nazaret, l’ingiustizia nei confronti dell’innocente è sotto gli occhi di tutti. Lo schema è uguale in tutto, ma il senso viene rovesciato. Così René Girard: «Nel mito le espulsioni dell’eroe sono sempre giustificate. Nel racconto biblico non lo sono mai: la violenza collettiva resta ingiustificabile»; «É la differenza tra un universo dove la violenza arbitraria trionfa senza essere riconosciuta, e un universo dove questa stessa violenza viene invece identificata, denunciata e alla fine perdonata». É la differenza tra il Mithos e il Logos.
La verità biblica combatte le menzogne della mitologia. La Bibbia dà voce alle vittime e non ai persecutori. Giobbe fa di Dio il Dio delle vittime e non dei persecutori. Tra i miti pagani e la Bibbia c’è quindi un abisso: per la prima volta Dio e la violenza collettiva si allontanano tra loro, perché raramente l’unanimità dei gruppi umani è portatrice di verità, il più delle volte essa è un processo mimetico ed oppressivo. Il divino non si indebolisce separandosi dalla violenza. Il Dio del Logos è quello che rimprovera agli uomini la loro violenza provando pietà per le loro vittime. Nel mito pagano c’è inconsapevolezza, la folla non sa quello che fa, infatti commette una violenza ingiustificata che essa pensa invece giusta e liberatoria. Nei Vangeli invece questa consapevolezza c’è: “perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc, 23, 34).
La conclusione di Girard è la seguente: «Ciò che conta in quelli che attualmente si chiamano “diritti dell’uomo” è la comprensione del fatto che qualunque individuo o gruppo di individui può diventare il capro espiatorio della propria comunità. Porre l’accento sui diritti dell’uomo corrisponde allo sforzo di prevenire e scongiurare i disordini mimetici incontrollati».  Anche per Girard, come per Ratzinger, la fede si sposa con la ragione.

di Stefano Fontana07-11-2015 lanuova bq

venerdì 6 novembre 2015

PER UN PERCORSO ELEMENTARE DI CULTURA

PRIMO ANNUNCIO

Una proposta concreta per ristabilire il significato originario, elementare, dei termini che riguardano la vita umana,

un preciso percorso di passi collegati fra loro, riscoprendo la bellezza disarmata delle parole cultura, persona, presenza, storia e Chiesa, del loro significato originale, 

a partire dagli incontri che abbiamo fatto e delle circostanze che abbiamo vissuto.


Animati anche dal modo in cui Papa Francesco ci invita a muoverci alle periferie del mondo riscoprendo l’uomo, la gratuità e la verità, proponiamo un cammino insieme, consapevoli che la salvezza delle società che stanno morendo verrà da persone animate dalla fede e dalla speranza.

Questo percorso, condotto da Don Agostino Tisselli, accompagnato ogni volta da un diverso relatore, si articola in cinque incontri, uno al mese, da Novembre ad Aprile, iniziando il prossimo 20 novembre, presso la Sala Cacciaguerra della Banca di Cesena, Viale Bovio 76 Cesena alle ore 20,45.

primo incontro venerdì 20 novembre ore 20,45


martedì 3 novembre 2015

IL BENEDETTO AFRICANO. La formidabile lezione di Robert Sarah

Da un villaggio della Guinea ai vertici del Vaticano. Storia del cardinale Robert Sarah e del suo occhio profetico sull’agonia dell’occidente cristiano


 “Oggi la chiesa deve combattere controcorrente, con coraggio e speranza, senza temere di alzare la voce per denunciare gli ipocriti, i manipolatori e i falsi profeti. In duemila anni, ha affrontato molti venti contrari, ma alla fine delle strade più aride, ha comunque riportato la vittoria” (Robert Sarah, “Dio o niente”)


Il problema dell’uomo occidentale, oggi, è che vive come se Dio non esistesse. La maggior parte delle popolazioni occidentali non vede ormai in Gesù nient’altro che una specie di idea, ma non un fatto e ancora meno una persona”.

 Robert Sarah non avrebbe mai immaginato di pronunciare queste parole sull’agonia dell’occidente cristiano quando da bambino giocava a calcio con gli amici nel minuscolo villaggio di Ourous, al confine tra la Guinea e il Senegal, distante cinquecento chilometri di strade sterrate e polverose dalla capitale Conakry. Nato in una famiglia animista convertita al cattolicesimo, fu scelto da Paolo VI, il Papa che  – mentre il mondo irretito dallo spirito del tempo rifiutava sdegnato la Humanae vitae – andava in Uganda a dire che “la nuova patria di Cristo è l’Africa”, ripetendo quanto già aveva scandito cinque anni prima, canonizzando in San Pietro i martiri di quella terra. Fu Montini, nei mesi in cui avvertiva già l’incombere della morte ormai prossima, a volere quel pretino di neppure trentatré anni arcivescovo di Conakry, la capitale della Guinea. Lo volle contro il parere di qualche curiale rinchiuso nel recinto romano, intento a domandarsi come si potesse far finire sulla cattedra episcopale un uomo poco più che ragazzo. Giovanni Paolo II, ricevendolo una mattina all’alba in Vaticano, gli avrebbe detto con tono bonario, una volta conosciuta l’età del presule che aveva davanti, “ma lei è proprio un vescovo bambino”.
 l
Paolo VI lo impose soprattutto contro il parere di Sékou Touré, il padre della patria e rivoluzionario marxista che “sradicò la croce per sostituirla con la bandiera nazionale”, seminando il terrore nel paese e aprendo campi di concentramento dove mandare al macello gli oppositori che rifiutavano l’esilio o non si rassegnavano a tacere. All’uomo forte del paese Sarah non piaceva, lo trovava scomodo, minacciava di fargli fare la fine del predecessore, Raymond-Marie Tchidimbo, arrestato, torturato e incarcerato per nove anni nel gulag di Camp Boiro – “dove i militari praticavano torture indescrivibili” – prima di essere liberato nel ’79 ed essere espulso. Solo dopo la morte di Touré, nel 1984, Sarah seppe che per lui si stava preparando la forca: “L’ambasciatore della Germania federale, Bernard Zimmermann, m’informò che dei documenti contenenti una lista di personalità che avrebbero dovuto essere giustiziate erano stati ritrovati sulla scrivania stessa di Sékou Touré. Io ero in cima a questa lista. Il dittatore aveva progettato il mio arresto e il mio assassinio per il mese di aprile. Dio è stato più rapido di Sékou Touré”, ha scritto il cardinale nel libro “Dio o niente”, edito in Italia da Cantagalli.
( consiglio vivamente di continuare la lettura; nota di admin)

domenica 1 novembre 2015

POESIA DI SANT'AGOSTINO

LA MORTE NON È NIENTE


La morte non è niente. 
Botticelli Sant'Agostino nello studio, Chiesa di Ognissanti 

Sono solamente passato dall'altra parte:
è come fossi nascosto nella stanza accanto.
Io sono sempre io e tu sei sempre tu.
Quello che eravamo prima l'uno per l'altro lo siamo ancora.
Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare;
parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato.
Non cambiare tono di voce, non assumere un'aria solenne o triste.
Continua a ridere di quello che ci faceva ridere,
di quelle piccole cose che tanto ci piacevano
quando eravamo insieme.
Prega, sorridi, pensami!
Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima:
pronuncialo senza la minima traccia d'ombra o di tristezza.
La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto:
è la stessa di prima, c'è una continuità che non si spezza.
Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista?
Non sono lontano, sono dall'altra parte, proprio dietro l'angolo.
Rassicurati, va tutto bene.
Ritroverai il mio cuore,
ne ritroverai la tenerezza purificata.
Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami:
il tuo sorriso è la mia pace.