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Osserva Tertulliano (Apologeticum
3,1-2) che molti odiano tanto il nome cristiano che, anche quando parlano bene di
qualcuno di noi, ci aggiungono la disapprovazione del nome: «Brava persona Gaio
Seio, peccato soltanto che sia cristiano (Bonus
vir Gaius Seius, tantum quod Christianus)», oppure: «Io mi
meraviglio che Lucio Tizio, uomo saggio, improvvisamente sia diventato
cristiano (Ego miror,
Lucium Titium, sapientem virum, repente factum Christianum)». Così
facendo, nota argutamente, essi «lodano ciò che conoscono e biasimano ciò che
ignorano» oppure «disapprovano ciò che conoscono a causa di ciò che ignorano».
Cos'è che manca, perché la testimonianza di una "buona
umanità" in noi cristiani sia percepita per quello che è veramente, cioè
una dimostrazione della grazia divina che opera in noi?
Manca il nesso tra quella virtù che si vede, e che pure viene
stimata, e la verità su cui si fonda, che invece non si vede. «Nessuno
considera se Gaio è bravo e Lucio è saggio proprio perché è cristiano, oppure
se è cristiano proprio perché è saggio e bravo (Nemo retractat, ne ideo bonus Gaius et prudens
Lucius, quia Christianus, aut ideo Christianus, quia prudens et bonus)».
La testimonianza della virtù (o, come preferiamo dire, di
un'umanità nuova) da sola non basta. Occorre che indichi, anzi che esiga questo
nesso. Come avviene nel martirio. È questo, forse, il punto critico, oggi come
allora.
DAL BLOG DI leonardo lugaresi
. https://leonardolugaresi.wordpress.com/2015/11/11/cristiani-brava-gente/
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