La quota commozione, come sempre, è stata affidata a una donna. Il ministro Elsa Fornero ha pianto durante la conferenza stampa sulla manovra di salvezza e sciagura, ha pianto proprio alla parola “sacrifici”, quando doveva annunciare la deindicizzazione delle pensioni, e in molti si sono commossi con lei (ubriacandosi, domenica sera scorsa, per la disperazione della stangata e pensando soprattutto alle proprie vicinissime e inevitabili lacrime). Quanta umanità, consapevolezza, empatia, hanno detto alcuni, e che gioia venire uccisi con tanta emozionata compassione; per i misogini e i cinici, invece, sono state le scarpe strette a fare scoppiare in lacrime Elsa Fornero, cioè lo stesso motivo per cui si commuovevano spesso Stefania Prestigiacomo e Mara Carfagna, lacrimose ex ministre.
In ogni caso, il desiderio altolocato (non del mondo reale) di soffrire, quello per cui in molti gridano ovunque: ancora professor Monti, ci tassi ancora, e applaudono alla catarsi della manovra e allo stile, anzi comprano on line, per fare prima, barche da dieci metri e seconde case perché se non ti tassa Monti non sei nessuno, l’aspirazione frivola a esserci, insomma, è stata sentimentalmente soddisfatta anche dalle lacrime (forse da crollo nervoso, forse da discussioni precedenti per la messa a punto delle misure) del ministro Elsa Fornero.
Ha regalato la mondana sensazione di fare parte di qualcosa con una grandezza tragica, almeno, di essere dentro la solidarietà nazionale, con le signore che regalano i propri gioielli alla causa come in “Via col vento”, anche se Monti non è sembrato apprezzare molto lo sfogo, la distrazione, la perdita di tempo (“Commuoviti, ma correggimi” non è stato l’equivalente di porgere un fazzoletto ricamato).
Ma le lacrime femminili sono una micidiale arma da fine di mondo, una specie di nucleare segreto nascosto dentro le palpebre. Quando lo si fa esplodere, si può contemporaneamente affondare qualunque artiglio. Funziona così, anche nelle canzonette e nelle serie tivù: lei lo lascia, e piange, lei lo ha tradito, e piange, lei si è già messa con un altro e ha portato via tutti i mobili, e piange.
Le lacrime di una donna lasciano sempre, in chi le guarda scorrere, una sensazione di passeggero stordimento e di senso di colpa. Le lacrime di Elsa Fornero hanno disarmato, per pochi istanti, le incazzature di tutti quelli (non altolocati) che si sentono usati come bancomat, e non sono affatto colpiti dalla rinuncia di Monti al suo stipendio da ministro. Il pianto veloce è il perfetto complemento della sobrietà: l’umanizzazione della catastrofe attraverso una smorfia di dolore e un paio di occhi arrossati, un sorriso nervoso, il bisogno di qualche minuto per riprendersi, nemmeno un fazzoletto. “La parte più dolorosa”, aveva detto Elsa Fornero, prima di emozionarsi. La parte più dolorosa arriva adesso.
Annalena Benini
Ilfoglio
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