IL POTERE DEI SENZA POTERE
In quegli anni dominati dalla ideologia il testo di Havel rappresentò uno spiraglio di luce, l’apertura di una prospettiva nuova verso orizzonti finalmente diversi da quelli imposti dai muri totalitari. Havel scriveva “Il sistema post-totalitario è ossessionato dal bisogno di legare ogni cosa con un regolamento. La vita in esso è percorsa da una rete di ordinanze, avvisi, direttive, norme disposizioni e regolamenti. (non per niente se ne parla come di un sistema burocratico)… l’uomo è solo l’insignificante ingranaggio di un meccanismo gigantesco; il suo valore è limitato alla funzione che in esso svolge... tutto deve essere il più possibile delimitato, codificato e controllato. Ogni deviazione dal percorso prestabilito è bollata come errore, arbitrio e anarchia. Dal cuoco del ristorante che senza il permesso dell’apparato burocratico non può cuocere per gli ospiti qualche specialità che si discosti dalle norme stabilite, al cantante che senza l’autorizzazione dell’apparato burocratico non può cantare in un concerto la sua nuova canzonetta, sono tutti uomini legati, in ogni manifestazione della loro vita, dal filo burocratico delle ordinanze….”.
Era questo il potere cui era soggetto l’uomo dell’Est come dell’Occidente, il potere di norme e prescrizioni che ingabbiavano la libertà, un potere che è più forte del sistema di pensiero cui obbedisce tanto che l’uomo ne è asservito tanto da ridursi ad una pedina dell’ingranaggio come Havel spiega nel suo famoso esempio del fruttivendolo che espone tra la sua merce un’insegna in cui si legge “lavoratori di tutto il mondo unitevi. Perchè, si chiede Havel, lo fa? Perchè espone un cartello che non c’entra nulla con la frutta e la verdura che vende? Perchè così facendo “egli dichiara la propria fedeltà (e non può farlo altrimenti se vuole che la sua dichiarazione venga accettata), nel solo modo che il regime è in grado di recepire, ossia accettando il rituale prescritto, accettando le apparenze come realtà, accettando le regole fissate del gioco. Così facendo, tuttavia, diventa egli stesso una pedina del gioco, rendendone possibile la continuazione e l’esistenza stessa“.
Havel ha attraversato il Muro di Berlino con il suo fruttivendolo, è arrivato in Occidente con questo esempio che è rimasto nella memoria, perchè la coscienza comincia a ridestarsi quando il fruttivendolo non espone più quel cartello. E questo ha voluto dire Havel da quel lontano 1979 è sempre possibile, è un gesto di libertà che l’uomo può fare non obbedendo al sistema e rivendicando il suo diritto a vivere nella verità e non più nella menzogna. Havel è entrato così dentro la vita dell’Europa con un semplice fruttivendolo, con il suo diritto alla libertà, un diritto che l’uomo può esercitare sempre. Questo è il “potere dei senza potere”, il potere degli uomini che hanno come unico strumento il loro cuore, che sanno ascoltarlo, che sanno comunicare i suoi battiti tesi all’infinito. Ricordare oggi Vaclav Havel è ricordare prima del grande politico l’uomo che ha insegnato all’Europa la via del “potere dei senza potere”
Anna Vercors socio di SamizdatOnLine
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