labussolaquotidiana29-12-2011
«La decisione di rinunciare allo storico presepe della Cattedrale (…) è anche un invito a rinnovare lo sguardo anche sulle tradizioni più ovvie, a superare ciò che l’uso ci ha indotto a dare per scontato, a rinunciare a quello che ci sembra necessario per concentrarci su quello che è davvero essenziale». Inizia così sull’ultimo numero del settimanale diocesano di Rieti l’articolo che dovrebbe spiegare ai fedeli perché quest’anno non hanno trovato il presepe nella cattedrale. Eh sì, proprio così: nella diocesi dove è ubicata Greccio, il luogo dove San Francesco ha voluto creare il primo presepe, si è deciso di eliminarlo dalla cattedrale, per richiamare all’essenziale. Così via il presepe storico, quest’anno è restato «solo, sui gradini del presbiterio, il Bambino Gesù avvolto nei lini bianchi».
Lo sconcerto ed il disorientamento tra i fedeli è grande e lo testimoniano i commenti sul sito del settimanale diocesano. Soprattutto a sconcertare sono gli argomenti che via via i responsabili della diocesi e della redazione del settimanale portano per giustificare l’assurda decisione, che viene attribuita al vescovo in persona:
«Una scelta di sobrietà». Sobrietà? Eliminare il presepe una scelta di sobrietà? Ecco una bella idea per tutte quelle scuole che impediscono qualsiasi rappresentazione del Natale di Gesù: basta inutili discussioni, sulla sobrietà siamo tutti d’accordo. E pensare che noi ancora a prendercela con la secolarizzazione, il laicismo, l’odio alla Chiesa: non abbiamo capito niente, era solo sobrietà, richiamo all’essenziale. E allora via il presepe, ma via anche le croci dalle pareti; di più, anche dai tetti delle chiese, una anacronistica rappresentazione trionfalista. E tanto che ci siamo, perché non rinunciare anche alla messa domenicale, un rito cui ci si è abituati e che si vive dimentichi del significato? Come dicono nella Curia di Rieti «l’assenza, in questo caso, vale più della presenza». Chissà che bella provocazione alla nostra fede quella domenica che entrando in chiesa, trovassimo l’avviso: «La messa non si celebra per richiamare all’essenziale». Chissà quante conversioni fulminanti.
Ma non basta: si toglie il presepe, così «chi varcherà la soglia della cattedrale, lo farà davvero per ascoltare la proclamazione della Parola». Capito? Il presepe distrae dalla proclamazione della Parola. Forse chissà, negli anni passati, avranno visto che durante le insopportabili omelie episcopali, i fedeli si alzavano e preferivano andare a meditare qualche minuto davanti al presepe.
E ancora: «Il messaggio che si tenta di dare è quello di rivolgersi all’essenziale, tralasciando ogni altra cosa possa avere il sapore dello sfarzo, del superfluo, dell’inutile». Cioè: Giuseppe e Maria, i Magi, i pastori sarebbero lo sfarzo, il superfluo, l’inutile. Quello che conta invece sarebbe solo quel Bambinello astratto dalla realtà, disincarnato, venuto chissà da dove e quando, e abbandonato sui gradini del presbiterio.
Diciamo la verità: quella che è andata in scena nella cattedrale di Rieti è la negazione stessa del Natale, il Dio che si fa uomo nascendo dal grembo di una donna, in un momento preciso della storia e in un luogo altrettanto preciso. La grotta, i pastori, le campagne e perfino il disprezzato laghetto, nel tentativo di ricreare l’ambiente storico in cui è nato Gesù, sono elementi che sottolineano proprio questa storicità, questa concretezza dell’avvenimento cristiano. Altro che elementi inutili e superflui, altro che sobrietà.
Perché questi personaggi della Curia di Rieti non percorrono quei 15 chilometri che li separano da Greccio e vanno a confrontare queste scempiaggini con lo spettacolo della grotta dove San Francesco volle ricreare la scena esatta accaduta a Betlemme dodici secoli prima, pretendendo addirittura la presenza del bue e dell’asinello? Forse che anche San Francesco mancava di sobrietà? San Francesco, ci dice il biografo Tommaso da Celano, con quel presepe fece rinascere Gesù nel cuore di tante persone che erano accorse a Greccio. Oggi a Rieti si è deciso di farlo morire.
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