di Marco Invernizzi
25-01-2012
Tante persone hanno riempito la grande chiesa di san Pio X, nella piazza milanese antistante il Politecnico, la sera del 24 gennaio, nella stessa ora, le nove di sera, in cui veniva inaugurato lo spettacolo di Romeo Castellucci al Teatro Parenti, che tanto ha attirato l’attenzione dei media per le offese al Volto di Cristo.
Persone “normali”, chiamate da un parroco “normale”, don Marco Barbetta, che ha pronunciato parole semplici e belle prima della Messa e durante la breve omelia, parole che almeno noi vorremmo ricordare visto che i giornalisti di Repubblica e del Corriere hanno preferito seguire la bagarre un po’ folkloristica con cui lo spettacolo è stato accolto da gruppi eterogenei nei pressi dello stesso teatro milanese, mentre neppure il quotidiano dei cattolici italiani ha ritenuto meritevole di una cronaca una Messa celebrata nella stessa città dove Avvenire viene pubblicato.
Anzitutto un ipotetico cronista avrebbe potuto descrivere la gente intervenuta. Parrocchiani anzitutto, e poi esponenti delle associazioni e dei movimenti che avevano invitato i loro aderenti a partecipare alla celebrazione, famiglie, tanti giovani e molti che hanno letto l’invito sulle pagine web della Bussola Quotidiana. Persone per niente esagitate, che hanno pregato accogliendo il messaggio centrale del parroco, ossia che la Messa di riparazione è una celebrazione straordinaria, al di fuori dall’orario consueto delle celebrazioni liturgiche, soltanto perché risponde a un evento pubblico, ma si rivolge anzitutto al cuore di ciascuno dei presenti. Un fatto oggettivamente offensivo del Volto di Cristo e della sensibilità di tanti milanesi cattolici potrebbe diventare l’occasione di conversione per ciascuno dei presenti, ha ricordato il parroco, e così possa nascere il bene dal male, come solo Dio è capace di fare.
Conversione è la parola che più ha accompagnato la celebrazione liturgica, accanto all’altra, inevitabilmente al centro dell’attenzione, del Volto di Cristo. Anche perché don Barbetta ha celebrato la liturgia della conversione di san Paolo, ricordando appunto come il cuore dell’uomo possa passare dalla persecuzione, dalle offese, all’amore totale, alla dedizione, così come appunto avvenne a Saulo di Tarso.
Sul cuore dell’uomo il parroco ha insistito, ricordando che la Messa che celebrava voleva riparare a un’offesa, ma nessuno si permetteva di giudicare il cuore dell’artefice dello spettacolo teatrale, verosimilmente pieno di contraddizioni, conflitti e sostanzialmente incomprensibile a chiunque non sia Dio, l’Unico che può veramente scrutare i cuori. D’altra parte, una fede autentica, una venerazione sincera del Volto di Cristo non può rinunciare a un giudizio, anche artistico: l’arte infatti ha una dimensione oggettiva e non può essere confinata alle intenzioni dell’artista.
Don Barbetta ha anche ricordato come l’episodio dello spettacolo teatrale di Castellucci sia soltanto uno dei tanti che offendono la Chiesa nella nostra epoca. Infatti la Messa era celebrata anche con l’intenzione di fare memoria dei tanti martiri cristiani di questi ultimi mesi in diverse nazioni del mondo, uno ogni cinque minuti secondo recenti statistiche, e per ricordare il diritto alla libertà e al rispetto dell’identità religiosa.
All’uscita, sempre l’ipotetico cronista avrebbe potuto raccogliere i commenti dei partecipanti. Avrebbe così potuto cogliere uno stile fermo e pacato, convinto che la fede deve diventare cultura per essere autentica e dunque non può non giudicare gli avvenimenti che a diverso titolo la riguardano, compresi quelli artistici … e un po’ blasfemi.
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