FRANCO CASADEI: POESIE IN DIALOGO CON MARINA CORRADI
EPPURE
PERSINO UN PEZZO DI GIORNALE
PUÒ
DIVENTARE POESIA
Certo, si può fare poesia su qualsiasi
cosa. La Szymborska, per esempio, ha fatto una poesia sulla cipolla, e ha preso
il Nobel nel 1996.
E Francis Ponge (che il Nobel non l’ha
preso, ma poteva meritarlo) nella raccolta Il partito preso delle cose, ha cantato la
cassetta della frutta, un pezzo di carne, l’arancia.
Non avevo trovato, finora, un poeta
che prendesse ispirazione dagli articoli di cronaca. Invece Franco Casadei, con La firma segreta( Itaca, pp. 80, euro
12), ha scritto «poesie in dialogo con Marina Corradi», cioè ha preso
ispirazione, per i suoi versi, da scritti di Marina Corradi pubblicati su Avvenire o su Tempi.
Egli stesso spiega il raccordo con una
citazione di Paul Valéry: «La poesia è una esitazione prolungata fra il senso e
il suono». Ebbene, nella prosa di Marina Corradi, Casadei ha trovato una
perfetta corrispondenza di senso e suono: senso perché la giornalista sa
«scandagliare il mistero di ciò che accade »; suono perché «l’armonia fonica»
di quella prosa tende a tradursi in prosa poetica, come ben sanno i lettori di
questo giornale.
Naturalmente gli articoli che hanno
dato spunto non sono citati, e dunque abbiamo in mano un libro di poesia, non
di cronaca poesizzata, e come tale va letto. Comunque il riscontro c’è, e nella
postfazione Corradi afferma che «l’anima delle mie cronache non è stata
tradita», dunque si è sentita riconosciuta in quei versi. Una collazione fra
articoli e versi sarebbe un bel lavoro per una tesi di laurea non banale.
Nelle poesie troviamo molti paesaggi:
Milano, innanzitutto, ma anche l’Uganda e la Moldavia; molta natura: girasoli,
il mare «nero e immenso », rose nel monastero. E soprattutto ci sono incontri,
come con i clochard che «montano di guardia» nel cuore di Milano quando le
vetrine del lusso si spengono; o come un toccante addio fra vecchi sposi,
quando il marito non si rassegna che la moglie portata a casa dai barellieri
ammutoliti sia veramente morta, e le parla ancora.
C’è anche una poesia
ispirata al quadro di Edward Hopper Nighthawks («Nottambuli»), con «gli ultimi tre
avventori inchiodati/ al banco come insetti di una collezione» e «di lì a poco
sul marciapiede/ lo schianto della saracinesca,/ i tre se ne andranno come
ombre/ per opposte strade». Sarebbe interessante conoscere la mediazione di
Marina Corradi in questa interpretazione che rende bene il segreto di Hopper,
pittore che prediligo.
In una Lettera all’autore, Leonardo Lugaresi
inquadra il tema della poesia come conoscenza sperimentale, e scrive: «Prima di
tutto ci sono le cose. Le cose della vita, le cose degli uomini, con tutto il
loro carico di bene e di male, la loro pesantezza (ma anche la loro grazia).
Cose da cui dovremmo lasciarci toccare, cose da prendere sul serio, da non
sprecare o trascurare, da non liquidare con formule che non vogliono dire nulla
».
Ebbene, il nostro rapporto con le cose, con il mondo, avviene ormai tramite
i media, e questo spiega perché la cronaca giornalistica di Marina Corradi può
diventare poesia in Franco Casadei.
Una mediazione di secondo grado, a cui
accenna la poesia che dà il titolo alla raccolta. La trascriviamo:
«Chi cuce/
la trama del destino,/ segretamente imbastendone/ il disegno?// Il caso?// O una mano
misteriosa/ che tesse,/ costantemente tesse/ il tuo cammino?// L’enigma
irrisolto,/ la mancanza sento, una mancanza,/ la firma segreta/ che sta dentro
le cose».
Attraverso la firma di Marina Corradi,
Casadei ha intuito una firma segreta, e noi con lui.
di Cesare Cavalleri
tratto da Avvenire
Bardzo fajnie napisane. Pozdrawiam serdecznie.
RispondiEliminaBardzo ciekawie napisane. Jestem pod wielkim wrażaniem.
RispondiElimina