L’omelia di mons. Camisasca
nella messa per il XII
anniversario della morte di don Giussani.
Guidare le persone alla consapevolezza dei loro bisogni e
accompagnarle verso Dio in una vita di comunione: questo è il cuore
dell’educazione che ha cercato di vivere e insegnare don Giussani.
Cari fratelli e sorelle, cari amici, è sempre una grande
gioia ritrovarci per celebrare assieme questa santa Messa di suffragio per don
Giussani, occasione di memoria e soprattutto di ringraziamento per i tanti doni
che Dio, attraverso la sua persona, ha fatto alle nostre vite e a tutta la
Chiesa.
Lasciandomi provocare dal Vangelo di questa sera, vorrei
assieme a voi soffermarmi su un passaggio che l’evangelista Marco pone alla
nostra attenzione, che ben descrive anche uno degli aspetti più interessanti
della vita di don Giussani. Gesù è interpellato da un padre che si rivolge a
lui perché suo figlio sia liberato da uno spirito muto che lo possiede da molti
anni – fin dall’infanzia (Mc 9, 21), abbiamo ascoltato – e che non gli permette
di vivere: Se tu puoi qualcosa – chiede accoratamente il padre – abbi pietà di
noi e aiutaci (Mc 9, 22). Cristo, pur potendo operare subito il miracolo, si
ferma di fronte a questo padre e corregge la sua domanda. Lo invita a fare un
itinerario perché, attraverso la situazione drammatica in cui si trova,
comprenda ciò di cui egli ha veramente bisogno e quale sia la strada attraverso
cui non solo suo figlio, ma anche lui stesso, possa essere veramente liberato.
Gesù gli disse: “Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede”. Il padre del
fanciullo rispose subito ad alta voce: “Credo; aiuta la mia incredulità!” (Mc
9, 2324). Cari amici, in questo episodio, con brevi tratti, è condensato il
cuore dell’educazione, ciò che don Giussani, mettendosi alla scuola di Gesù, ha
cercato di vivere ed insegnare in tutta la sua esistenza.
Le circostanze in cui
la vita ci pone, anche quelle più drammatiche, sono la strada che ci conduce ad
una conoscenza più profonda di noi stessi e di Dio.
Del nostro bisogno di aiuto, ma anche del cammino che la
nostra libertà è chiamata a fare. Gesù non si sostituisce alla libertà del
padre. Aspetta che egli si rivolga a lui. Semplicemente
è presente e la luce della sua presenza suscita la richiesta da parte
dell’uomo.
È questo il primo
passo dell’educazione: aiutare le persone, con la testimonianza propositiva
della nostra vita, a prendere coscienza dei propri bisogni e dei propri
desideri.
Spesso questi bisogni o questi desideri sono superficiali,
si riducono alla richiesta di risolvere una situazione che non riusciamo a
vivere. Ma Gesù prende sul serio anche questi desideri. Sa che essi sono la
strada perché altri desideri, più profondi, possano emergere.
Quanta gente incontriamo iniziando a prendere sul serio i
loro bisogni! La mancanza di lavoro, la necessità di essere aiutati nello
studio, il bisogno di trovare una casa dove stabilirsi per un periodo di
trasferta… La condivisione dei bisogni,
come ci ha insegnato don Giussani, è via alla condivisione della vita.
Nel Vangelo il Maestro, partendo proprio dalle richieste di
chi a lui si rivolge, prende le persone per mano e le conduce, passo dopo
passo, attraverso un itinerario in cui il loro io, da semplice soggetto passivo
di un aiuto esterno, si rialza e diventa protagonista. Le aiuta cioè a scoprire
la promessa nascosta al fondo di ogni situazione attraverso cui Dio permette
loro di passare. Al padre che gli dice: se tu puoi, Gesù risponde, “non se io
posso, ma se tu puoi! Se tu puoi credere!”. “La
malattia di tuo figlio è stata per te l’occasione di entrare in rapporto con
me. Ma sarebbe troppo poco se io guarissi tuo figlio senza introdurti in una
vita di fede, nella quale anche tutte le altre circostanze della tua vita
potranno essere vissute in modo vero. Tutto è possibile per chi crede!”.
Ci è rivelato così un
secondo passo del cammino dell’educazione. Dopo aver aiutato le persone a
prendere coscienza dei propri bisogni, non basta rispondere loro offrendo
semplicemente la riposta alle loro domande.
Occorre introdurle in un rapporto, in un luogo in cui siano esse stesse a
giudicare la corrispondenza di ciò che ascoltano o vedono vivere in noi con il
loro desiderio. Occorre indirizzarle su una strada lungo la quale tutta la
loro vita sia progressivamente e gratuitamente abbracciata dal calore di una comunione
vissuta.
È questo ciò che ogni uomo e ogni donna desidera nel fondo
del suo cuore: sentirsi amato e poter amare. È questo ciò che noi, attraverso
il carisma di don Giussani, abbiamo sperimentato e che siamo chiamati a vivere
a servizio di tutta la Chiesa.
Chiediamo dunque al
Signore, anche per l’intercessione di don Giussani, che le nostre vite, le
nostre case e le nostre comunità siano luoghi autentici di accoglienza e di
amicizia, luoghi nei quali possa trasparire la bellezza della vita cristiana,
luoghi abitati da quella comunione che tutti desideriamo e nella quale soltanto
ogni persona può sperimentare la liberazione e la pace della propria vita.
Amen.
Omelia nella santa Messa per il XII anniversario della morte
di don Giussani Reggio Emilia – Basilica della B. V. della Ghiara, 20 febbraio
2017