Per il filosofo “infrequentabile” Alain de
Benoist l’ascesa dei Trump, dei Le Pen e degli euroscettici è tutto il contrario
di un fenomeno illiberale. INTERVISTA tratta da Tempi
POPULISMO: una parola strattonata in tutti i sensi,
utilizzata abusivamente, con il solo obiettivo di delegittimare certe
organizzazioni politiche.
«Osservo che il termine populismo è utilizzato
sistematicamente in maniera negativa, peggiorativa, per designare movimenti o
correnti di pensiero completamente differenti tra loro. I cantori del
pensiero dominante dicono che questi movimenti sono principalmente demagogici,
per nulla seri, e che costituiscono una minaccia per la democrazia. Ma sono
analisi a dir poco superficiali, che passano completamente a lato della
questione. Per la stesura di questo libro ho voluto adottare un approccio che
parte dalla scienza politica, cercando di capire cos’è il populismo e qual è la
sua storia», dice a Tempi De Benoist. «Dall’altro lato –
spiega l’intellettuale francese – mi sono interessato ai continui tentativi di
denigrazione del populismo, al perché questa parola è diventata una “parola-caucciù”, ossia una parola
strattonata in tutti i sensi, utilizzata
abusivamente, con il solo obiettivo di
delegittimare certe organizzazioni politiche.
Francia contro il governo |
Il 2016 è stato l’anno dell’ascesa del Front National, della Brexit in
Inghilterra, dell’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti, della crescita di
Podemos in Spagna, e dell’espansione dei Cinque Stelle in Italia, senza
dimenticare il grande risultato ottenuto dall’Fpö alle ultime elezioni
austriache. Stiamo assistendo a un fenomeno generalizzato che va studiato nella
sua complessità».
Per De Benoist, animatore della rivista antimoderna Eléments,
fucina di idee della destra intellettuale francese, «bisogna partire dalla base per capire cos’è il populismo e quali sono
le ragioni del suo successo».
La prima ragione, spiega, è «l’enorme diffidenza della stragrande maggioranza
delle popolazioni nei confronti della classe politica al potere e delle élite
economiche, finanziarie e mediatiche. A questo, si aggiunge una profonda crisi della rappresentanza. Le persone
sentono di non essere più rappresentate e che i partiti di governo
costituiscono una casta che utilizza il potere soltanto per difendere i propri
interessi: c’è una spaccatura tra i rappresentanti e i rappresentati».
Oltre a questo fattore, analizza De Benoist, «c’è il divario che si è aperto
da trent’anni a questa parte tra il popolo e la sinistra. Sinistra che storicamente aveva professato
di voler difendere le classi popolari più dei leader dei movimenti di destra. Infine,
il successo dei movimenti populisti è legato al recentrage dei programmi dei
partiti di destra e sinistra. In altre parole: i partiti di destra e sinistra si succedono ma hanno praticamente la
stessa politica, si distinguono nella scelta dei mezzi, ma gli obiettivi sono i
medesimi. Le nozioni di destra e sinistra perdono la loro specificità, e lo
testimoniano anche i sondaggi: la gente non vede più quale sia la differenza
tra queste due categorie politiche».
IL POPULISMO NON E’ UNA IDEOLOGIA, NON E’ ANTIPOLITICO, NON E’
ANTIDEMOCRATICO
Sugli errori di analisi dei molti editorialisti ed “esperti” che affollano giornali e televisioni bollando tutto ciò che non è di loro gradimento come “populista”, De Benoist tiene a soffermarsi. «Il primo errore è quello di credere che il populismo sia un’ideologia, quando invece è una forma politica, uno stile politico, un nuovo modo di articolare le richieste sociali e politiche che può combinarsi con qualsiasi ideologia. È la ragione per cui ci sono dei populismi liberali, dei populismi antiliberali, dei nazional-populismi, dei populismi di sinistra e dei populismi di destra», dice l’autore di Vu de droite.
Londra, Trafalgar Square |
«Il secondo errore è quello di pensare che
il populismo sia un fenomeno intrinsecamente antipolitico, perché è vero il
contrario. Il populismo è una reazione contro una politica che oggi è dominata dalla
gestione, dall’economia, dall’espertocrazia, dalla morale dei diritti
dell’uomo, da tutta una serie di cose che tendono a far sparire l’autonomia
della politica. Il populismo è una “demande de politique”, una richiesta
indirizzata alle classi dirigenti affinché facciano politica, invece di
limitarsi alla gestione e all’amministrazione».
Il terzo errore individuato da De Benoist
è credere che il populismo sia un movimento antidemocratico. «Anche qui, è l’esatto
contrario di quanto proclamato dalla doxa mediatica. Ciò che il populismo
contesta è la democrazia liberale, parlamentare e rappresentativa, che oggi non
rappresenta più nulla. I movimenti populisti chiedono più democrazia, una
democrazia partecipativa, diretta, nel senso che la gente deve essere
maggiormente protagonista, che il loro potere non si deve ridurre all’andare a
votare ogni quattro o cinque anni per delle persone che una volta elette
difendono soltanto i loro interessi. I movimenti populisti combattono per una
democrazia dove le persone possono decidere il più possibile autonomamente e
per loro stesse».
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