Michela Marzano,
laureata alla Normale di Pisa, docente di filosofia all’Université Paris
Descartes, già parlamentare del Partito democratico, poi abbandonato in
polemica con la mancata inclusione della stepchild adoption alle coppie dello
stesso sesso civilunite, non ha mancato di fare conoscere al mondo il suo
pensiero sulla vicenda del piccolo Alfie Evans, il
piccolo paziente inglese a cui tutti i tribunali della terra hanno decretato che è il suo
interesse morire.
Contro questo piano un
popolo si è alzato in piedi, alcuni per mettersi in ginocchio e pregare con
l’intenzione di sfondare il Cielo, altri mettendo a disposizione quello che
sapevano fare, la penna, il diritto, l’organizzazione. Questo movimento ha alla
fine mosso i ministri del governo italiano il quale ha deciso in extremis di
conferire la cittadinanza italiana al piccolo bambino di 23 mesi.
Sulle colonne del
quotidiano La Repubblica la
filosofa Marzano, (IN UN ARTICOLO RIBUTTANTE, ISTERICO E SARCASTICO nota del Crocevia) ha bollato come «incomprensibile» la cittadinanza ad Alfie. Per la docente di filosofia la vita di quel
piccolo paziente «dipende solo dall’accanimento terapeutico», essendo «tenuto
in vita solo dalle macchine». Come fa una filosofa ad ostentare una tale
certezza? Semplice, «non c’è ragione di opporsi al parere medico in base al
quale tenere in vita Alfie significa
infliggergli ulteriore dolore», dice. La filosofa che insegna a Parigi dà vita
nel suo intervento ad un mappazzone dove mescola «ius soli», «populismo»,
«diritto di accesso all’Ivg» e diagnosi su Alfie (per la Marzano è un bimbo in
fin di vita).
Leggendo che la
Marzano discetta di clinica neonatologica, da medico e bioeticista mi sento
autorizzato ad un piccolo sconfinamento in agro alieno e citare un filosofo che
può prestarsi ad una varietà di contesti: «Su ciò di cui non si può parlare si
deve tacere». È la settima ed ultima proposizione del Tractatus
logico-philosophicus di Ludwig Wittgenstein, volutamente lasciata dall’autore
senza commento. Ero un giovane medico, una paziente di mio padre fu ricoverata
nel mio reparto, la diagnosi era tremenda: metastasi pleuriche di recidiva di
carcinoma mammario. La figlia mi domandò cosa ci si poteva aspettare ed io,
molto incautamente, le risposi che ci si doveva attendere la morte entro
qualche mese. Ero giovane ed inesperto. Quella donna, la cui diagnosi era certa
e che sarebbe dovuta passare a miglior vita così velocemente, visse ancora 12
anni. Quel caso mi insegnò quanto possa essere incerta la prognosi.
Ma ad Alfie i medici
inglesi non hanno mai posto una diagnosi, in sua assenza fare previsioni e spacciarle
per certezze è indice di inadeguatezza o presunzione stupefacenti, che
stupiscono ancor più se a promuoverle è chi del rigore metodologico dovrebbe
essere conoscitore e custode. Se, come dice la Marzano, Alfie è vivo solo
grazie alle macchine, se è in fin di vita, se sopravvive solo attraverso
l’accanimento terapeutico, com’è che ora che nessuna macchina lo sostiene più
da oltre 16 ore, egli continua ad essere vivo? Se non c’è ragione di dubitare
dei medici inglesi, com’è che Alfie riesce a respirare nonostante sia stato
staccato dal ventilatore senza alcun tentativo di svezzamento? Com’è che le
previsioni di una morte rapida non si sono verificate?
Hanno raccontato che
morire era il best interest di Alfie, e l’unica sofferenza gliel’hanno procurata
i medici rimuovendogli il sostegno ventilatorio. Hanno raccontato che
trasportarlo avrebbe potuto peggiorare la sua situazione, ma se lo avessero
lasciato andare a quest’ora Alfie sarebbe già da un pezzo in un lettino del Bambin Gesù.
O i medici che hanno
gestito Alfie hanno detto una colossale piramide di fregnacce, oppure in queste
ore si è svolto davanti ai nostri occhi qualcosa di miracoloso. O forse ancora
si sono verificate entrambe le cose. Se c’è qualcosa per me d’incomprensibile,
è l’ostinata e ideologica negazione della realtà quando questa dimostra la
fallacia e la mendacia della teoria.
Se la Marzano vuole
sostenere che ha ragione il giudice Hayden a dire che la vita di Alfie è
futile, lo dica chiaramente e con convinzione, difendendo filosoficamente
l’esistenza della categoria di vite
immeritevoli di vita. Abbia il coraggio di affermare che sì, seppure con i
mezzi limitati allora a disposizione e per fini forse non sempre condivisibili,
il programma eutanasico nazista ha comunque evidenziato la qualità di vita come
indicatore del migliore interesse. Si dimostri filosoficamente virile e
disponibile alla disputa da cui non ci sottraiamo.
L’esercito di Alfie ha
certezza che la vita di quel bambino, così come quella di ogni essere umano,
non è futile. Sostenuto da suo padre e sua madre è da milioni di persone nel
mondo, questo piccolo bambino ha svelato i pensieri di molti cuori in una
maniera così evidente che né io né la Marzano potremo mai sognare di emulare e
con la sua enorme fragilità ha tirato fuori la nostra parte migliore, la nostra
umanità.
Contra factum non
valet argumentum.
TRATTO DA TEMPI
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