martedì 8 settembre 2020

È L’IDEOLOGIA IL VIRUS DELLA SCUOLA


Davide Rondoni

Fa bene il mio amico Alessandro D’Avenia nella sua rubrica del lunedì sul Corriere della Sera a richiamare ieri che la scuola non è un problema sanitario, e che la vita in classe non dipenderà dalla emergenza sanitaria ma dal significato che gli daremo. E che non contano gli oggetti (banchi singoli, tablet etc) ma i progetti con cui verranno usati. (*)

Dice che la scuola può esser luogo di relazioni generative. E però dice anche che l’ "emergenza sanitaria non ha debilitato il sistema scolastico, ma ne ha reso evidente lo stato comatoso". Alessandro è un bravo scrittore e quindi sa che se di una cosa si dice che è in "stato comatoso" poi è difficile sperare che lì fioriscano relazioni generative. Certo, queste dipendono dalle persone, ma se un sistema è “comatoso” significa che le persone che al suo interno vogliono dar vita a qualcosa di generativo fanno molta, troppa fatica, ai limiti dell’impossibilità.

E allora verrebbe da chiedere un po’ di coraggio all’Alessandro che scrive di ragazzi e scuola sul Quotidiano dei Signori: non cavartela dicendo che lo stato “comatoso” dipende da “tagli e operazioni sbagliate” compiute da governi di diversi colore. Questo è solo una parte di verità che dicono anche politici e politicanti.

Lo stato comatoso dipende ben di più dall’impianto ideologico su cui la scuola è edificata. I dogmi indiscutibili sono:

primo, enciclopedismo illuminista (come se cultura fosse sapere – male – di tutto un po’) e negazione del talento individuale,

secondo dogma è lo statalismo e la conseguente riduzione dei docenti a funzionari spesso frustrati.

Il terzo dogma è una tendenza allo “scuolacentrismo” come se a scuola ci si dovesse occupare di tutto (eccetto che di arte e di educazione del gusto) e cosí tener occupati i ragazzi invece che favorire il loro rapporto con la società e con gli adulti fuori dalla scuola.
Parlare anche d’altro è utile, divagare no.

Da Il resto del Carlino 8/9/2020



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