LEONARDO LUGARESI
Se sono cristiano, quindi, non posso decidere io quando smettere di vivere, e poiché so che tutti gli uomini appartengono a Dio – non vi è infatti un solo uomo al mondo che non sia una Sua creatura – non posso cooperare alla formazione di leggi che consentano (o addirittura promuovano) l’eutanasia o il cosiddetto “diritto al suicidio”. Checché ne dica la Civiltà Cattolica. Non discuto l’apparente ragionevolezza delle tesi contrarie, anzi concedo che, se non sapessi ciò che ho detto prima, anch’io le troverei plausibili. Dico solo che non si possono accettare per il semplice dato di fatto che le vite e i corpi umani non sono roba nostra.
Noi siamo, per così dire, non i proprietari bensì gli amministratori della nostra vita e del nostro corpo. Di qui discende anche il nostro dovere morale di averne la miglior cura possibile. Per questo, tra molte altre cose, ciascuno di noi ha il dovere di fare il possibile per mantenersi in buona salute, astenendosi per esempio da comportamenti che direttamente e in modo grave la compromettano (a meno che non vi siano ragioni superiori che richiedono di correre tali rischi).
La coscienza è, sempre per esprimersi alla buona, l’interfaccia tra la nostra appartenenza a Dio e la nostra libertà. Il suo primato, su ogni altra istanza, va quindi difeso ad ogni costo.
Da questo punto di vista, allo stato
delle nostre conoscenze a me pare evidente che nella presente situazione gli
adulti e ancor più gli anziani debbano vaccinarsi contro il covid, però non
dimentico neanche per un momento che anche la coscienza erronea obbliga.
Chi, erroneamente, si ritiene vincolato ad un dovere morale di non vaccinarsi deve essere rispettato e tutelato. Se le autorità pubbliche hanno motivo di ritenere che le conseguenze sociali di tali scelte individuali producano un insopportabile danno alla collettività (ad esempio un numero di malati gravi tale da compromettere la funzionalità del sistema sanitario) sono legittimate, anzi potrebbero avere il dovere di imporre obblighi che comprimono la libertà dei singoli individui, ma non possono e non devono mai, in nessun caso, demonizzarla come invece hanno fatto, a quantomeno lasciato fare sciaguratamente negli ultimi mesi in Italia.
Dire che l’uomo non appartiene a se
stesso, infatti, significa anche affermare che, a maggior ragione, il suo corpo
e la sua vita non appartengono allo stato, non appartengono alla società,alla
“scienza”, all’economia, non appartengono a nessuna delle “potenze mondane“ che
oggi invece se lo contendono con sempre maggiore iattanza.
Questo è il filo rosso che lega, in perfetta coerenza a mio modo di vedere, il no all’eutanasia e al cosiddetto “diritto al suicidio“ e tanti altri no controcorrente che il cristiano deve dire (per esempio quelli alle tante depravate follie in materia di sessualità che oggi vengono imposte come dogmi del pensiero unico) e il no che occorre pronunciare contro la pretesa di un controllo biopolitico dei corpi che oggi non è più un fantasma ma una concreta possibilità. Anche al prezzo di difendere strenuamente il diritto all’errore, o all’irragionevolezza, di posizioni personali che non condividiamo, ma che vanno comunque tutelate per la ragione che ho appena detto, spero in modo sufficientemente chiaro.
Questo è anche il motivo per cui sono
estremamente diffidente nei riguardi dell’uso della categoria di cattolibertarismo che
è stata impiegata per stigmatizzare il rifiuto dei vaccini da parte di
cattolici notoriamente impegnati sul fronte di altre battaglie in favore della
vita. Non mi interessa e non mi sento abilitato a discutere i singoli casi e le
eventuali incoerenze personali; come ho già detto, personalmente considero
irragionevole la scelta di non vaccinarsi, ma il punto su cui credo che non si
possa transigere è un altro: la signoria sul corpo non è dello stato.
Mai. Il libertario penserà che il corpo è il suo; il cattolico invece sa che il
corpo è di Dio.
Ma tenere fermo il punto che in ogni
caso non è dello stato non è cattolibertarismo, è semplicemente
cristianesimo.
Post scriptum. Il frutto più lieto della coscienza di essere “roba di Dio” è la
possibilità di vincere la paura. Si dà infatti credito a quella parola di Gesù: «anche i capelli del
vostro capo sono tutti contati. Non temete, voi valete più di molti passeri»
(Lc 12, 7).
La paura resta come paura carnale,
istintiva, ma non più come paura spirituale. Il grande compito dei cristiani –
in un mondo ormai devastato dalla paura (che di paura sta facendo morire gli
adolescenti e i bambini, i quali vedono gli adulti e i vecchi dominati dalla
paura) – sarebbe quello di testimoniare che è possibile non avere paura (almeno
non averne così tanta). Invece – bisogna dirlo onestamente – in molti casi
abbiamo dato una testimonianza di segno opposto e siamo apparsi i più
spaventati di tutti. Chiediamoci perché.
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