All’uomo che non ha avuto paura di fare un passo
indietro rispetto al potere più grande della Chiesa, si rinfaccia di aver avuto
paura di esercitare il proprio potere di arcivescovo per punire i colpevoli
delle nefandezze emerse nel rapporto di Pusch. L’avvocato non sente ragioni: suo
scopo è dimostrare che c’è una Chiesa brutta e cattiva che arriva a Benedetto
XVI, una Chiesa che insabbia pedofili, nasconde assassini e spalleggia opachi
banchieri. L’assunto
è molto semplice: se si elimina il passato, e lo si carica di tutte le colpe
del presente, allora è possibile purificarsi e rinascere.
Questo modo di vedere le cose nasconde una terribile
tentazione che è vivissima in ciascuno di noi: che per correggersi bisogna
farsi del male, bisogna censurarsi, bisogna sentirsi in colpa per la propria
storia, le proprie scelte e la propria vita.
La purificazione di questi signori nasce da un certo
odio che essi nutrono per una Chiesa che non esiste, a cui hanno addossato
tutto il male in modo tale da poterne prendere le distanze.
Questa storia degli abusi,
al contrario, c’è, esiste, perché la comunità cristiana possa fare i conti con il proprio male,
possa prendere sul serio qualcosa che solo la Grazia può
vincere e che noi ci illudiamo di addomesticare con buone strutture e ottimi
ragionamenti.
La mitezza di Ratzinger, in questo caso, diventa
parafulmine di una nuova ondata di fango, identificando nel papa tedesco
l’epicentro di tutto il male.
Una Chiesa che si guarda così, al pari di una persona
è destinata ad implodere.
I motivi di tale implosione potrebbero essere tanti,
ma forse uno è più grande degli altri: una Chiesa così crede che risani di più la propria
giustizia che il perdono di un Altro,
una Chiesa così crede – insomma – di potersi purificare senza Dio.
Ratzinger, nel suo pontificato, indicò a tutti una
strada; questi signori pensano di poter ritrovare la pace tracciando la scorciatoia più veloce verso il
colpevole, verso il già scritto, verso ciò che si è deciso debba
accadere già in partenza.
Il Sussidiario
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