«Imparate a giudicare, sarà l’inizio della liberazione».
Paolo Sottopietra (*)
«Durante il primo anno di università sentii pronunciare per la prima volta da don Giussani una delle sue frasi più proverbiali: «Imparate a giudicare, sarà l’inizio della liberazione». Era l’eco di una parola di Gesù: La verità vi farà liberi.
Per me fu veramente così. Molti degli educatori che avevo incontrato prima di allora guardavano con un certo sospetto alla parola «giudicare». Non giudicare sembrava essere un imperativo del vero cristiano, un atteggiamento inseparabile dalla virtù dell’umiltà…
Che cosa significa allora giudicare? Significa distinguere ciò che è da ciò che non è, il vero dal falso, la sostanza dall’apparenza, ciò che è autentico da ciò che è simulato. Significa distinguere il bene dal male, ciò che eleva l’uomo e ciò che invece lo umilia, ciò che piace a Dio da ciò che lo offende. Giudicate tutto e trattenete ciò che vale, sintetizza san Paolo.
Coltivare questa chiarezza è una vera opera di liberazione. Ogni cosa ha il suo nome. Il successo, per esempio, non coincide con il compimento di sé, la fama non è sempre sinonimo di grandezza, il risultato della propria azione non va confuso con il proprio valore. A volte, tuttavia, perfino distinguere l’amore dalla violenza, il desiderio dal capriccio, la libertà dalla schiavitù o dall’individualismo non è ovvio come sembra. Si tratta di esperienze di cui abbiamo bisogno per vivere come dell’aria che respiriamo, eppure noi scambiamo spesso una cosa per un’altra, e questa confusione ci fa soffrire. Dite di sì quando è sì e no quando è no, dice Gesù, il resto risponde a una logica che non è quella che vi ho insegnato io. Ecco dove sta la nostra libertà.»
(*)Superiore Generale della Fraternità San Carlo Borromeo
nell'immagine: Masaccio, Firenze, Cappella Brancacci, Pagamento del tributo; particolare : Gesù insegna agli apostoli
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