Vasilij Grossman per mezzo di Liss (Obersturmbannfürer rappresentante delle SS nell’amministrazione del lager) esprime la sua scandalosa convinzione che nazismo e comunismo siano entità speculari e gemelle, in cui i punti di somiglianza sono assai più significativi di quelli di divergenza.
Edizione Jaca Book 1984, Cap. 15 da pag.392 a pag.401
«Buongiorno», disse piano un uomo basso con lo stemma delle SS sulla manica della divisa grigia (…). Liss aspettò che Mostovskoj (vecchio bolscevico internato nel lager) finisse di tossire e disse: «Vorrei scambiare due parole con lei».
(…) Mostovskoj disse: «Questo è un interrogatorio. Io e lei non abbiamo niente da dirci».
«E perché mai?» chiese Liss. «Lei guarda la
divisa. Ma non ci sono nato dentro. Il Führer e il partito ordinano e noi,
soldati, obbediamo (…). Queste mani, come anche le sue, amano lavorare sodo e
non hanno paura di sporcarsi». (...)
Liss:«Quando io e lei ci guardiamo in faccia, non vediamo solo un viso che odiamo. È come se ci guardassimo allo specchio. È questa la tragedia della nostra epoca. Come potete non riconoscere in noi, non vedere in noi la vostra stessa volontà?...Voi credete di odiarci, ma è solo un’impressione: odiando noi odiate voi stessi. Tremendo vero?». (...) «Attacchiamo voi, ma in realtà colpiamo noi stessi. I nostri blindati non hanno violato i vostri confini, ma anche i nostri, c’è il nazionalsocialismo sotto i loro cingoli. È terribile, è come sognare il suicidio. Può finire in tragedia, per noi. Mi capisce? E se dovessimo vincere? Voi non ci sareste più e noi, i vincitori, ci ritroveremmo soli contro un mondo che non conosciamo e che ci odia».
Sarebbe stato facile confutare le parole di quell’uomo
… Ma c’era qualcosa ancor più raccapricciante e pericoloso delle parole di un
esperto provocatore delle SS. Una corda che vibrava, ora timida, ora maligna,
nel cuore e nel cervello di Mostovskoj. Erano
dei dubbi schifosi e sporchi che questi non scopriva nelle parole dell’altro,
ma nel proprio animo.
(…) Liss continuava a parlare, e di nuovo fu come se si fosse dimenticato di Mostovskoj. «Due poli! Proprio così! Perché se così non fosse, oggi non combatteremmo questa guerra tremenda. Siamo i vostri peggiori nemici, è vero. Ma se noi vinciamo, vincete anche voi. Mi capisce? E se anche vinceste voi, noi saremmo spacciati, sì, ma continueremmo a vivere nella vostra vittoria. È una sorta di paradosso: se perdiamo la guerra, la vinciamo e ci sviluppiamo in un’altra forma pur conservando la nostra natura».
(Vasilij Grossman, Vita e Destino, 1960, Jaca Book pag.392
1984 poi pubblicato in versione integrale nel 1990)
Le parole di Liss sono sicuramente tra le più
sconvolgenti e provocatorie di tutto il romanzo.
Liss afferma senza mezzi termini di ammirare Lenin, perché è stato il leader dei bolscevichi ad aver fondato un partito di tipo nuovo, basato sulla disciplina, l’obbedienza assoluta dei militanti, l’abdicazione di ogni pensiero (comprese le considerazioni di carattere etico) alla rivoluzione e a chi la guida. Hitler, sotto questo profilo, non è stato altro che un bravo discepolo, come lo è stato – ovviamente – Stalin.
Entrambi hanno dato vita al «socialismo nazionale dello Stato»; certo, in apparenza, le società che essi guidano sembrano (e in parte sono) diverse. Nella sostanza, però, dice Liss, «non esistono baratri», al punto che URSS e Terzo Reich potrebbero essere definite «forme differenti di un unico essere », lo Stato partitico, appunto (p. 399).
Ciò
che li accomuna è il fatto di cancellare la libertà, di schiacciare l’autonomia
dell’individuo e di non ammettere alcuna forma di divergenza. Ecco perché
entrambi fanno uso sistematico del lager (per chiunque sollevi critiche ed
obiezioni), procedono alla eliminazione violenta di chiunque critichi l’agire
del Capo, non esitano ad uccidere milioni di persone (se e quando esse sono, o
semplicemente vengono considerate, ostacoli al conseguimento dei fini che il capo e lo Stato si propongono di conseguire): “Voi
avete ucciso milioni di persone, e gli unici ad aver capito che andava fatto siamo
stati noi tedeschi”. E Liss conclude:”Deve credermi, io ho parlato,e lei ha
taciuto, ma io so di essere per lei uno specchio.”
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