Formigoni, Lupi, Mauro, Fitto, Alfano, Romano.
Il programma di Rete Italia per il paese è che «la sussidiarietà è il nuovo nome della libertà»
di Emanuele Boffi
Nel Pdl per il Ppe. Ridotto a epigrammatico slogan è questo il riassunto del coordinamento nazionale di Rete Italia svoltosi sabato 27 novembre a Milano. La componente del Pdl nata per iniziativa del governatore lombardo Roberto Formigoni, del vicepresidente della Camera Maurizio Lupi e dell’europarlamentare Mario Mauro si è ritrovata per lanciare un appello ai moderati che credono nella sussidiarietà e si riconoscono nei valori del Partito popolare europeo.
Un intento avallato dal ministro della Giustizia Angelino Alfano che, portando i saluti del premier Silvio Berlusconi, ha definito la sussidiarietà come «nuovo nome della libertà». Un nome che «non è solo un proclama ma un programma di governo» che Regioni come la Lombardia hanno reso credibile da spendere come modello di intervento in tutto il paese.
Parlamentari, eurodeputati, amministratori locali. Erano circa quattrocento i presenti al convegno “Cristiani nel Pdl”, il cui titolo è stato letto da Formigoni come un invito a considerare il partito di Berlusconi come il più vicino e il più disponibile a «valorizzare le nostre posizioni e i nostri ideali». Rete Italia non ha nessun imbarazzo per le vicende personali del premier. Formigoni ha fatto sue le parole del vescovo di Trieste Giampaolo Crepaldi: «Tra un partito che contemplasse nel suo programma la difesa della famiglia fondata sul matrimonio e il cui segretario fosse separato dalla moglie e un partito che contemplasse nel programma il riconoscimento delle coppie di fatto e il cui segretario fosse regolarmente sposato, la preferenza andrebbe al primo partito. È infatti più grave la presenza di princìpi non accettabili nel programma che non nella pratica di qualche militante, in quanto il programma è strategico ed ha un chiaro valore di cambiamento politico della realtà più che le incoerenze personali».
Il programma di Rete Italia, ha detto Formigoni, è «valorizzare e sostenere ciò che funziona, come le famiglie, le piccole imprese, il mondo del no profit. Siamo nel Pdl da cristiani perché è un partito grande che sa difendere e valorizzare le nostre posizioni. Non siamo d’accordo su tutto, ma sappiamo distinguere tra la caducità dei comportamenti e la serietà del programma». Formigoni ha mandato messaggi a Gianfranco Fini, («che vuole distruggere la maggioranza e con cui non andremo mai»), a Pier Ferdinando Casini («ripensaci, cosa vai a fare con Fli?») e a Umberto Bossi («alleati sempre, omologati mai. Per noi il federalismo è un mezzo per arrivare a politiche più sussidiarie. L’autonomia non è il localismo. Noi siamo per un mix pubblico e privato, non come la Lega che si allea anche col Pd pur di governare sul territorio»).
No al neoclericalismo trasversale
C’è una battaglia culturale da iniziare in tutto il paese per difendere alcuni punti irrinunciabili come «la vita, la famiglia, il 5 per mille, l’educazione, il lavoro». Battaglia in cui saranno protagonisti anche il ministro Fitto, che nel suo intervento ha attaccato il «relativismo fondamentalista di alcune trasmissioni come Vieni via con me» e invitato a lavorare per «allargare i confini del Pdl». Primo esempio di questa dilatazione oltre tracciati già conosciuti è stato Saverio Romano dei Popolari di Italia domani, ex Udc che ha abbandonato Casini in disaccordo su una strategia «opportunistica e trasformista». Romano ha spiegato che «assieme a una piccola pattuglia di parlamentari abbiamo deciso di fare questo passo stanchi dei continui riposizionamenti tattici di Casini. Proprio in Sicilia, solo per far nascere il terzo polo, Casini ha imbarcato il Pd, contro ogni elementare principio di coerenza politica. Ma quel di cui ha bisogno il paese non è un neoclericalismo trasversale, ma una forza compatta che sia in grado di affrontare le sfide decisive sui valori non negoziabili».
Valori comuni cui si è richiamato anche Mario Mauro, chiedendosi cosa mai fosse cambiato nel sodalizio che per tanti anni ha unito Fini e Casini a Berlusconi. «è accaduto che con motivazioni ideologiche e personalistiche si è voluta spezzare quell’unità che era utile per costruire il bene comune», ha detto Mauro.
«Il 14 dicembre – ha ricordato Lupi – si voterà la fiducia e solo due giorni dopo c’è il Consiglio d’Europa per affrontare la crisi economica mondiale. E noi cosa faremo, ci presenteremo con un governo delegittimato perché Fini ha il problema della leadership? E Fini ci spieghi: qual è il suo progetto alternativo? Avete visto il presidente della Camera con Bersani a Vieni via con me? Era impressionante: potevano scambiarsi le liste dei valori di destra e sinistra. Erano uguali. Questa è omologazione».
Momento grave ma favorevole
«Qual è la politica di Fli?», ha chiesto Lupi. «Sulla riforma universitaria è quella di Giuseppe Valditara che è stato relatore al Senato del ddl Gelmini o quella di Fabio Granata che si è arrampicato sui tetti?». Se il momento è grave «noi non dobbiamo spaventarci. Anzi, per certi versi può diventare favorevole perché avremo la possibilità di chiarire qual è il nostro compito. Che non è quello di ricreare una nuova unità fra i credenti, ma quello di rigiocare la nostra identità cristiana nel perimetro della politica italiana. Avendo sempre in mente l’appello del Papa a Cagliari, affinché fiorisca una nuova generazione di cattolici impegnati in politica».
DA TEMPI 3 DICEMBRE 2010
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