Il Presidente del Consiglio Comunale di Cesena (PD) ha presentato un ordine del giorno sul tema, ambiguo e melenso, con ampi richiami alla "spiritualità" di San Francesco, nel nome di un pacifismo irenico e arrendevole.
Questa la dichiarazione del Consigliere Comunale del PDL
Signor Presidente,
come Lei sa questo ODG da Lei presentato non ci piace e anzi
lo riteniamo una trappola per farci votare comunque una cosa che è ambigua e
interpretabile in modi che non condividiamo, perché, si dice, non si può votare
contro la pace. Ma di quale pace si tratta?
Questa proposta confonde volutamente pace e pacifismo, che è
l’opposto della pace. L’irenismo, signor presidente, è certamente attraente, ma
non può esserlo a spese del realismo.
Chi ha scritto questo ODG è una persona che pensa che le culture siano equipollenti, si
rifiuta di giudicarle, ritiene che accettarne una, la propria, e difenderla sia
un atto di egemonia, un gesto di intolleranza, comunque un atteggiamento non
democratico, non liberale, non rispettoso dell’autonomia di popoli e persone. A
chi pensa così, “spirituale” è digeribile, perché generico, “religioso” anche perché
indistinto, ovvio, condiviso, ma citare San Francesco, senza dire che è
cristiano, citandolo come portatore di valori universali indistinti e buonisti,
senza dire che i suoi valori sono tali perché è cristiano, è il punto più basso
di questo ODG: ed è facile capire perché, perché nell’ottica del pacifismo la
parola “cristiano” è inaccettabile, perché identitario, proprio, preciso, e
perciò sospetto di arroganza.
Tutti sappiamo cosa accade oggi in Italia. A proposito della
questione religiosa. Nel nostro paese oggi, grazie a Dio, chi disonora la fede
di Israele, la sua immagine di Dio, le sue grandi figure, è punito dalla legge.
È punito anche chiunque vilipendia il Corano e le convinzioni dell’Islam. Se invece
si tratta di Cristo e di ciò che è sacro per i Cristiani, ecco che allora la
libertà di opinione diventa il bene supremo, limitare il quale sarebbe
minacciare o addirittura abolire la tolleranza e la libertà. Ma la libertà di
opinione non è libertà di mentire, di cancellare i diritti o distruggere l’onore
dell’altro.
B. Angelico: S. Francesco e il sultano |
Noi sappiamo che San Francesco non è affatto il personaggio che generalmente ci viene
presentato adesso. Non era il precursore dei teologi della liberazione. Né
tantomeno fu l’araldo dl un cristianesimo dolciastro, melenso,
ecologico-pacifista: il tipo che ride sempre, che parla con gli uccellini e fa
amicizia con i lupi, uno che corre fra le spighe di grano mosse da una brezza
leggera in un cielo azzurro (così come l’ha descritto Zeffirelli) uno
spiritualista imbottito di luoghi comuni, senza identità. I francescani, quando
è stato necessario hanno difeso l’Europa e la Cristinità pregando e impugnando
le armi. Nel giugno del 1219 Francesco e frate Illuminato raggiunsero il campo dei
crociati che assediavano Damietta da qualche tempo, e parlò col sultano, difese l’opera del crociati e propose al
sultano la conversione. Il Saladino gli permise anche di predicare ai
musulmani, ma — sembra — senza ottenere successo. Non stava in Italia, ma agiva
nel mondo per difendere la Chiesa. Se l’Europa non è diventata islamica fra il
1400 e il 1600 lo dobbiamo anche a dei Santi Francescani, come
San Giovanni da Capestrano, che nel 1456
combattè sotto le mura di Belgrado, dove i turchi furono sconfitti (e morì
pochi giorni dopo la vittoria), e San Marco D’Aviano, che nel 1683 fu uno dei
principali attori della vittoria contro i turchi a Vienna. Questo è San
Francesco con i suoi frati.
In questo ODG i portatori di pace sono
trasformati in portatori di pacifismo. Beati sono i costruttori di pace, non i pacifisti.
Beati sono quelli che riescono ad evitare una guerra, non quelli che ne
ripudiano il concetto. Immorali sono le guerre immorali. Beati sono quelli che,
quando c’è la guerra, riescono a combatterla col minimo danno, non quelli che
alzano le mani di fronte al nemico. La multiculturalità non può essere
abbandono e rinnegamento di ciò che è proprio, fuga dalla propria identità. E come
si difende la propria identità? Con la cultura, certo, l’educazione, le
relazioni diplomatiche, i rapporti politici, gli scambi economici, il dialogo,
ma quando questo non basta occorre anche altro.
Chi predica l’equipollenza delle culture
insegna non la tolleranza, ma l’arrendevolezza, spinge alla resa più che alla
consapevolezza, più al declino che alla convinzione.
Il pacifismo che non conosce più valori degni
di essere difesi e assegna a ogni cosa lo stesso valore è da rifiutare. Un modo
di essere per la pace così fondato, in realtà significa anarchia, e nell’anarchia
i fondamenti della libertà sono persi.
Non parliamo poi del pacifismo delle marce
della pace, così come sono degenerate nel tempo. E’ un movimento che con una maschera
universalista scende in piazza contro i nemici dei suoi amici – questi ultimi
spesso regimi dittatoriali e i primi sempre Stati democratici- e si fa complice
silezioso di tante dittature (la Cina, per esempio). Il nemico del movimento
pacifista allora non è la guerra, ma l’Occidente e il capitalismo, la libertà e
la democrazia. Non si capisce perché quando i morti sono milioni i pacifisti se
ne freghino altamente e quando invece si tratta dei due loro grandi nemici, Usa
e Israele, il processo alle intenzioni è sempre e comunque giustificato. Forse
i pacifisti non se ne rendono conto ma in molti casi non sono altro che un
pessimo residuo bellico della guerra fredda.
Per questo l’ODG non ci piace, perché è
ambiguo e favorisce tutte le interpretazioni possibili della parola pace, anche
di quelle che ne rappresentano l’opposto.
TOMMASO MARCATELLI
Nessun commento:
Posta un commento