LEONARDO LUGARESI
Dunque i nostri vescovi, come previsto, hanno sentito la necessità di
cambiare la traduzione del testo liturgico del Padre Nostro perché hanno
ritenuto non più accettabile l'espressione «non ci indurre in tentazione». A me
quelle parole non hanno mai fatto alcun problema e non ricordo di essermi mai
accorto che facessero problema a qualcun altro, ma questo vuol dire poco: sono
“epi-skopoi”, vedono le cose dall'alto, e di lì avranno visto che quella
traduzione era in effetti una gran difficoltà per il popolo di Dio. “Non
capisco ma mi adeguo”, come diceva un mio concittadino.
Duccio di Buoninsegna, La tentazione di Cristo, Duomo di Siena |
C'è però un altro problema, che nasce dal fatto che hanno deciso di
sostituire quella “vecchia traduzione inadeguata” non con un'altra traduzione ma con una spiegazione. Tale, infatti, deve
considerarsi l'espressione adottata: «non ci abbandonare alla tentazione».
Mi chiedo se abbiano ponderato bene le implicazioni di questa scelta, che
di fatto sostituisce la glossa al testo. Quante sono le asperità, le oscurità,
perfino gli “scandali” che il testo biblico ci mette davanti? Innumerevoli. Ma
è un bene sottrarle ai fedeli? Origene e dopo di lui gli altri Padri ci hanno
insegnato come e perché l'asperità del testo sacro sia invece un dono prezioso
al lettore che voglia veramente assimilarne il senso.
Con questo metodo, che
per altro è già in vigore da tempo, tutte le asperità possono essere appianate,
tutte le oscurità chiarite e tutti gli “scandali” tolti di mezzo. Di questo
passo, non finiremo per avere un testo facilitato, a nostra misura, che dice
sempre quello che ci aspettiamo che dica? Con un po' di malizia, si potrebbe
arguire che, in questo modo, invece di “vivere il vangelo sine glossa” – com'era l'ideale arduo e quasi irraggiungibile di Francesco
(quell'altro) – si potrà passare direttamente alla glossa, saltando il testo.
Ma se la glossa sostituisce il testo, niente più Origene, niente più Francesco.
P.S. A chi obiettasse che questi sono arzigogoli aristocratici, fisime da
eruditi che hanno tempo da perdere, mentre i vescovi giustamente si preoccupano
del buon popolo di Dio, farei sommessamente notare che in fin dei conti chi sa
il greco la possibilità di sapere cosa ci sia scritto nel vangelo ce l'ha
comunque, mentre è proprio alla grande maggioranza dei fedeli, che il greco non
lo conoscono, che viene tolto l'accesso al testo così com'è, quando al posto di
una corretta traduzione gli viene data un'esegesi.
Leggi anche il commento di NICOLA BUX
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