GLI ULTIMI BAGLIORI DI QUESTA UNIONE EUROPEA
La Brexit è il detonatore della nostra
crisi contemporanea, quella dell'Occidente.
Scoppia non a caso a Londra, patria del capitalismo (qui vi è sepolto anche il suo più
importante critico, Karl Marx) e si propaga sempre non casualmente a Washington (Trump) e Parigi (Macron), le
città delle rivoluzioni e della libertà. L'Unione europea di fronte a
questa ondata che ha origini lontane (1990-2008, ascesa e declino della
globalizzazione) avrebbe dovuto affrontare la Brexit e il caso inglese con
grande delicatezza, ma è entrata in sala
operatoria con l'ascia e agitandola ha costretto - di questo si tratta - la
premier Theresa May a bere la cicuta di un accordo che è troppo oneroso e
umiliante per gli inglesi.
Lo scontro tra la Commissione Ue e il governo italiano
ha la stessa matrice culturale dello scontro con la Gran Bretagna.
L'Unione
europea applica all'Italia - paese fondatore dell'Unione, terza economia
dell'Eurozona - la sua logica economica senza
guardare alla sostanza politica del problema che si presenta con l'Italia:
lo scenario anticipato dell'Europa dopo il voto di maggio 2019. Questo quadro
c'è già in Svezia (dopo il voto non riescono ancora a formare il governo),
si sta profilando in Germania (la Grosse
Koalition è in panne), c'è una profonda crisi di consenso per
Macron in Francia, una crisi di carattere costituzionale in Spagna (vedere alla
voce Catalogna), uno Stato tenuto in vita in maniera artificiale in Grecia
(vedere
cosa sostiene il Fondo monetario internazionale). I parlamenti prima
diventano zoppi, poi vengono conquistati dai partiti nazional-populisti o da
forze anti-sistema che sostituiscono quelle tradizionali.
Nonostante questi bagliori giganteschi, la Commissione Ue e
l'Italia non trovano alcun punto di incontro. Bruxelles prepara la procedura
d'infrazione contro il governo di Giuseppe Conte, lo spread si alimenta delle
chiacchiere in libertà di tutti, a Palazzo Chigi Di Maio e Salvini litigano sui... termovalorizzatori.
Chi guida la
politica europea dovrebbe sapere a cosa condurrà il muro contro muro con
l'Italia. Ma anche in questo caso l'atteggiamento è quello di chi sa di
essere in posizione di supremazia e imporre delle scelte. Come abbiamo visto
finora, così non è, per la semplice ragione che in Italia c'è un governo non
solo di segno, ma di natura completamente diversa rispetto al passato. Ancora
una volta, siamo di fronte a un deficit non contabile, ma di lettura
storica.
Il
caso è quello del vincitore di una guerra che messo in posizione di assoluto vantaggio
decide di infierire sul vinto. Così si sta comportando l'Unione europea nel
caso inglese e italiano. Le parti di un contratto sono due. E devono
incontrarsi. È sempre la storia a spiegarci cosa accade. Così dalla Seconda
guerra mondiale torniamo indietro e passiamo alla Prima guerra mondiale, alla
disastrosa pace di Versailles del 1919 in cui le nazioni vincitrici
strangolarono la Germania con le sanzioni. Il risultato fu l'avvento di Hitler
e un'altra guerra ancora più sanguinosa. Tutto questo è raccontato con maestria
assoluta da John Maynard Keynes ne Le
conseguenze economiche della pace, libro profetico scritto prima e non dopo le conseguenze inattese che
poi puntualmente arrivarono.
Il
caso inglese e il caso italiano stanno correndo in parallelo, stessa rotta di collisione. Le
decisioni fatali dell'Unione europea e dei governi di Londra e Roma preparano
un gigantesco big bang della politica europea.
Sono ancora in tempo a fermarsi? Certamente, ma bisogna ricordare che
nella storia ci sono fatti e direzioni di marcia che a un certo punto appaiono
ineludibili.
Così oggi la hard
Brexit diventa un rischio concreto e una crisi finanziaria dell'Italia una
faccenda maledettamente seria. Questi due fattori, combinati, possono
creare un guaio ancor più grande, una singolarità, la rottura dell'Unione
europea e dell'Eurozona.
Da LIST, venerdì 16 novembre
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