mercoledì 3 aprile 2019

VERONA AMARA



Dalle esperienze bisogna  imparare.
Anche in occasione di questo Congresso sono emerse da parte cattolica le posizioni delle “anime belle” che condividevano i contenuti ma non i metodi.
 In altre parole ritenevano che il modo con cui il congresso era stato organizzato escludendo un confronto, era sbagliato, mentre  avrebbero voluto posizioni dialogate. Secondo loro non si trattava di ribadire delle verità e di chiamare a raccolta quanti volevano impegnarsi per difenderle, ma sarebbe stato utile creare un tavolo di confronto in vista di passi condivisi.
Si tratta dell’idea secondo cui il cattolico dovrebbe sempre proporre soluzioni aperte e mai dichiarare delle verità o condannare degli errori. Insomma, dovrebbe essere sempre “per” e mai “contro”. Si tratta dello stile di chi dice che non si devono mai usare parole ostili. Sotto sotto c’è l’idea che il modo (il come) sia importante quanto e forse più del contenuto (il cosa).
Ora, i fatti verificatisi attorno al Congresso hanno completamente sfatato questa illusione “pastoralista”. Mentre le “anime belle” del cattolicesimo non ostile rimproveravano gli organizzatori del Congresso e i partecipanti ad esso, gli altri, ossia coloro verso cui si sarebbe dovuto aprire un dialogo, puntavano le loro artiglierie e sparavano ad alzo zero; preparavano i loro agguati e i loro trabocchetti, mobilitavano le loro truppe pagandone il viaggio in pullman a Verona per manifestare, aggredivano, insultavano e denigravano, seminavano bugie, mobilitavano conduttrici e conduttori RAI, precettavano gli intellettuali di grido … insomma facevano la guerra. Nei confronti di questo bombardamento belligerante, nessuna delle “anime belle” è intervenuta con parole di condanna o di dissociazione, anzi hanno continuato a criticare gli organizzatori del Congresso perché non avevano gettato “ponti” e perché avevano usato stili ostili.
Il Congresso di Verona, per questi motivi, è stato la confutazione piena del cattolicesimo dialogante, ha ribadito che per dialogare bisogna essere in due e se l’altro spara non è possibile mettersi a dialogare con lui, che è in atto una lotta non disciplinata da nessuna regola – Carl Schmitt direbbe una “lotta partigiana” – e che la controparte mette in campo tutte le sue potenti legioni. È una lotta in cui, come in ogni lotta, ci sono le defezioni e i tradimenti. Una lotta in cui, come in ogni lotta, il pericolo principale è il “fronte interno”. La richiesta del dialogo sistematico e preventivo è – per usare una espressione militare -  una forma di connivenza col nemico.


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