La vittoria della Lega
e le ipocrisie delle intellighenzie
Caro direttore,
continuo a leggere commenti e spiegazioni a mio giudizio fuorvianti sulla recente vittoria elettorale della Lega.
continuo a leggere commenti e spiegazioni a mio giudizio fuorvianti sulla recente vittoria elettorale della Lega.
Per qualche giorno, la giustificazione è
stata rintracciata nella presunta
ignoranza dell’elettorato medio leghista, tendenzialmente restio a
ragionamenti complessi e barbaramente preda di istinti più o meno sopiti e ora
violentemente esplosi.
Oggi – leggendo giornali e commenti
Facebook di amici che pure stimo – la motivazione sembra invece essere
rintracciata nell’irrazionale paura del
diverso alimentata ad arte da Salvini a cui i più sciocchi, fatalmente e
febbrilmente, avrebbero creduto.
Terza ipotesi. Il voto alla Lega sarebbe il risultato della scomposta e impulsiva
reazione delle classi più povere che, annegando nei disagi delle periferie
urbane e della provincia italiota, avrebbero poi sfogato le proprie ire funeste
nel voto al brutale Salvini.
In tutte e tre le ipotesi, il dato
costante resta il disagio e l’incompetenza più o meno manifesta che sarebbe
propria dell’elettore leghista.
A me sembra invece che la larghissima
vittoria della Lega sia un fattore che deve interrogare seriamente tutti,
perché probabilmente è il segno di
alcune dinamiche della società italiana che negli anni non sono state colte a
sufficienza a causa di cecità e ipocrisie tra le più svariate.
Le
tre ipotesi di cui sopra non reggono per tanti motivi. Immaginare che il 35% dell’elettorato
italiano sia ignorante è da ignoranti; così come immaginarlo povero è da
poveri, almeno di creatività (tanto più se consideriamo che la provincia
italiana è mediamente più ricca dei centri urbani più grandi e vi si vive di
gran lunga meglio, e che anche le periferie urbane rappresentano un magma
complesso ed eterogeneo difficilmente classificabile, niente affatto abitato
soltanto da poveri); l’elettore leghista inoltre, storicamente, è tutto fuorché
povero: nell’immaginario collettivo, parziale ma indicativo, ha la fabbrichetta
in Brianza e parcheggia il Suv in doppia fila; pensare, poi, che quelli alla
Lega siano tutti voti frutto di paura, se può servire a liberare alcune
coscienze non può dar ragione di un voto così esteso nel numero e così
variegato nella provenienza; da ultimo, c’è da considerare che la maggioranza
dei cattolici ha votato Lega: possibile si siano rincitrulliti tutti, tanto più
dinanzi a un Papa che ha mostrato di non gradire troppo Salvini?
Sono ipotesi che non reggono. O almeno,
che dicono solo di una parte piccola, se non piccolissima, di ciò che realmente
c’è in gioco.
A mio parere, per spiegare l’ascesa
della Lega vanno considerati altri fattori, che per brevità riassumo in punti.
1.Le politiche neo-liberiste degli
ultimi anni hanno barbaramente lasciato indietro gli ultimi,
fagocitando la coscienza dei popoli e delle comunità e disintegrando in un
tempo brevissimo l’identità personale e collettiva dell’uomo occidentale. Questo ha creato smarrimento e
frustrazione che, alimentato dalla recente crisi economica, sta trovando nel
cosiddetto “sovranismo” una voce di ascolto (giusta o sbagliata che sia, non è
questa la sede per dirlo). I richiami al rosario di Salvini che tanto hanno
fatto discutere, odiosi e faziosi quanto si vuole, hanno fatto leva su questo
smarrimento: indignarsi sull’uso politico di simboli religiosi porta a poco,
sarebbe meglio cercar di capire su quale bisogno esso fa leva e del perché sia
esploso in modo così poderoso in questi ultimi anni. Occorre interrogarci su questo sviluppo
capitalista in senso progressista e sulle conseguenze nefaste che sta creando.
È tutto buono quello che viene da questo sviluppo? È l’unico possibile? Il voto
a Salvini – come i gilet gialli in Francia o la Brexit in Gran Bretagna – ci
dice di no, e che forse occorre quantomeno prendere in considerazione ipotesi
diverse. Come fa Papa Francesco, per intenderci.
2. A ciò legato, il voto “sovranista” deve essere letto come una
critica più o meno cosciente alle storture della globalizzazione, che ci vuole fantasmi senza patria (e padri), senza
identità, apolidi e amorfi, per cui dobbiamo essere “nessuno” per poter essere
“tutti”. Questo fatto – e il conseguente disagio che genera –
le classi popolari lo sanno cogliere prima e meglio della borghesia perché più
abituate a sentirsi “gruppo” (di paese, di quartiere, di fabbrica, ecc). La
borghesia, invece, a quell’individualismo amorfo è culturalmente e storicamente
più avvezza. Motivo per cui non così raramente nella storia il popolo ha saputo
vedere più lontano e meglio di chi lo ha guidato.
3. L’Unione Europea così come si è
palesata negli ultimi anni – un coacervo indistinto di burocrati e numeri – non può funzionare a
lungo. Il voto alla Lega, per questo, è stato anche un segnale lanciato a
Bruxelles che così come è stata ridotta l’Europa rischia di cadere. Provocando
un po’, possiamo dire che è stato un voto in qualche modo europeista. Votare altre liste avrebbe
significato affermare implicitamente che un’Europa abbarbicata su se stessa
andasse bene e potesse reggere. E così non è.
4. C’è poi l’esempio dei molti comuni
del Nord Italia da non dimenticare, di norma ben governata da amministratori
locali leghisti. La Lega non è un fenomeno temporaneo ed estemporaneo come
potrebbero essere i 5 Stelle. Sono trent’anni che governa molte realtà del Nord
Italia. Rispetto alle chiacchiere sterili e infinite cui siamo normalmente
assuefatti, l’amministratore leghista dà l’idea di essere “l’uomo del fare”. E
questo piace.
5. La Lega ha saputo poi interpretare al meglio il bisogno
di sicurezza che milioni di italiani sentono come un fatto reale, e che
altri partiti (in primis il Pd) non hanno saputo cogliere a pieno perché da
tempo distanti dalla realtà viva del Paese. Che volgarmente hanno etichettato come “pancia”.
L’immigrazione irregolare, ad esempio, il cui impatto alcune comunità si
trovano a vivere più di altre. Non si possono leggere questi fenomeni solo con
i freddi dati e le freddissime statistiche, come per anni è stato fatto, perché
dati e statistiche non sanno cogliere il dettaglio, il particolare, che invece
in questo tipo di disamine è tutto. Non a caso, questi studi ci hanno raccontato per mesi che non vi era
nessuna emergenza in atto, se non quella razzista degli italiani che non
accettavano le decisioni prese sulla propria testa. In alcune aree del Paese, invece, l’emergenza c’è eccome: molti
quartieri a Roma, per fare un esempio, sono circondati da palazzi occupati
illegalmente da chi spesso usa questa povera gente, che viene lasciata vivere
in condizioni disumane.
Si è solerti a sollecitare gli
sbarchi quando il caso è sui giornali (posizione più che legittima, beninteso),
poi però che fine facciano queste persone, e come esse vivano, nessuno lo sa e
nessuno se ne interessa. Ognuno se ne torna nel proprio appartamento
piccolo-borghese e la consueta ipocrita vita annoiata ricomincia… A meno che,
non venga occupato il palazzo vicino alla propria casa: allora le cose
cambiano.
Salvini ha saputo intercettare queste
richieste; non risolverà nulla, forse, ma le ha intercettate. E questo conta
per contare i voti.
Tanti altri motivi potrebbero essere
evidenziati. Quello che è certo è che il fenomeno Salvini –
come ogni fenomeno storico – è assai più complesso delle riduzioni
semplicistiche con cui si vorrebbe rinchiudere la realtà in un bicchiere.
Cosa che può servire a fornirci confini percorribili rispetto al caos variegato
di cui è fatta la realtà, e quindi a rassicurarci sul momento, almeno un po’.
Ma non può essere utile a comprendere ciò che accade, i cui fattori in gioco
sono tanti tanti tanti tanti.
E per l’appunto, complessi.
Il sussidiario.net
3 giugno 2019
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