di LUCETTA SCARAFFIA
La decisione della Cgil di aderire all’iniziativa dei radicali che
chiedono la liberalizzazione e regolamentazione della gestazione per altri, oltre a essere discutibile è
soprattutto inattuale. Del resto, come hanno scritto 150 femministe, è difficile capire come questo problema possa essere ritenuto di
competenza sindacale, dal momento che non si tratta certo di prestazione di lavoro, ma di puro sfruttamento
del corpo femminile dietro compenso: quindi qualcosa di
più vicino alla prostituzione che al lavoro salariato.
Ma colpisce soprattutto il fatto che, mentre i salariati che lottano per il
lavoro in pericolo sono tanto numerosi, la Cgil scelga di sconfinare dal suo
ambito istituzionale dedicando tempo e risorse a un problema che nel nostro Paese non esiste perché l’affitto dell’utero non è consentito dalla legge. Questa
strana decisione ricorda la scelta che fece il partito comunista, poi Pd, a
fine XX secolo, quando la crisi del sistema comunista imponeva la scelta di
nuovi obiettivi. Accadde così che gli ex comunisti cercassero di sposare i ‘diritti delle donne’ e le scelte di liberalizzazione su temi di bioetica, facendo diventare
‘di sinistra’ una lotta soprattutto finalizzata ad ampliare i diritti
individuali.
La motivazione ‘di classe’ è sempre la stessa: che i ricchi possono eludere la proibizione andando all’estero e i poveri no.
Motivazione che in questo caso sarebbe valida solo se esistesse un diritto al figlio, che invece non esiste. Non pare proprio però che questa tattica abbia sortito
buoni risultati. È solo riuscita a piegare problemi gravi, che richiedono una
pacata discussione sulla natura umana, a una superficiale logica di scontro
politico.
In un momento in cui il nostro Paese sta vivendo una grave crisi, che
senso ha cercare di rifarsi una immagine ‘progressista’ sulle spalle di donne
costrette dalla necessità economica a vendere il proprio corpo? Non sarebbe
invece il caso, da parte del sindacato, di smascherare la falsa libertà di un consenso estorto dalla necessità economica, che solo biechi
sfruttatori come le agenzie internazionali che si occupano di vendere gli uteri
– in cambio di somme ingenti solo in minima part date alle donne – osano ancora
chiamare "dono solidale"?
Il resto del
Carlino 20 giugno 2019
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