venerdì 6 maggio 2022

CORTE SUPREMA USA, LA BOZZA A FIRMA DEL GIUDICE ALITO VS LA LEGALIZZAZIONE DELL'ABORTO

 Esaminiamo la prima bozza a firma del giudice Samuel Alito della Corte Suprema degli Stati Uniti che intende annullare sia la sentenza Roe vs Wade del 1973 che legalizzò l’aborto in tutto il Paese sia la sentenza del 1992 Casey vs Planned Parenthood che, in buona sostanza, confermò l’impianto della prima sentenza. 

La Corte Suprema degli Stati Uniti d'America


Il parere su queste due sentenze nasce dalla decisione della Corte d’Appello per il Quinto Circuito, la quale riteneva incostituzionale una legge del 2018 del Mississippi (Gestational Age Act), che prevede il divieto di aborto dopo la 15^ settimana di gestazione, eccetto in due casi particolari. Chi si è opposto alla decisione della Corte d’Appello ha chiesto che venisse sindacata la legittimità delle sentenze Roe e Casey. E così ha fatto la Suprema Corte. La vertenza presso la Corte è ancora aperta e si chiuderà verso fine giugno o inizio luglio, quindi sia la decisione sulla legge del Mississippi sia i giudizi contenuti nella bozza potranno ancora essere rivisti.

Partiamo dalla decisione che hanno sottoscritto i cinque giudici repubblicani: “Riteniamo che Roe e Casey debbano essere annullate. La Costituzione non fa alcun riferimento all’aborto, e nessun diritto del genere è implicitamente tutelato da alcuna disposizione costituzionale” (p. 5). Andiamo ad analizzare le motivazioni soggiacenti a questa decisione, ma prima è bene fare una precisazione. Alito scrive nel parere: “La nostra decisione non si basa su alcun giudizio in merito a quando uno Stato dovrebbe considerare la vita prenatale come avente dei diritti o interessi legalmente riconoscibili” (p. 29). La Corte quindi demanda ai singoli Stati tale questione legata all’eventuale soggettività giuridica del nascituro e, a monte, allo status personale dello stesso. Le due sentenze di cui sopra sono illegittime per altri motivi che qui andremo ad esaminare in modo sintetico.

LA TRADIZIONE GIURIDICA

I giudici della sentenza Roe legalizzarono l’aborto puntellandosi al principio della privacy che discendeva implicitamente da un altro principio contenuto nel XIV emendamento: il principio di libertà. Ma i giudici odierni della Corte Suprema, oltre a ricordare che in nessuna parte della Costituzione viene menzionato il diritto all’aborto, hanno avuto facile gioco a spiegare che era impossibile che gli estensori di quell’emendamento volessero ricomprendere l’aborto nel concetto di libertà: “Nel 1868, quando fu ratificato il Quattordicesimo Emendamento, tre quarti degli Stati, 28 su 37, avevano emanato norme che qualificavano l’aborto un reato” (p. 23). Gli altri Stati emanarono leggi simili negli anni successivi. A riprova di ciò la Corte, nelle Appendici A e B, riporta stralci di 50 normative che sanzionavano l’aborto. Dunque il XIV emendamento non tutela la libertà di abortire: “Nel momento in cui ci impegniamo, nel presente caso, in tale indagine [riguardante il concetto di libertà], la risposta evidente è che il Quattordicesimo Emendamento non tutela il diritto all’aborto” (p. 14).

Questa tradizione giuridica pro-life si è mantenuta sostanzialmente intatta fino alla sentenza Roe: “Al tempo di Roe, 30 Stati proibivano ancora l’aborto in tutte le fasi” (p. 2). Per quale motivo? “Vi sono molte prove che l’approvazione di queste leggi sia stata […] incentivata da una sincera convinzione che l’aborto uccide un essere umano” (p. 29). La Corte dunque sostiene che “la conclusione inevitabile è che il diritto all’aborto non è per nulla profondamente radicato nella storia e nelle tradizioni della Nazione” (p. 24), anche perché, all’opposto, esiste “una tradizione ininterrotta di proibire penalmente l’aborto [... ] dai primi giorni della common law fino al 1973. […] Fino all’ultima parte del XX secolo, nella legge americana non c’era nessun puntello per avvalorare un diritto costituzionale ad abortire. Zero. Nessuno. Nessuna disposizione costituzionale statale aveva riconosciuto un tale diritto. Fino a pochi anni prima della pronuncia Roe, nessun tribunale federale o statale aveva riconosciuto un tale diritto. Né c’era alcun trattato accademico di cui siamo a conoscenza” (pp. 24-25; p. 15) che lo riconosceva. Ciò a dire che la Corte nel ’73 s’inventò di sana pianta che l’aborto fosse un diritto, perché non c’erano puntelli né nella Costituzione né nella tradizione della common law americana.

L’ANTIDEMOCRATICITÀ

Quella decisione quindi appare chiaramente antidemocratica perché arbitraria, apodittica nelle sue premesse: «Non disponendo nient’altro che di un “potere giudiziario grezzo” la Corte ha usurpato il potere di affrontare una questione di profonda importanza morale e sociale che la Costituzione inequivocabilmente demanda al popolo. […] La Corte ha mandato in cortocircuito il processo democratico, impedendo di parteciparvi ad un gran numero di americani che hanno dissentito in vari modi da Roe» (p. 40). Questo atteggiamento impositivo è proprio anche della sentenza Casey la quale “ha rivendicato l’autorità di imporre una soluzione permanente relativa alla questione di un diritto costituzionale all’aborto semplicemente dicendo che la questione fosse chiusa” (pp. 63-64).

I giudici della Corte Suprema notano inoltre che la struttura della decisione Roe somiglia, più che a una sentenza, a un testo di legge. Una prova ulteriore che i giudici si sono messi a fare i parlamentari: “Senza alcun fondamento nel testo costituzionale, nella storia o nei precedenti, ha imposto all’intero paese un insieme dettagliato di regole molto simili a quelle che ci si potrebbe aspettare di trovare in una legge o in un regolamento” (p. 42).

LA LIBERTÀ

Come abbiamo visto la Roe fondava la legittimità di abortire sul concetto di libertà che, però, sino ad allora nessuno aveva esteso fino a ricomprendere la facoltà di abortire. Anche la sentenza Casey incardina il presunto diritto d’aborto sullo stesso concetto che - come si legge nel testo della sentenza stessa - corrisponde alla possibilità di compiere “scelte intime e personali. […] Al cuore della libertà c’è il diritto di definire il proprio concetto di esistenza, di senso dell’universo e del mistero della vita umana”. (p. 30) Alito però correttamente sottolinea che «la facoltà di agire sulla base di tali convinzioni può corrispondere a una delle tante concezioni di “libertà”, ma non è certamente la “libertà ordinata”» (p. 30) che è un concetto base dell’ordinamento giuridico statunitense. «La libertà ordinata pone limiti e definisce il confine tra interessi confliggenti. Roe e Casey hanno intaccato il particolare equilibrio tra gli interessi di una donna che vuole abortire e gli interessi di quella che hanno definito “vita potenziale”» (p. 31). Questo bilanciamento di interessi, per la Corte, non può essere demandato al supremo tribunale, bensì ai parlamenti locali: «Le persone dei vari Stati possono valutare tali interessi in modo diverso. In alcuni Stati gli elettori possono ritenere che il diritto all’aborto debba essere ancora più ampio del diritto riconosciuto da Roe e Casey. Gli elettori di altri Stati potrebbero voler imporre restrizioni severe sulla base della loro convinzione che l’aborto distrugge un “essere umano non nato”. La concezione storica della libertà ordinata della nostra Nazione non impedisce ai rappresentanti eletti del popolo di decidere come regolare l’aborto» (p. 31). Da qui la già ricordata decisione finale: “La Costituzione non vieta ai cittadini di ciascuno Stato di regolamentare o vietare l’aborto. Roe e Casey si sono arrogate quell’autorità. Ora annulliamo tali decisioni e restituiamo quell’autorità alle persone e ai loro rappresentanti scelti” (p. 67).

 

 

Falsa libertà e danni sociali, la bozza anti-aborto demolisce la Roe

(seconda parte)

La bozza della Corte Suprema statunitense, a firma del giudice Alito, spiega che il principio dello stare decisis non può vincolare il giudice, se i precedenti sono erronei come la Roe vs Wade e la Casey vs Planned Parenthood. Queste sentenze hanno stabilito una soglia arbitraria come la possibilità di sopravvivenza del feto, e causato sia danni sociali che giuridici. La bozza Alito fissa inoltre i principi che le leggi in materia di aborto dovranno rispettare, se decadranno la Roe e la Casey.

 

Proseguiamo con la seconda e ultima puntata (vedi qui la prima) dell’analisi della bozza della Corte Suprema degli Stati Uniti che intende annullare sia la sentenza Roe vs Wade del 1973, che legalizzò l’aborto in tutto il Paese, sia la sentenza del 1992 Casey vs Planned Parenthood.

***

LO STARE DECISIS (Principio fondamentale degli ordinamenti anglosassoni secondo cui i giudici inferiori sono tenuti a rispettare le sentenze precedenti dei giudici superiori, al fine di assicurare uniformità di orientamento giurisprudenziale).

Anticipando una probabile obiezione del fronte pro-choice, i giudici firmatari della bozza sostengono che se è vero che i precedenti giurisprudenziali hanno valore fortemente orientativo per le decisioni future dei giudici, soprattutto nel sistema giuridico di common law, ciò non significa che il giudice debba rimanere vincolato da tali precedenti, ma può anche superarli se li giudica erronei: “Quando una delle nostre decisioni costituzionali va fuori strada, il paese è solitamente bloccato a causa della decisione sbagliata a meno che non correggiamo il nostro errore. […] Pertanto, in circostanze appropriate, dobbiamo essere disposti a riconsiderare e, se necessario, ad annullare le decisioni costituzionali. […] La Corte non ha l’autorità di decretare che un precedente errato  sia esentato in modo permanente dalla valutazione secondo i tradizionali principi dello stare decisis.

Un precedente di questa Corte è soggetto ai consueti princìpi dello stare decisis secondo i quali l’adesione al precedente è la norma ma non un comando ineluttabile” (pp. 36, 64). A riprova di ciò segue un lungo elenco di decisioni costituzionali che hanno rovesciato precedenti sentenze.

E dunque la Corte oggi si sente di annullare le due sentenze in oggetto perché “l’analisi costituzionale di Roe era ben al di fuori dei limiti di ogni ragionevole interpretazione delle varie disposizioni costituzionali che essa vagamente indicava. Roe è entrata in rotta di collisione con la Costituzione dal giorno in cui è stata decisa e Casey ha perpetuato i suoi errori, e gli errori non riguardano qualche arcano angolo di una legge di poca importanza per il popolo americano. […] Congiuntamente Roe e Casey rappresentano un errore che non si può tollerare” (p. 40). Questo giudizio della Corte è stato condiviso in passato anche da diverse amministrazioni governative che per ben sei volte avevano chiesto di annullare la sentenza Roe.

LA POSSIBILITÀ DI SOPRAVVIVENZA

Abbiamo visto che il cuore delle sentenze Roe e Casey sta nel concetto, mal interpretato, di libertà. La libertà di abortire per la Roe può essere mitigato dal principio della possibilità di sopravvivenza (viability) del feto: se questo può sopravvivere fuori dal grembo materno la possibilità di abortire subisce una significativa compressione. Questo principio è assolutamente inedito, una pura invenzione dei giudici.

I loro colleghi odierni inoltre si chiedono: «È molto difficile capire perché la possibilità di sopravvivenza dovrebbe segnare il punto in cui inizia la “persona”» (p. 47). La Corte poi afferma che al tempo della Roe la soglia per la possibilità di sopravvivenza era di 28 settimane, mentre oggi è di 23-24. Come può essere che uno stesso feto sia tutelato in modo differente se venuto ad esistenza ieri o oggi? Inoltre anche oggi la viability dipende dalle attrezzature disponibili nei vari ospedali in cui si reca la donna. “Su quale base lo status costituzionale di un feto potrebbe dipendere dal luogo dove si trova la donna incinta?” (p. 48). Infine la possibilità di sopravvivenza è criterio individuato di volta in volta e con grande incertezza perché dipende da molte variabili. Ma come può essere che la tutela della vita sia così incerta a livello costituzionale?

La sentenza Casey ha poi previsto un altro vincolo alla tutela della vita nascente: le leggi sull’aborto non devono imporre “oneri indebiti” al diritto d’aborto della donna. Alito si sofferma a lungo a spiegare l’assoluta indeterminatezza dell’espressione “oneri indebiti” che ha portato a decisioni giurisprudenziali disparate.

I DANNI SOCIALI

Roe e Casey hanno provocato profonde fratture sociali: «Roe non è certo riuscita a porre fine alla divisione sulla questione dell’aborto. Al contrario, Roe ha “infiammato” una questione nazionale che è rimasta amaramente divisiva nell’ultimo mezzo secolo. [...] L’incapacità di questa Corte di porre fine al dibattito sulla questione non avrebbe dovuto sorprendere. Questa Corte non può tendere ad una soluzione permanente di una polemica nazionale che genera rancori semplicemente dettando un accordo e dicendo al popolo di andare comunque avanti. Qualunque sia l’influenza che la Corte può avere sull’atteggiamento della gente, [questa influenza] deve derivare dalla forza delle nostre argomentazioni, non da un tentativo di esercitare il “crudo potere giudiziario”» (pp. 64-65). E poi ancora: “Lungi dal portare a una soluzione nazionale sulla questione dell’aborto, Roe e Casey hanno acceso il dibattito e approfondito la divisione. È tempo di dare ascolto alla Costituzione e restituire la questione dell’aborto ai rappresentanti eletti del popolo” (p. 6).

Anche sul piano giuridico le cose non vanno in modo diverso: “Nessuna delle due decisioni ha posto fine al dibattito sulla questione del diritto costituzionale di ottenere un aborto. Infatti, in questo caso, 26 Stati ci chiedono espressamente di cassare Roe e Casey e di restituire la questione dell’aborto al popolo e ai suoi rappresentanti eletti” (p. 64).

IL POLITICAMENTE CORRETTO

I giudici che hanno sottoscritto la bozza poi tengono a sottolineare che la Corte non può andare dietro agli umori della gente o del politicamente corretto. “Non possiamo permettere che le nostre decisioni siano influenzate da condizionamenti esterni come la preoccupazione per la reazione del pubblico al nostro lavoro. […] Non pretendiamo di sapere come reagirà il nostro sistema politico o la nostra società alla decisione odierna di annullare Roe e Casey. E anche se potessimo prevedere cosa accadrà, non ci potremmo permettere che questa conoscenza influenzi la nostra decisione”. (pp. 63, 65)

IL FUTURO

In questa bozza due sono le notizie più dirompenti: la decisione di annullare Roe e Casey e, aspetto non molto sottolineato dai media, l’indicazione dei principi costituzionali a cui si dovranno attenere i legislatori dei singoli Stati affinché la normativa statale sull’aborto non sia incostituzionale. La Corte quindi avvisa che le presenti e future leggi sull’aborto, decadute Roe e Casey, potranno andare incontro a sindacato di costituzionalità se non rispetteranno i seguenti principi:

“Il rispetto e la preservazione della vita prenatale in tutte le fasi dello sviluppo, la tutela della salute e della sicurezza della madre, l’eliminazione di procedure mediche particolarmente raccapriccianti o barbare, la conservazione dell’integrità della professione medica; la mitigazione del dolore fetale, la prevenzione della discriminazione sulla base della razza, del sesso o della disabilità” (p. 66).

Una nota finale, questa, di enorme portata perché potrà condurre ad abrogare molte leggi statunitensi sull’aborto e ad impedire che ne vengano varate altre in futuro. A margine, la Corte dichiara costituzionale la legge del Mississippi, su cui è stata chiamata a pronunciarsi, perché rispetta i suddetti principi.

Detto tutto ciò, staremo a vedere se questa embrionale decisione della Corte su Roe e Casey resisterà agli attacchi dei pro-choice e diventerà definitiva.

 tratto da LANUOVA BUSSOLA


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