giovedì 26 maggio 2022

“UNA PASSIONE. L’AVVENTURA MISSIONARIA DI ARTURO ALBERTI”

 DI RODOLFO CASADEI (CANTAGALLI, SIENA 2022)

PREFAZIONE DI MASSIMO CAMISASCA

 

Il libro che avete tra le mani è un libro di avventura. L’avventura di un uomo che ha girato quasi tutto il mondo, non alla ricerca disperata di qualcosa, ma, all’opposto, perché era stato cercato e trovato.

Il suo giro del mondo è l’espressione non di un’angoscia, di un’ansia, di un dubbio, ma piuttosto di una sovrabbondanza di letizia e di certezze.

Raggiunto da Cristo attraverso la sua famiglia e la parrocchia avrebbe forse finito pervivacchiare se non avesse incontrato durante gli anni del liceo, attraverso alcuni contatti fortunati, la realtà di Gioventù Studentesca, nata a Cesena attraverso don Francesco Ricci, don Lino Mancini e don Ezio Casadei. La conoscenza di don Francesco Ricci lo porterà poi a incontrare il sacerdote ambrosiano che era all’origine di tutto, don Luigi Giussani.

La vita di Arturo Alberti, come quella di centinaia e migliaia di giovani, fu travolta dall’incontro con quell’uomo, soprattutto dall’incontro con la realtà comunionale nata attorno a lui. Fu travolta ma non stravolta, fu fatta fiorire fino ad aprirsi ad esperienze che non avrebbe potuto assolutamente immaginare.

 Il libro è il racconto di queste esperienze. La prima nel Congo, allora chiamato ex Congo belga, nella piana del Ruzizi, poi in Brasile. Infine in Uganda.

Perché quest’uomo viaggiava?

L’esperienza vissuta con altri laici in Congo, tutti Memores Domini tranne lui, gli aveva fatto capire che la sua presenza di testimone in terra di missione attraverso il lavoro abbisognava di un fondamento giuridico ed economico, quelle che allora si chiamavano e oggi si chiamano ancora ONG.

Alberti è il padre di Avsi, Associazione Volontari per lo Sviluppo Internazionale, ma non è un padre solitario. Attraverso le pagine del libro veniamo a sapere che con Arturo c’è la comunità di Cl di Cesena a cui, a poco a poco, si aggregheranno altre persone e comunità nel sostegno ad Avsi.

Questo libro, pubblicato nell’anno centenario della nascita di don Giussani, è un esempio significativo della forza con cui il fondatore di Cl sapeva riconoscere i doni dei giovani che si rivolgevano a lui, sapeva valorizzarli e lanciarli, tenendo sempre da lontano le fila delle opere che nascevano. Senza sostituirsi alle responsabilità dei suoi collaboratori, ma senza abbandonarli.

don Giussani, Pigi e Francesco 
 anni 80 a Belo Horizonti

Sarebbe interessante in futuro scorgere la profondità dell’opera di don Giussani attraverso le biografie delle persone che gli sono state vicine. Non si può comprendere infatti la vita di un albero se non si assaporano i suoi frutti. Come accade in ogni frutto, ci possono essere ammaccamenti o anche parti che marciscono. Ogni opera dell’uomo vissuta nella sequela di Dio è fatta di terra e di sangue. La terra con cui Dio ci ha impastati, la terra gloriosa dei nostri doni e fragile dei nostri peccati, impastata dal sangue di Cristo, quella terra che diventa in noi notti insonni, fatiche, dolori, distacchi, peccati. Di tutto questo sono intrise le pagine di questo libro.

Arturo Alberti è un mio coetaneo. Ha incontrato don Giussani pochi anni dopo di me. Le sue vicende sono in parte anche le vicende della mia vita. Non sono mai stato al lavoro con Avsi, ma la maggioranza delle persone di cui si parla in questo saggio sono stati amici, fratelli e padri nella mia vita. Come ho accennato sopra non è dunque soltanto la storia di un uomo, ma propriamente di un popolo.

 Ho avuto tante occasioni di incontrare Arturo, soprattutto durante gli anni in cui esisteva la Commissione Internazionale di Cl, di cui entrambi facevamo parte. Ho sempre ammirato la sua cultura, la sua bontà, ma anche la sua managerialità. È un combattente, lo è sempre stato, fin dagli anni del liceo quando nella sua terra romagnola affrontava dialetticamente comunisti e repubblicani. Da piccolo faceva il chierichetto. È un’immagine, certo, ma significativa. Tutta la sua vita può essere letta come un servizio alla Chiesa, attraverso il servizio al movimento di Comunione e Liberazione e alla sua diffusione nel mondo.

Nei convegni organizzati da GS di Cesena nei primi anni ‘60 si respira la stessa apertura all’universale che don Giussani stava portando nella GS di Milano. La sete dei responsabili di Cesena li faceva guardare a Milano con attenzione. È lì che nasce probabilmente il primo abbraccio al mondo di Arturo Alberti. Non a caso egli dice nel libro: «GS è stata il completamento di un percorso educativo cristiano che c’era certamente stato, ma al quale mancava quello sguardo sulla realtà che comprende tutto e tutto ricapitola in Cristo. Io ho capito cosa voleva dire essere un cristiano nel mondo quando ho incontrato GS» (pag. 40).

Avsi rappresenta, naturalmente accanto alla sua missione di medico e alla sua vocazione di marito e padre, la parte più importante dell’esistenza di Arturo Alberti. Egli è stato anche molto altro. Ha partecipato al Movimento Popolare, al Comitato per il Collegamento dei Cattolici, ha creato Romagna Solidale, ecc. e ultimamente Orizzonti, una ONG nata da luidopo che ha lasciato la presidenza di Avsi. Ma è soprattutto di quest’ultima che dobbiamo parlare.

Tutto ciò che nella nostra vita sembra improvvisato è in realtà quasi sempre preparato da Dio lungo gli anni del nostro precedente percorso. Il libro ricorda l’influenza dei missionari della Consolata nell’animo del giovane Arturo, l’impressione che gli fece ascoltare il loro racconto sui medici missionari in Africa. Anche queste sono delle radici lontane. Ciò che colpisce in una lettura attenta delle pagine che seguono è il fatto che Artuto abbia saputo vedere i fermenti della Chiesa degli anni ’60, che portavano molto spesso verso il pauperismo e il terzomondismo, riscrivendoli secondo una nuova visione, quella portata a lui dal movimento.

 Già nella prima esperienza in Congo appare, siamo nel 1971-1972, una divaricazione importante. La comunità di giovani era composta sia da ciellini che da missionari laici saveriani. Dovevano costruire una riseria e un oleificio, migliorare la situazione sanitaria e iniziare dei corsi di alfabetizzazione degli adulti, verso la creazione di cooperative agricole. A guidare la missione era un saveriano, padre Meo Elia, direttore della rivista Fede e Civiltà, su cui don Giussani aveva scritto diverse volte. L’impostazione dei ciellini non era accettata e, forse, neppure capita. Che dei laici avessero come scopo la costruzione della comunità cristiana, certo attraverso il loro lavoro, era ritenuto strano. Al fondo vi era una differenza importante sulla concezione del Regno di Dio nel mondo e sulla pedagogia verso di esso. Un dibattito che coinvolgerà soprattutto Azione Cattolica e Comunione e Liberazione negli anni Settanta e Ottanta in Italia.

 

«Non ci siamo mai concepiti come volontari o cooperanti impegnati in un progetto, ma come missionari laici che aiutavano la Chiesa locale e i missionari europei a far rifiorire la presenza cristiana, condizione dell’autentico sviluppo umano» (pag. 62). Sarebbe stata la nota fondamentale che avrebbe distinto Avsi all’interno del variegato mondo delle ONG cattoliche. «Fare missioni in un modo nuovo, presentandosi come un soggetto comunitario e comunionale che si fa carico di tutti i bisogni umani, materiali e spirituali, cioè dello sviluppo umano integrale come lo aveva evocato Paolo VI nell’enciclica Populorum Progressio del 1967» (pag. 63).

Ciò che ha contraddistinto Avsi nella galassia delle ONG di ispirazione cristiana, fin dalle origini, è stata la volontà di essere «il veicolo di un’identità chiara e originale di volontari internazionali che volevano essere missionari laici» (pag. 85).

Nelle pagine del libro troverete il racconto molto dettagliato dell’evoluzione che in Italia, dal 1971 in poi, ha avuto la legislazione sulla “cooperazione con i Paesi in via di sviluppo”, come allora si diceva. Lungo tutto l’arco di tempo che arriva fino ai nostri giorni, Arturo

Alberti è sempre stato fedele a una concezione del laicato missionario che alcuni potrebbero giudicare anacronistica, passata, e che invece, a mio parere, guarda al futuro: laici missionari che agiscono assieme, in una vera tensione comunionale, con il popolo che vive stabilmente in missione. Non è forse questa la prospettiva del Concilio? Riconoscere, in ragione del battesimo, la pienezza del carisma missionario a tutti coloro che hanno ricevuto questo sacramento; riaffermare che, per un laico, la vocazione missionaria si svolge non accanto, ma attraverso il suo lavoro. Non, dunque, una missione che si svolge nel tempo libero dal proprio lavoro, accanto ad esso, ma una testimonianza che, valorizzando tutte le competenze e dinamismi propri di ogni scienza terrena, innervi la propria professione.

I progetti erano dunque scelti da Avsi in accordo con la Chiesa locale o con i missionari. Così è stato in Congo, così in Brasile, così in Uganda. L’evoluzione delle ONG e del loro rapporto con i finanziamenti pubblici ha portato, a poco a poco, ad una mutazione considerevole: se voleva vivere, una ONG doveva avere dei progetti; per ottenerli doveva dipendere dal finanziamento pubblico; era quest’ultimo che in fondo decideva quali operazioni mettere in atto. Una spirale di fronte a cui Arturo Alberti si è sempre posto in posizione critica, fino al punto di lasciare la presidenza di Avsi creando, senza nessuna polemica, una nuova piccola ONG – Orizzonti – mantenendo il proposito di non ricorrere a fondi pubblici.

Le pagine che sto presentando documentano, per la prima volta, questo passaggio.

In questo libro ci sono alcune perle. Una, per esempio, è il capitolo dedicato al grande progetto di “redenzione” delle favelas di Belo Horizonte e, poi, del quartiere sulle palafitte di Salvador de Bahia. La prima operazione, pensata da don Pigi Bernareggi, supportata dalla tesi di laurea di Rori Mingucci, fu poi realizzata dal lavoro decennale dei coniugi Michelini, che si trasferirono in Brasile proprio per vivere questo progetto. Saranno ancora loro a trasferirsi nella Bahia per un’operazione analoga, forse ancor più ardimentosa: la sanificazione del quartiere degli alagados che avevano costruito le loro case direttamente sulla laguna.

Rosetta Brambilla, don Pigi,
Arturo Alberti e Roberto Mingucci
a Belo Horizonte anni 80

Furono realizzazioni che attirarono l’attenzione, e poi i premi, delle Nazioni Unite. Operazioni epocali in cui, come in pochi altri casi, apparve l’originalità di un’esperienza sociale pensata e realizzata secondo l’insegnamento di don Giussani. Non che don Giussani avesse detto direttamente che cosa si dovesse fare. L’esperienza di carità che egli aveva innestato nei cuori di quei ragazzi – di Pigi, di Rosetta, di Arturo, dei Michelini e di altri – fiorì in quella realizzazione urbanistica che ha avuto molti discepoli, ma di cui ormai molti ignorano l’origine.

Lo stesso discorso si potrebbe fare a proposito del capitolo dedicato all’Uganda. Lascio ai lettori la scoperta di queste pagine preziose.

Avsi è stata ed è un’opera enorme. Da lei sono nate tante altre ONG nel mondo. Questo libro ci fa sapere che all’inizio del 2000 erano 28. Non dimentichiamo che Avsi alla fine dello scorso millennio fu riconosciuta, prima fra le ONG italiane, come membro del consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite. Eventi che fanno pensare.

 "Occorre chiarire che «i progetti di Avsi non sono mai stati un pretesto perché qualcuno potesse andare a costituire il movimento. Sono sempre stati un lavoro» (p. 180). C’erano obiettivi da raggiungere, c’erano risorse da spendere, c’era rendicontazione da fare. «La testimonianza delle persone che stavano costruendo il movimento in un certo posto e il lavoro per pensare e realizzare un progetto, compresa la ricerca dei finanziamenti, non erano due percorsi paralleli, ma un unico percorso condiviso» (p. 180).

La commissione internazionale di Cl, nata nel 1984, a seguito dell’invito del Papa a portare in tutto il mondo «la verità, la bellezza e la pace che si incontrano in Cristo Redentore» era il luogo che garantiva questa sinergia. Il centro della cura di Avsi sono state le persone. La professione era innervata dall’amicizia, dall’affezione, dall’amore a una storia comune, dalla familiarità (cfr. p. 146).

Mi sembra essere questo l’insegnamento più grande che viene da quegli anni, ampiamente documentato nelle pagine di questo saggio. Un’impostazione antiassistenzialista, che si rivolge a bisogni reali, avendo a cuore l’intera vita delle persone, per creare comunità, in una grande libertà dagli esiti, in una reale donazione di tutto se stessi «per fare incontrare agli altri quello che abbiamo incontrato noi» (p. 103). Condividere il bisogno per condividere il senso della vita.

La lettura di questo libro porterà coloro che appartengono a Comunione e Liberazione a conoscere per la prima volta, o a ricordare in modo più approfondito, passaggi decisivi della vita del movimento. Per coloro che non sono ciellini, sarà un incontro con una vicenda affascinante, che ha saputo coniugare fedeltà al proprio carisma e ardimento professionale, ottenendo attenzione e riconoscimenti da parte di molte organizzazioni statali e internazionali.

L’umanesimo nato da Cristo e rivelatosi a questi giovani attraverso la persona di Giussani, ha impressionato profondamente perfino le Nazioni Unite!

Massimo Camisasca

Presenti dal 2001, lavoriamo nei quartieri più poveri della capitale Bujumbura e nelle province di Cibitoke, Kayanza, Kirundo e Ngozi per l'educazione, la protezione e la sicurezza alimentare dei bambini, per assistere e sostenere le donne vittime di violenza.

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