Dopo la vittoria nel ballottaggio di domenica scorsa all'estero si sono
moltiplicate le narrazioni errate sul nuovo Presidente Javier MileiXAVIER MILLEI
La schiacciante
vittoria “per goleada” di Milei nelle elezioni per la presidenza argentina di
domenica scorsa ha finalmente messo il Paese al centro dell’attenzione
internazionale trovando un vastissimo spazio mediatico. Però allo stesso tempo
si è assistito a una vera e propria carovana sia di stupidaggini che di falsità
che ha fatto capire come, alla fine di tutto e confermando quello che sembrava
uno stereotipo ma non lo è, di America Latina (come di Africa…) non ci si
capisce nulla.
Pure certa stampa
italiana ha, con ben poche eccezioni come l’articolo di Gagliano pubblicato
su queste pagine, espresso giudizi un tot al chilo e completamente digiuni non
solo della drammatica situazione del Paese, ma pure nelle interpretazioni
politiche alquanto fuori strada.
Milei lo conosco da
circa dieci anni, anche se non personalmente, per il semplice fatto che il
cosiddetto “matto” o “loco” che dir si voglia, occupa da molto tempo grandi
spazi mediatici in Argentina come commentatore, soprattutto economico, con
un’espressione corporale e labiale che a un italiano non può non ricordare
Beppe Grillo, come già anticipato da mesi su questo giornale. Se si osservano
addirittura dei filmati dei due, si capisce di come Milei abbia fatto un
profondo studio del nostro grillino e abbia copiato azioni del comico
fotogramma dopo fotogramma.
Il perché è molto semplice: ripetere le performance di Beppe che, alla fine, insieme al disco rotto dell’antipolitica, hanno permesso al suo movimento di conquistare il potere: ma, a differenza del nostro “eroe”, Milei, nelle sue giravolte di pensiero degne delle Frecce Tricolori ha azzeccato alla fine, forzatamente, il “toneau” giusto.
Arrivato al
ballottaggio finale ha capito che, con i 5 punti di distacco elettorale da
Massa, non avrebbe mai conquistato la Casa Rosada: ma questo secondo noi
l’aveva ben chiaro. E ha quindi firmato un accordo con la dirigente del PRO Patricia Bullrich, assumendo di fatto
gli 11 punti del suo sensatissimo programma basato sul gradualismo, che ha di fatto apportato in
termini di voto gran parte del differenziale di 11 punti che ha in pratica
provocato la sonora disfatta sia del peronismo che del kirchnerismo.
Quindi ci troviamo di
fronte a un’alleanza molto forte che conviene a entrambi gli schieramenti politici
e nell’articolo apparso
immediatamente dopo il risultato elettorale, un importantissimo
collaboratore di Bullrich ha confermato come il gruppo che guiderà le scelte
del futuro Presidente è in pratica la fusione tra i due partiti. Quello del
PRO, oltre al vantaggio del programma, ha quello dell’esperienza di 4 anni del
Governo di Macri: quindi una vasta conoscenza della materia.
Un altro punto
importante dei tanti sui quali si sono scagliati i detrattori “un tot al chilo”
di Milei riguarda i suoi discorsi appena eletto, nei quali ha rilanciato non
solo la privatizzazione di aziende dello Stato (linee aeree, televisione,
agenzia di stampa), ma anche una revisione totale dell’Anses, l’Inps argentino.
A parte gli stipendi stratosferici che vengono erogati in queste realtà
circondate pure da spese folli e conseguentemente di bilanci in profondo rosso,
l’Anses registra un record che si somma a quelli elencati: i pensionati e gli
assistiti che ne fanno parte in grande maggioranza non hanno mai versato un
centesimo, mentre il 40% dei lavoratori che invece hanno pagato negli anni di
lavoro con i loro contributi si trovano in un’indigenza gravissima e ricevono
pensioni letteralmente da fame.
Abbiamo già scritto
che nella pratica una famiglia che gode dei sussidi, se applica determinate
regole facilissime da attuare, riceve emolumenti superiori a quella di un
primario d’ospedale. E si
arriva all’assurdo che, in nome dei diritti LGTB che hanno sfondato in
Argentina al punto da modificare il linguaggio, se un lavoratore (ma pure un
disoccupato) dichiara di aver cambiato sesso e di sentirsi l’opposto di quello
che è stato, riceve un sussidio enormemente superiore al suo stipendio e quindi
rinuncia a lavorare. Ovviamente questo trend al limite della psichiatria
provoca una voragine pazzesca e un costo che poi viene pagato con le tasse
imposte a chi lavora veramente, che si mangiano gran parte degli stipendi,
fatto che ricorda in qualche modo un Paese a noi conosciuto…
Ora, la cosa comica è
che proprio certi commentatori nostrani che criticano questa misura del nuovo
dicastero sono gli stessi che poi celebrano le privatizzazioni assurde che si
compiono in Italia in settori nevralgici per la nostra economia. Vai a capirli…
E ora tocchiamo un
tasto importante che ci conduce direttamente in Vaticano, visto che (questo sì)
nella sua campagna elettorale Milei non si era espresso in termini molto
simpatici nei confronti del Papa, l’argentino più prestigioso al mondo.
Francesco era stato attaccato brutalmente in una delle sue rappresentazioni
teatrali o grillate che, come ripetiamo, fanno parte di un copione abbondantemente
studiato. Altro punto sul quale i nostri cari “esperti” si sono buttati con una
veemenza, addirittura superiore a quella di Milei, nelle loro critiche.
Poi è accaduto il miracolo: martedì scorso, mentre era intervistato in un canale televisivo, Milei ha dovuto interrompere perché stava ricevendo una chiamata… dal Papa stesso. Ovvio che il fatto rappresenta quello che il grande Ciotti definiva calcisticamente “un tiro telefonato”, ma il dialogo tra i due è stato estremamente cordiale e il Presidente ha invitato Bergoglio, finalmente, a visitare la sua Argentina, cosa che ha promesso di fare.
Niente toni accesi e
questo è un segnale che rivela ancora di più la sostanziale differenza tra il
candidato e il presidente, confermando, come per altre dichiarazioni rese da
Milei, l’accantonamento di un grillismo che gli ha fatto anche vincere le elezioni.
Il rovescio della
medaglia di quanto appena descritto, però, ci riporta, nostro malgrado, in
Vaticano, dove come pezzo importante del Dicastero per il servizio dello
Sviluppo Umano Integrale, per volere di Bergoglio, c’è un tale Juan Grabois, un
avvocato che è diventato famoso in Argentina per aver organizzato un movimento
di lavoratori, definiti “cartoneros”, che si occupano della raccolta di carta,
fornendo un importante servizio sociale che per loro significa pure un’attività
lavorativa: elemento degnissimo e da complimentare, se non fosse che
successivamente a questa attività lo stesso Grabois si sia buttato anima e
corpo nella politica perokirchnerista.
All’annuncio della
vittoria di Milei ha sciorinato un discorso nel quale invita la gente a opporsi
con ogni mezzo al prossimo Presidente, giustificando il fatto anche con atti
estremi, quasi fosse una “guerra santa”. A parte lo spirito molto “democratico”
del personaggio, simile a certi “radical-chic” nostrani, colpisce la veemenza
con cui espone la sua tesi in una forma che ci ricorda molto certi comunicati
di movimenti terroristici degli anni Settanta.
Colpisce la mancata reazione di Sua Santità su questo discorso fatto da un personaggio che occupa una posizione importante in Vaticano: fatto che sarebbe di estrema importanza per ovvie ragioni. Anche perché il perokirchnerismo si sta organizzando, come avevamo anticipato, a inscenare una serie di manifestazioni di protesta anche violente sin dai prossimi giorni e quindi addirittura prima dell’insediamento del nuovo Presidente alla Casa Rosada, che avverrà il 10 dicembre. Un segnale indubbiamente pericoloso in una società che, con il suo voto, ha dimostrato di non voler più essere soggiogata da un potere politico che nel corso degli anni ha distrutto l’Argentina e di pretendere dall’intera classe politica un dialogo costruttivo basato su di un sano gradualismo e sulla creazione di una vera Repubblica con uno Stato di diritto. Discorso difficile, ovviamente, da far capire a chi ha finora messo le mani sullo Stato depredandone le risorse “in nome del popolo” che alla fine ha amato tanto i poveri da moltiplicarli a dismisura.
Ma a tutto questo si
aggiunge pure un particolare sportivo: l’allenatore della Nazionale di calcio
argentina, Lionel Scaloni (che ha portato la squadra a vincere tutte le
competizioni alle quali ha partecipato, Mondiale incluso) ha confermato che
vuole lasciare l’incarico perché il Presidente della Federcalcio argentina
avrebbe preteso una foto della squadra con il candidato peronista Sergio Massa,
cosa che anche i giocatori hanno rifiutato, facendo quadrato con il tecnico.
Questo fatto si collega anche a un altro rifiuto, sempre della “Seleccion”:
quando, arrivati a Buenos Aires dopo aver vinto il Mondiale, si rifiutarono non
solo di incontrarsi con i politici che erano venuti ad accoglierli in
aeroporto, ma pure di partecipare al ricevimento in loro onore offerto alla
Casa Rosada. Tutto per non avere nessun punto di contatto con un potere
politico responsabile del disastro, non solo attuale: atti che sono stati molto
apprezzati dalla gente comune e che potrebbero aver dato una ulteriore spinta
alla “partita” politica vinta domenica.
IL SUSSIDIARIO 24.11.2023 - Arturo
Illia
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