domenica 29 aprile 2012

CHE COSA VUOLE IL CORRIERE?

La nuova moda. Cacciare senza prove

Il «Corriere» chiede la testa del presidente di Finmeccanica perché indagato. E Formigoni? Non è inquisito, ma deve lasciare.
di Filippo Facci
Siamo all'apoteosi del cir­colo mediatico-giudiziario, al punto che in un caso è diventato solo mediatico senza il giudizia­rio. Prendiamo due casi pur molto diversi: il caso Orsi (Finmeccanica) e il caso Formigoni. E obblighiamoci a premettere noiosamente, come ossequio a Lapalisse, che ciascun giornale può chiedere le dimissioni di chiunque per le ragioni più va­rie, chiamiamole ragioni politi­che. No, non è obbligatorio attendere una condanna in Cassa­zione per chiedere le dimissioni di chicchessia, anzi: per chieder­le non è neppure strettamente necessario che tizio sia inquisito e che l'alveo giudiziario sia sem­pre il parametro di ogni cosa. Quello che però non va bene, quello che appare pretestuoso e allarmante, è nascondersi dietro le ragioni giudiziarie (inesisten­ti, talvolta) per giustificare delle ragioni che sono appunto di­screzionali, politiche.

Il caso Orsi, anzitutto. Ieri Massimo Mucchetti, sul Corrie­re della Sera, ha scritto le se­guenti cose, e ci scusiamo se la citazione è lunga: «La sola ipote­si accusatoria getta discredito sull'intero sistema delle nostre imprese all'estero... Il governo Monti deve onorare le sue re­sponsabilità di azionista di Finmeccanica. Orsi e la società hanno negato ogni colpa. È possibile che abbiano ragione e in ogni caso l'onere spetta all'ac­cusa. Ma oggi la questione per il governo azionista non è se Orsi abbia o meno ragione... (i citta­dini) esigono gestioni al di sopra di ogni sospetto... Il governo dei tecnici deve dunque dire se a Finmeccanica basta l'autodife­sa del suo presidente... Negli ul­timi mesi tutti hanno notato uno stato di incomunicabilità tra i ministri di riferimento e il capo dell'azienda. È una distan­za che non va bene. L'azionista dica se ha fiducia in Orsi. Se sì, lo sostenga apertamente. Se no, lo induca a compiere un passo in­dietro... Ma forse lo stesso Orsi dovrebbe riflettere se la sua resi­stenza, in linea di principio per­fettamente legittima, sia utile al­la società o sia arrivata l'ora di un gesto di responsabilità».


Traduciamo con parole no­stre: siccome Finmeccanica ha una reputazione importante nel mondo, per il suo presidente non valgono le garanzie che var­rebbero se Finmeccanica fosse un'impresa che nessuno conosce; per i cittadini in questo caso basta il sospetto, e Monti - che i cittadini oltretutto non hanno eletto - dovrebbe sollevare di­rettamente Orsi perché il pm Henry Woodcock, noto per la solidità delle sue accuse, gli ha semplicemente mandato un'in­formazione di garanzia; a que­sto si aggiunga che Orsi va poco d'accordo col governo dei tecni­ci e piace poco anche a noi del Corriere, quindi, insomma, Monti ne approfitti e lo mandi a casa, oppure si dimetta diretta­mente Orsi che facciamo prima. Extra-sintesi: basta una cartac­cia di Woodcock (di Woodcock) per rimuovere all'istante il pre­sidente di una holding colossa­le. Abbiamo capito male?


Il caso Formigoni è molto più semplice: qui non c'è neppure un'inchiesta. Sono stati inquisiti altri uomini della giunta lom­barda e questo offre il fianco a valutazioni politiche (rieccoci) circa l'opportunità che Formigoni tenga in piedi il suo gover­no: valutazioni legittime, come detto. Ma questo non c'entra niente col fantomatico «caso Bacco» di cui si legge su tutti i quotidiani: secondo i quali - non è chiaro perché - Formigoni do­vrebbe andare a casa. Cioè. Non è inquisito, dalle carte non è emerso nulla, nessuno ha con­testato rapporti professionali e affaristici tra lui e Daccò, non ri­sulta alcun trattamento di favo­re che l'imprenditore avrebbe ricevuto dalla Regione Lombar­dia: c'è solo che Formigoni è sta­to in vacanza con Daccò il quale è inquisito ed è in galera; c'è che questo Daccò gli avrebbe paga­to le vacanze - circostanza che Formigoni nega - il che non comporterebbe comunque nessun reato. È tutto qui: non c'era neppure bisogno dell'autodifesa un pizzico megaloma­ne che Formigoni ha fornito a Matrix, laddove ha spiegato che dopo Berlusconi, nel Pdl, il più importante è lui e quindi è sotto attacco; non serviva neppure ri­cordare che «l'accusa» delle va­canze pagate da Daccò proviene da un galeotto che traffica dena­ro in Svizzera. Però Formigoni dovrebbe dimettersi, in sostan­za, non perché sia inquisito o possa esserlo, ma perché è in­quisito Daccò. Abbiamo capito male?


26 aprile 2012

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