Siti Web, “luoghi” di missione
È da tempo che si parla di Internet, e l’occasione non è più una semplice curiosità, o la ricerca di un episodio eccezionale (che ormai sembra diventato ordinaria amministrazione; penso ad esempio al “male” che la rete può fare ai giovani…). È di poco tempo fa la notizia che una famosa e bella donna di spettacolo voleva limitare l’accesso alla rete alla propria figlia e togliersi lei stessa dai social-network.
Il libro di Stoll, “Confessioni di un eretico high-tech” e lo straordinario “Il profumo dei limoni” di Jonah Lynch costituiscono due pietre miliari per chi voglia ragionare su questi argomenti.
Desidero però affrontare la questione da un altro punto di vista.
(...) Sono presente in Internet dal lontano 1995, e anch’io ho cambiato molto nell’uso dello strumento, sia come “mission” sia come “look”; ritengo però che non si debba mai dimenticare quanto scritto tempo fa da Giovanni Paolo II: “Internet permette a miliardi di immagini di apparire su milioni di schermi in tutto il mondo. Da questa galassia di immagini e suoni, emergerà il volto di Cristo? Si udirà la sua voce? Perché solo quando si vedrà il Suo Volto e si udirà la Sua voce, il mondo conoscerà la “buona notizia” della nostra redenzione. Questo è il fine dell’evangelizzazione e questo farà di Internet uno spazio umano autentico, perché se non c’è spazio per Cristo, non c’è spazio per l’uomo”.
Il punto sta qui: Internet, per una cristiano, si pone come luogo da abitare per una autentica “evangelizzazione”. Sia ben chiaro: non propaganda né, tanto meno, proselitismo. Apologia, se intesa rettamente, piuttosto. Cioè capacità di mostrare la ragionevolezza della fede - e quindi la sua convenienza all’umano.
Ho più volte ricordato quanto affermava Don Giussani a proposito di una presenza cristiana che vuole incidere nel mondo e permanere nella storia, sia che cosa intendesse il grande Romano Guardini per “cattolicità”.
Mi faccio ancora aiutare da Olivier Clément, che nell’interessante libro “La rivolta dello spirito”, così affermava: “(Il socialismo)... ha sempre ed esclusivamente trovato davanti a sé un pietismo impaurito della vita, privo di qualsiasi dinamismo di trasfigurazione”.
Allora, che fare?
1. Bisogna giudicare: è l’inizio della liberazione. E giudicare non significa moraleggiare. Dobbiamo imparare da quanto affermava San Paolo: “esaminate ogni cosa, trattenete ciò che vale”.
2. Cattolico significa universale, ma anche vissuto nell’unità.
Se è vero che la cattolicità non è una somma di posizioni, è anche vero che un coordinamento, un riferimento reciproco, una collaborazione autentica permettono una presenza più incisiva, più grintosa, più operativa.
Ho scritto che la “gelosia tra i siti” è quanto di più stupido si possa vivere nel mondo di Internet, perché la natura della rete è proprio quella di “collegare”, rimandare, interagire. È finita l’epoca della “autarchia”!
3. Avere il senso della “battaglia”.
Diceva Cesare Balbo: “Solo i codardi chiedono al mattino della battaglia il calcolo delle probabilità; i forti e i costanti non sogliono chiedere quanto fortemente né quanto a lungo, abbiano da combattere, ma come e dove, e non hanno bisogno se non di sapere per quale via e per quale scopo, e sperano dopo, e si adoperano, e combattono, e soffrono così, fino alla fine della giornata, lasciando a Dio gli adempimenti”.
Ciò che è in gioco è l’uomo e la sua verità, e la fede che abbiamo incontrato è garanzia di pienezza. Non possiamo avere complessi di inferiorità nei sensi di colpa. S. Pietro, ai membri del sinedrio che lo interrogavano sul motivo della sua azione diceva che non bisogna chiedere il permesso a nessuno per essere se stessi e dire la verità.
Quello che in tanti siti accade è che la verità raggiunta e detta genera possibilità di storia nuova, creatività, legami.
4. Giudichiamo da qui tutti i tentativi di presenza in rete, aiutandoci veramente, senza finzioni: né il brutto (anche esteticamente) né il moralismo (merce troppo abusata dai vari comunicatori e politici di turno) sono una soluzione e un aiuto alla missione. E’ dunque necessario domandarci serenamente se i vari siti (se pur premiati come cattolici) rispondono a questi criteri.
5. Solo poi ben venga ogni tipo di riflessione sulla rete, sul cyberspazio, sui social network, sulla mutazione antropologica, ecc…
Saranno certo riflessioni utili, ma solo se esisterà un soggetto consapevole di sé e desideroso di testimonianza.
Cultura Cattolica socio di SamizdatOnLine
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Internet: un nuovo Forum per proclamare il Vangelo - Mazzucchelli, Cultura CattolicaLa gelosia dei siti è infeconda! - Mangiarotti, Cultura Cattolica
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Il libro di Stoll, “Confessioni di un eretico high-tech” e lo straordinario “Il profumo dei limoni” di Jonah Lynch costituiscono due pietre miliari per chi voglia ragionare su questi argomenti.
Desidero però affrontare la questione da un altro punto di vista.
(...) Sono presente in Internet dal lontano 1995, e anch’io ho cambiato molto nell’uso dello strumento, sia come “mission” sia come “look”; ritengo però che non si debba mai dimenticare quanto scritto tempo fa da Giovanni Paolo II: “Internet permette a miliardi di immagini di apparire su milioni di schermi in tutto il mondo. Da questa galassia di immagini e suoni, emergerà il volto di Cristo? Si udirà la sua voce? Perché solo quando si vedrà il Suo Volto e si udirà la Sua voce, il mondo conoscerà la “buona notizia” della nostra redenzione. Questo è il fine dell’evangelizzazione e questo farà di Internet uno spazio umano autentico, perché se non c’è spazio per Cristo, non c’è spazio per l’uomo”.
Il punto sta qui: Internet, per una cristiano, si pone come luogo da abitare per una autentica “evangelizzazione”. Sia ben chiaro: non propaganda né, tanto meno, proselitismo. Apologia, se intesa rettamente, piuttosto. Cioè capacità di mostrare la ragionevolezza della fede - e quindi la sua convenienza all’umano.
Ho più volte ricordato quanto affermava Don Giussani a proposito di una presenza cristiana che vuole incidere nel mondo e permanere nella storia, sia che cosa intendesse il grande Romano Guardini per “cattolicità”.
C’è bisogno di siti “cattolici”, ove “cattolico” non sia una etichetta che nasconde, invece che manifestare una chiara identità (non si può impunemente correre dietro al mondo…), né significhi un sentimentale o, peggio, bigotto porsi di fronte alla realtà (atteggiamento che spesso si riduce ad un noioso moralismo, incapace di muovere vita e ragione).[«Mi apparve allora chiaro che una tradizione, o in genere un’esperienza umana, non possono sfidare la storia, non possono sussistere nel fluire del tempo, se non nella misura in cui giungono ad esprimersi ed a comunicarsi secondo modi che abbiano una dignità culturale»]
Romano Guardini
[«La Chiesa è l’intera realtà veduta, valutata, vissuta, dall'uomo totale. In lei soltanto c'è la totalità dell'essere; ciò che nell'essere è grande e ciò che è piccolo, la sua profondità e la sua superficie, la nobiltà e l'insufficienza, la miseria e la forza, lo straordinario e il quotidiano, l'armonia e la disarmonia. Tutti i beni nella loro graduatoria, conosciuti, affermati, valutati, vissuti. E non dal punto di vista di una individualità parziale, ma dell'umano integrale.
La totalità del reale, vissuta e dominata dalla totalità dell'umano: ecco, vista da questo lato, la chiesa» (Guardini, La realtà della Chiesa, Morcelliana)]
Mi faccio ancora aiutare da Olivier Clément, che nell’interessante libro “La rivolta dello spirito”, così affermava: “(Il socialismo)... ha sempre ed esclusivamente trovato davanti a sé un pietismo impaurito della vita, privo di qualsiasi dinamismo di trasfigurazione”.
Allora, che fare?
1. Bisogna giudicare: è l’inizio della liberazione. E giudicare non significa moraleggiare. Dobbiamo imparare da quanto affermava San Paolo: “esaminate ogni cosa, trattenete ciò che vale”.
2. Cattolico significa universale, ma anche vissuto nell’unità.
Se è vero che la cattolicità non è una somma di posizioni, è anche vero che un coordinamento, un riferimento reciproco, una collaborazione autentica permettono una presenza più incisiva, più grintosa, più operativa.
Ho scritto che la “gelosia tra i siti” è quanto di più stupido si possa vivere nel mondo di Internet, perché la natura della rete è proprio quella di “collegare”, rimandare, interagire. È finita l’epoca della “autarchia”!
3. Avere il senso della “battaglia”.
Diceva Cesare Balbo: “Solo i codardi chiedono al mattino della battaglia il calcolo delle probabilità; i forti e i costanti non sogliono chiedere quanto fortemente né quanto a lungo, abbiano da combattere, ma come e dove, e non hanno bisogno se non di sapere per quale via e per quale scopo, e sperano dopo, e si adoperano, e combattono, e soffrono così, fino alla fine della giornata, lasciando a Dio gli adempimenti”.
Ciò che è in gioco è l’uomo e la sua verità, e la fede che abbiamo incontrato è garanzia di pienezza. Non possiamo avere complessi di inferiorità nei sensi di colpa. S. Pietro, ai membri del sinedrio che lo interrogavano sul motivo della sua azione diceva che non bisogna chiedere il permesso a nessuno per essere se stessi e dire la verità.
Quello che in tanti siti accade è che la verità raggiunta e detta genera possibilità di storia nuova, creatività, legami.
4. Giudichiamo da qui tutti i tentativi di presenza in rete, aiutandoci veramente, senza finzioni: né il brutto (anche esteticamente) né il moralismo (merce troppo abusata dai vari comunicatori e politici di turno) sono una soluzione e un aiuto alla missione. E’ dunque necessario domandarci serenamente se i vari siti (se pur premiati come cattolici) rispondono a questi criteri.
5. Solo poi ben venga ogni tipo di riflessione sulla rete, sul cyberspazio, sui social network, sulla mutazione antropologica, ecc…
Saranno certo riflessioni utili, ma solo se esisterà un soggetto consapevole di sé e desideroso di testimonianza.
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