CHE COSA VUOLE IL CORRIERE?
La
nuova moda. Cacciare senza prove
Il «Corriere» chiede la testa del presidente di Finmeccanica
perché indagato. E Formigoni? Non è inquisito, ma deve lasciare.
di Filippo Facci
Siamo
all'apoteosi del circolo
mediatico-giudiziario, al punto che
in un caso è diventato solo mediatico senza il giudiziario. Prendiamo due casi pur molto diversi: il caso Orsi (Finmeccanica) e il caso Formigoni. E obblighiamoci a premettere
noiosamente, come ossequio a Lapalisse, che ciascun giornale può chiedere le dimissioni di chiunque per le ragioni più varie, chiamiamole ragioni politiche. No,
non è obbligatorio attendere una condanna in
Cassazione per chiedere le
dimissioni di chicchessia, anzi: per
chiederle non è neppure strettamente necessario
che tizio sia inquisito e che l'alveo
giudiziario sia sempre il parametro
di ogni cosa. Quello che però non va bene, quello che appare pretestuoso e allarmante, è nascondersi dietro le ragioni giudiziarie (inesistenti,
talvolta) per giustificare delle ragioni che sono appunto discrezionali, politiche.
Il caso
Orsi, anzitutto. Ieri Massimo
Mucchetti, sul Corriere della Sera, ha scritto
le seguenti cose, e ci scusiamo se la citazione è lunga: «La sola ipotesi accusatoria getta discredito sull'intero sistema delle nostre imprese all'estero... Il governo Monti deve onorare le sue responsabilità di azionista di Finmeccanica. Orsi e
la società hanno negato ogni colpa. È
possibile che abbiano ragione e in
ogni caso l'onere spetta all'accusa.
Ma oggi la questione per il governo
azionista non è se Orsi abbia o meno ragione... (i cittadini) esigono gestioni al di sopra di ogni sospetto... Il governo dei tecnici
deve dunque dire se a Finmeccanica basta
l'autodifesa del suo presidente...
Negli ultimi mesi tutti hanno notato uno
stato di incomunicabilità tra i ministri di
riferimento e il capo dell'azienda. È
una distanza che non va bene. L'azionista dica se ha fiducia in Orsi. Se sì, lo sostenga apertamente. Se no, lo induca a compiere un passo indietro...
Ma forse lo stesso Orsi dovrebbe riflettere
se la sua resistenza, in linea di
principio perfettamente legittima,
sia utile alla società o sia
arrivata l'ora di un gesto di
responsabilità».
Traduciamo
con parole nostre:
siccome Finmeccanica ha una reputazione importante nel mondo, per il suo presidente non valgono le garanzie che varrebbero se Finmeccanica fosse un'impresa che nessuno conosce; per i cittadini in questo caso basta il sospetto, e Monti - che i cittadini
oltretutto non hanno eletto - dovrebbe
sollevare direttamente Orsi perché il pm Henry Woodcock, noto per la solidità delle sue accuse, gli ha
semplicemente mandato un'informazione di
garanzia; a questo si aggiunga che
Orsi va poco d'accordo col governo
dei tecnici e piace poco anche a noi
del Corriere, quindi, insomma, Monti
ne approfitti e lo mandi a casa, oppure si dimetta direttamente Orsi che facciamo prima. Extra-sintesi:
basta una cartaccia di Woodcock (di
Woodcock) per rimuovere all'istante il presidente di una holding colossale.
Abbiamo capito male?
Il caso
Formigoni è molto più semplice:
qui non c'è neppure un'inchiesta.
Sono stati inquisiti altri
uomini della giunta lombarda e questo offre il fianco a valutazioni politiche (rieccoci) circa l'opportunità che Formigoni tenga in piedi il suo governo:
valutazioni legittime, come detto. Ma questo non c'entra niente col fantomatico «caso Bacco» di cui si
legge su tutti i quotidiani: secondo
i quali - non è chiaro perché -
Formigoni dovrebbe andare a casa. Cioè.
Non è inquisito, dalle carte non è emerso
nulla, nessuno ha contestato rapporti professionali e affaristici tra lui e Daccò, non risulta
alcun trattamento di favore che l'imprenditore avrebbe ricevuto dalla Regione Lombardia:
c'è solo che Formigoni è stato in vacanza con Daccò il quale è inquisito ed è in galera; c'è che questo Daccò gli avrebbe pagato le vacanze - circostanza che Formigoni nega -
il che non comporterebbe comunque nessun reato. È tutto qui: non c'era
neppure bisogno dell'autodifesa un pizzico
megalomane che Formigoni ha fornito
a Matrix, laddove ha spiegato che dopo Berlusconi, nel Pdl, il
più importante è lui e quindi è
sotto attacco; non serviva neppure ricordare
che «l'accusa» delle vacanze pagate
da Daccò proviene da un galeotto che traffica denaro in Svizzera. Però
Formigoni dovrebbe dimettersi, in sostanza,
non perché sia inquisito o possa esserlo, ma perché è inquisito Daccò. Abbiamo
capito male?
26 aprile 2012
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