mercoledì 2 gennaio 2019

IL MATTARELLA DEL TEMPO CHE FU


Il governo e la linea politica del Quirinale, erede di un passato che non c’e’ piu’

Il discorso di fine anno di Sergio Mattarella conferma la trasformazione della Presidenza della Repubblica in corso fin dagli anni Novanta. Il suo intervento, la Costituzione, distanza dal contratto di governo tra Cinque Stelle e Lega. Appunti, note storiche, riforme istituzionali necessarie e paralisi politica

Il Presidente della Repubblica ha fatto il suo discorso di fine anno sui "buoni sentimenti", un intervento che nessuno ha voluto criticare per evitare l'innesco di una polemica politica il primo giorno del 2019, ma basta un'attenta lettura per vedere come sia tutt'altro che una fiaba per il governo. 
Qualcuno fa dell'ironia sull'accento posto da Mattarella sui "buoni sentimenti", ma in realtà si tratta di un passaggio politico molto importante, tutt'altro che privo di conseguenze (le vedremo in futuro, come sempre), basta semplicemente ricordare lo slogan della Lega di Salvini per catturare la distanza tra Mattarella e il quadro di governo: "Prima gli italiani". Siamo di fronte a due visioni del mondo opposte. 
Sul piano della sostanza politica non è certo una sorpresa, Sergio Mattarella ha una biografia lontana anni luce (in tutti i sensi) da Di Maio e Salvini, e fa di tutto per non nasconderlo.


Mattarella esprime una testimonianza novecentesca della storia politica italiana, è figlio di un glorioso partito dissolto (la Dc), ha continuato a fare politica con un altro partito evaporato (la Margherita), è stato eletto da una maggioranza che non c'è più (quella del centrosinistra), fu scelto da un leader oggi finito nell'irrilevanza (Renzi), la sua elezione provocò la rottura di una larga alleanza di governo (il patto del Nazareno tra Renzi e Berlusconi), è l'incerto punto di riferimento di un partito in grave crisi di identità (il Pd). Tutti i punti cardinali dell'esperienza di Mattarella sono inesorabilmente al passato. 

Questa esperienza è viva al Quirinale e in alcune entità che sono impermeabili più di altre al cambiamento politico, le burocrazie istituzionali che hanno sempre un collegamento diretto con la Presidenza della Repubblica. Anche in questa legislatura. 

Qualsiasi Presidente della Repubblica ha una sua visione e naturalmente una certa distanza rispetto al quadro politico, la storia della Dc - da cui Mattarella trae chiaramente ispirazione - è piena di episodi che segnarono un conflitto tra il Presidente e il suo partito.  Qui però la situazione è profondamente diversa, Mattarella esprime qualcosa che non c'è più nella mappa politica italiana. Si può sostenere con ragione che egli esprima posizioni culturali che vanno oltre il quadro dei partiti, che siano il quadro di valori compiuto del paese. Siamo in un campo storico-filosofico, ma prendiamo per buona anche questa tesi e poniamoci una semplice domanda: quello che dice Mattarella è quello che pensa la maggioranza degli italiani? Ai lettori la risposta. 

Naturalmente il Presidente non deve rappresentare la maggioranza, non è questo il suo compito, è chiaro, ma non può neppure assumere come valide e indiscutibili le sole idee della minoranza. Come vedete, siamo in un campo delicatissimo. Né i partiti né l'opinione pubblica sono un punto di ancoraggio sicuro per la sua azione politica così come si sta delineando dopo il voto del 4 marzo 2018. Perché di politica si tratta, è bene ricordarlo. 
(...) 
Si oscilla tra equilibrio, equilibrismo e un'impostazione culturamente distante e dunque per forza di cose contraria alla maggioranza. 

Qualcuno sostiene che sia un bene che Mattarella controbilanci questa maggioranza, ma sul piano istituzionale il Presidente della Repubblica non ha questa funzione, non è un contropotere, non può esserlo. (...) 

Siamo di fronte a una linea politica "attiva" del Quirinale. La conseguenza politica coerente con questa evoluzione dovrebbe essere quella di cambiare la Costituzione e introdurre il presidenzialismo, ma la sola idea di prendere atto della realtà spaventa i partitanti e l'establishment di lungo corso. Non si può dire e non si può fare. Non si può pensare e non si può agire. Si preferisce restare nel rassicurante limbo di un indistinto potere dove tutti fanno tutto, un gioco degli equivoci in cui alla fine l'azione legislativa e il potere esecutivo sprofondano nelle sabbie mobili.

Il 2019 parte come aveva annunciato il 2018, nella conservazione. Vedremo presto se avrà anche elementi di rivoluzione. Buon anno. 


Tratto da LIST

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